mercoledì 29 giugno 2016

La bomba demografica scoppia o non scoppia?

"La Bomba Demografica "   (Titolo originale “The Population bomb”) di Paul e Anne Ehrlich fu uno dei libri “cult” dell’ambientalismo degli esordi; mai tradotto in italiano, malgrado avesse venduto oltre due milioni di copie in inglese.   Fra l’altro, ispirò il film “Soylent Green.”, uscito in Italia col titolo “2022: I sopravvissuti”.

La scommessa

Paul Ehrlich

Gli autori di "La Bomba Demografica " non amavano i mezzi termini ed il loro libro cominciava con questa frase:  “La battaglia per nutrire l’intera umanità è persa.   Durante gli anni ’70 centinaia di milioni di persone moriranno di fame malgrado qualunque drastico programma venga messo in atto adesso”.    E continuava sullo stesso tono.

Sbagliato.   Gli anni ‘70 segnarono anzi la fine delle grandi carestie post-belliche che avevano ucciso non centinaia, ma decine di milioni di persone.   Di carestie ce ne furono anche dopo, ma assai meno gravi e dovute più a questioni politiche ed economiche che ad un’insufficiente produzione agricola mondiale.
Ma Ehrlich non era convinto e nel 1980 rilanciò facendo una scommessa con l’economista Julian L. Simon.   Uno che diceva cose di questo genere: “Le condizioni di vita umane miglioreranno sempre in tutti campi materiali.   Qualunque sia il tasso di crescita della popolazione, storicamente, la disponibilità di cibo è cresciuta alla stessa velocità, se non di più”.
Julian Simon
La scommessa  fu sul prezzo di 5 materie prime strategiche: cromo, rame, nickel, stagno e tungsteno.   Secondo Ehrlich, fra il 1980 ed il 1990 il loro prezzo sarebbe aumentato  causa di una crescita demografica superiore all'aumento della produzione.
Sbagliato.   Malgrado l’aumento di quasi 1 miliardo di persone in un solo decennio,  il tasso di crescita della produttività fu ancora superiore ed il prezzo delle materie prime e del cibo diminuì.   Simon vinse la scommessa.
Grande festa e definitiva archiviazione della questione “sovrappopolazione” che, nel frattempo, era diventata molto “politicamente scorretta”.   Gli ambientalisti ripiegarono sulla trincea “Il problema sono i consumi e non le persone”, mentre lo spettro del reverendo Malthus veniva ancora una volta ricacciato nell'Averno.
Definitivamente?

Ehrlich ha sbagliato, anche Malthus?

Cominciamo proprio dal panphlet del Reverendo Malthus.   Sorpresa!   Non aveva predetto un’ecatombe in Inghilterra.   Piuttosto, aveva scritto chiaramente che, se gli europei non fossero stati capaci di limitare la loro natalità, ne avrebbero pagato il fio “i selvaggi delle Americhe” che sarebbero stati spazzati via per far posto a noi.   Su questo, è difficile dire che si fosse sbagliato.   Anzi, non solo gli amerindi, ma anche i Circassi ed molti altri popoli dell’Asia centrale pagarono un tributo di sangue estremamente alto alla nostra incapacità di auto-controllo.   (A scanso di complessi di colpa, qualche secolo prima erano stati popoli asiatici a fare un macello in Europa).

Dunque la prima crisi maltusiana globale fu superata è vero, ma l’esperimento, semmai, dimostrò la giustezza dell’intuizione originaria.   Un punto per il Reverendo.
Ci volle circa un secolo perché si presentasse una seconda crisi di livello globale.   Per l’appunto negli anni ’60, quando Ehrlich e tanti altri corsero a rispolverare Malthus dagli armadi in cui era stato temporaneamente sepolto.   Stavolta non c’erano più continenti vuoti o vuotabili in cui scaricare l’eccesso di gente.   Se ne dedusse che stavolta un’ecatombe era inevitabile.   Ma accadde esattamente il contrario del previsto: la produzione di cibo e di generi di consumo aumentò molto più rapidamente della popolazione.   Non solo scongiurando la carestia globale, ma addirittura migliorando sensibilmente la qualità della vita della maggior parte dei terrestri.   “Mai così tanti, mai così bene” titolava negli anni ‘90 un numero di “Focus”.
Dunque mathusiani – anti-malthusiani: 1 a 1 e palla al centro.

