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giovedì 29 gennaio 2015

La fase evolutiva di una civiltà influenza il grado di stupidità della sua classe dirigente?

di Jacopo Simonetta

Da Gianbattista Vico a Toynbee, passando per Gibbon e Spencer, molti dei principali storici occidentali si sono sforzati di capire se esistano leggi della storia che determinano l’ascesa e la decadenza delle civiltà.  Un argomento che in questo post vorrei tentare di discutere partendo da una delle opere di Carlo Cipolla.  Uno storico dell’economia che fu tra i primi a porre in evidenza il ruolo di fattori come la disponibilità di energia, la tecnologia e le infezioni epidemiche nello sviluppo e nel collasso delle civiltà.    Tuttavia è divenuto celebre soprattutto per un librettino dal titolo “The Basic Laws of Human Stupidity” (1976), inizialmente stampato in poche copie per gli amici e col tempo diventato un classico “encoutournable”.   Un testo per certi aspetti goliardico, eppure denso di un significato molto serio.

Con il tono leggero che ne distingue gli scritti, Cipolla, stila e discute quelle che secondo lui sono le 5 leggi della stupidità umana:

  1. Prima Legge Fondamentale: Sempre e inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione.
  2. Seconda Legge Fondamentale: La probabilità che una certo individuo sia stupido è indipendente da qualsiasi altra caratteristica della persona stessa.
    Corollario: La percentuale di stupidi è identica in qualsiasi gruppo umano comunque definito.
  3. Terza (ed aurea) Legge Fondamentale: E’ stupido chi causa un danno ad un'altra persona o gruppo di persone senza trarne alcun vantaggio o  addirittura subendo una perdita.
  4. Quarta Legge Fondamentale: I non stupidi sottovalutano sempre la capacità distruttiva degli stupidi.   In particolare, i non stupidi dimenticano sempre che in qualsiasi tempo, in ogni luogo ed in qualsiasi circostanza, trattare e/o associarsi con individui stupidi si dimostra immancabilmente un costoso errore.
  5. Quinta Legge Fondamentale: La persona stupida è il tipo di persona più pericoloso che esista.
    Corollario: Lo stupido è più pericoloso del bandito.


Per illustrare la sua tesi, Cipolla usa un classico diagramma cartesiano i cui assi sono così definiti:

Sull’asse X sono riportati i vantaggi ottenuti dall’individuo “x” con una sua azione.   Vantaggi che possono essere positivi, nulli o negativi.

Sull’asse Y sono riportati i vantaggi ottenuti dall’individuo “y” in conseguenza dell’azione di “x”.  

Vantaggi che possono essere positivi, nulli o negativi.

ATTENZIONE!    La validità della teoria si basa sul fatto che i vantaggi relativi dei due individui (o gruppi) in questione devono assolutamente essere riportati secondo il punto di vista dell’interessato: rispettivamente x ed y. Non è assolutamente banale ed ha conseguenze importanti che vedremo.

Un altro punto importante da ricordare è che le persone normali si comportano in modo diverso a seconda delle circostanze con azioni che, di volta in volta, possono essere intelligenti, banditesche o cretine.   Ma le azioni di ogni persona o gruppo tendono a concentrarsi con una diversa frequenza nei vari  riquadri e soggetti capaci di frequenti azioni intelligenti solo eccezionalmente commetteranno azioni stupide.  I Cretini ed i banditi hanno comportamenti tendenzialmente più variegati, mentre gli stupidi sono abitualmente molto coerenti: la grande maggioranza delle loro azioni sono stupide, al massimo cretine o delinquenziali.

Analizziamo ora il diagramma così definito.   Nel riquadro I (in alto a destra) ricadono le azioni che producono vantaggi per entrambi i soggetti coinvolti; azioni definite “intelligenti”.

Nel riquadro S  ( in basso a sinistra) ricadono invece le azioni che comportano danni per tutti; sono queste la azioni veramente stupide.  