Su una cosa credo che nessuno abbia seri dubbi: nei prossimi decenni si giocherà lo spareggio.   Quali i  pronostici?

La squadra “malthusiana”, inutile negarlo, si presenta male.   Sostanzialmente, alcuni reduci dell'ambientalismo anni '70, qualche anonimo blogger ed un manipolo di universitari e ricercatori che sono disposti ad uscire dalla "torre d'avorio" per andare in giro a dire cose sgradite.  
In compenso, sul piano dei fatti hanno parecchie frecce al loro arco: Il picco dell’energia (altro fantasma ricorrente), la sostanziale stabilità della produzione alimentare a fronte di uno sforzo produttivo crescente, l’evoluzione del clima, il degrado dei suoli, la perdita di biodiversità, le migrazioni di massa, l’estinzione/degrado dei principali banchi di pesca mondiali sono solo alcuni degli argomenti che possono citare a favore della loro tesi.
Di contro, la squadra “anti-malthusiana” schiera il fior fiore della società mondiale: assolutamente tutti i maggiori leader religiosi e politici, praticamente tutti gli imprenditori ed i finanzieri, quasi tutti i docenti di materie economiche e demografiche, praticamente tutti i mass media.   Non si può dire che manchi il consenso almeno su di un punto:  la sovrappopolazione non esiste, è già stato ampiamente e ripetutamente dimostrato; basta con questa lagna.  Quello che abbiamo è un problema di scarsa crescita economica e, semmai, di denatalità.
Sul piano dei fatti sono messi un po’ peggio.   Nessuno che sia in buona fede può negare che ci troviamo all'inizio di una lunga fase di profonda crisi ed il numero di persone denutrite è tornato a salire rapidamente, dopo aver toccato il minimo storico nel 1995.   Tuttavia, che questo sia necessariamente prodromo di un collasso sistemico globale rimane da dimostrare.   E soprattutto rimane opinabile che la forzante principale della crisi sia proprio l’eccesso di gente sul Pianeta.

La Bomba Demografica scoppierà ?
Alla fin fine, tutto si giocherà su questo:  A breve ci sarà un nuovo balzo produttivo, analogo a quello avvenuto fra gli anni ’60 e ’70?   Oppure un insieme di fattori correlati con la sovrappopolazione scateneranno una retroazione capace di annientare miliardi di persone?
Nel 1968 (data di pubblicazione di “the Population Bomb”) tutti i mezzi tecnologici e finanziari necessari per aumentare la produzione erano già ampiamente disponibili e collaudati.   Fu sufficiente diffonderne e coordinarne l’uso.   In definitiva, non ci fu nessun miracolo, solo la capillare applicazione all’agricoltura di metodi industriali  già ampiamente collaudati.   Ma, soprattutto, fu cruciale la disponibilità di quantità praticamente illimitate di energia ad un costo ridicolo (NB: costo, non solo prezzo).    In pratica, in 20 anni siamo diventati il primo organismo eucariota capace di mangiare petrolio e, secondariamente, metano.
Saremo in grado di integrare/sostituire questa dieta con altre fonti di energia?   Le ricette sono moltissime e spesso discordanti.   Si va dalla fusione fredda alla solarizzazione totale; dalla bioingegneria spinta alla permacoltura.   Personalmente non mi azzarderei a fare scommesse, soprattutto non vincolate ad una data precisa, ma sono scettico.
Ognuna delle tecnologie invocate ha infatti delle potenzialità, talvolta  considerevoli.   Ma il degrado del sistema politico-economico rischia di bloccarne lo sviluppo prima che queste possano dare il contributo sperato.    Insomma è tardi; forse troppo tardi.
Un altro elemento di scetticismo è il fatto che negli anni della “green devolution” una sola risorsa (il petrolio) e dunque una sola filiera industriale fu in grado di risolvere (temporaneamente) tutti i problemi.   Attualmente non si profila niente di simile all'orizzonte.   Al meglio, potremo contare su di una panoplia di risorse e di tecnologie specializzate.   Questo significa numerose filiere e reti da realizzare, incrementare, manutenzionare.   Impossibile che dia gli stessi vantaggi in termini di produttività, al netto dei costi energetici destinati a tale sviluppo.
Un terzo elemento è che il rarefarsi e degradarsi delle risorse energetiche e minerarie in entrata al nostro sistema economico non è la maggiore, né la più urgente delle emergenze.   Ancor più gravi e pressanti sono gli effetti connessi con l’inquinamento (fra cui il riscaldamento del clima) e, soprattutto, con la perdita di Biodiversità.   Quest'ultima è probabilmente l’emergenza massima in assoluto per il semplice fatto che è la Vita che mantiene sul
Effetto della Rivoluzione Verde sulla crescita demografica.
Pianeta condizioni compatibili con la Vita.    Dunque, se anche potessimo disporre di una fonte energetica inesauribile e gratuita, non avremmo risolto un bel niente.   Anzi, rischieremmo di dare il colpo di grazia al pianeta nel giro di pochissimo.
Infine, ammettendo che una qualche combinazione di tecnologie e adattamenti strutturali potesse consentirci di superare la crisi, che cosa accadrebbe?   In passato, tutte le volte che è successo qualcosa del genere, si è verificato un brusco incremento della popolazione.   Se succedesse qualcosa del genere, l’intera operazione si risolverebbe nel rilanciare il gioco, con una posta molto più alta e probabilità di successo molto più basse.   Cioè esattamente quello che è accaduto con la "rivoluzione verde".

Dalla scommessa alla speranza

Nel 1972 un certo John Calhoun ideò un'esperimento molto interessante.   Nel suo laboratorio creò un vero “paradiso per topi".   Ce ne introdusse 8 ed all’inizio la popolazione aumentò fulmineamente, poi la natalità cominciò a declinare man mano che la popolazione raggiungeva il picco di 2.200 esemplari.   Quindi, malgrado ci fosse ancora grande abbondanza di cibo, di acqua e di tane, la popolazione iniziò a declinare e non smise mai più.   Anche quando rimasero pochi topi in un’immensa gabbia colma di ogni ghiottoneria, non ne vollero più sapere di riprodursi.   Gli ultimi sorci morirono in santa pace di vecchiaia, lasciando i ricercatori interdetti.
Ovviamente, nulla garantisce che gli umani si comportino allo stesso modo.   Men che meno che lo facciano dappertutto. Tuttavia è interessante osservare che in molti paesi, oggi, la natalità è in declino e laddove le condizioni di vita peggiorano, spesso il declino si accentua.    E’ impossibile dire se questa dinamica tenderà a diffondersi e consolidarsi o meno, ma certamente contrasta con la teoria della "Transizione Demografica" ed è fonte di speranza.
Potrebbe infatti aprirsi una possibilità per uscire dalla trappola Malthusiana che né Malthus, né i malthusiani hanno previsto. Forse, se riuscissimo ad evitare il collasso del clima e della Biosfera per altri 50 anni, la popolazione potrebbe iniziare a decrescere abbastanza rapidamente da riportare quel che resta dalla Biosfera in un relativo equilibrio, senza bisogno di ecatombi bibliche e scalpitare di apocalittici cavalli.
E’ solo una speranza, ma forse la più concreta che abbiamo.   Naturalmente a condizione di piantarla di occuparci di noi stessi e cominciare a preoccuparci del sistema di cui siamo parte.   All'atto pratico, questo significa dedicare le maggiori risorse non già all'economia ed alla sanità, bensì all'istruzione, alla riduzione della natalità (là dove serve) e, soprattutto, alla conservazione della Biosfera.
Non mi sembra però che questo sia nell’agenda di nessuno.   Nemmeno della maggioranza degli ambientalisti, decrescisti e transizionisti che spesso cercano invece un modo di prolungare le proprie vite e mantenere il proprio benessere.   Comprensibilissimo, ma inutile.