In basso a destra (riquadro B) le azioni “banditesche” che comportano vantaggi per chi le compie e danni per chi le subisce; mentre in alto a sinistra (riquadro C) le azioni “cretine” che comportano danni per chi le compie e vantaggi per chi le subisce.

E’ soprattutto analizzando quest’ultimo quadro che è necessario fare molta attenzione al citato punto di vista, pena classificare come “cretini” una pletora di santi, eroi e filantropi di ogni genere.    Dal loro punto di vista, infatti, il vantaggio portato agli altri è fonte di una soddisfazione ben maggiore del danno materiale eventualmente subito.    Oppure l’eventuale perdita materiale può essere compensata da un guadagno in reputazione che porta il soggetto “x” a considerare positivo il risultato ottenuto.   Ecco quindi che le loro azioni ricadono in realtà nel riquadro a dove si raggruppano gli “intelligenti”.   Fattori sociali e culturali influenzano dunque la classificazione; un punto importante su cui torneremo.

Tracciamo ora la diagonale dei riquadri in cui stanno i cretini ed i banditi. Lungo la linea si troveranno le azioni che comportano dei vantaggi personali esattamente identici ai danni prodotti ad altri (quadro B) e viceversa (quadro C).

Dal punto di vista collettivo queste azioni sono quindi neutre.   Spostano infatti vantaggi a favore di certi soggetti a scapito di altri, ma con una somma pari a zero dal punto di vista generale. Possiamo quindi distinguere i banditi a tendenza intelligente (BI) e quelli a tendenza stupida (BS) a seconda che la sommatoria di vantaggi a danni complessivi risulti negativa o positiva.   Analogamente, ci sono cretini tendenzialmente intelligenti (CI) e cretini tendenzialmente stupidi (CS).

Questo, in sintesi, il saggio di Cipolla che, effettivamente, appare convincente sotto molti aspetti.   Eppure, vorrei qui porre in discussione il corollario della seconda legge: “La percentuale di stupidi è identica in qualsiasi gruppo umano comunque definito.”

Cipolla osserva, ritengo a ragione, che la stupidità è del tutto indipendente da fattori quali il grado di istruzione, il censo, il rango, ecc.   Ma, singolare per uno storico, non parla della possibilità che fattori ambientali possano influenzare il comportamento delle persone, né se questo possa essere correlato con il fiorire e decadere delle civiltà.

In un precedente post,  ho esposto un modello che ho definito anabolico-catabolico di sviluppo e crisi delle economie.   Simile ad altri del genere, questo modello cerca di individuare le ragioni termodinamiche e sistemiche che determinano, o perlomeno influenzano, le fasi di crescita, stagnazione e decadenza delle economie su cui sono basate le civiltà.

La domanda che adesso mi pongo è questa: il trovarsi in fase anabolica o catabolica può influenzare il comportamento delle persone, con particolare riguardo per la classe dirigente?   E se si, come?   Il diagramma di Cipolla ci offre più di uno spunto per la discussione.

La caratteristica principale di un’economia in fase anabolica è un’effettiva crescita della ricchezza reale complessiva. In un simile contesto, è relativamente facile ideare e perseguire azioni utili a sé e ad altri in quanto i margini di vantaggio possibile sono ampi.   Anche fra i cretini ed i banditi, potrebbe essere favorito un atteggiamento tendenzialmente intelligente, per la medesima ragione. Dal momento che raccogliere vantaggi consistenti in maniera legale e magari altruistica è facile, lo stimolo per azioni decisamente nocive è modesto.   Inoltre, una buona reputazione può costituire un vantaggio molto più interessante dell’accaparrarsi qualche soldo più del dovuto.

D'altronde, la classe dirigente delle civiltà in questa fase evolutiva è solitamente molto dinamica. Anche quando è strettamente legata a fattori dinastici, il tasso di ricambio degli individui è piuttosto elevato.  Se osserviamo, ad esempio, la carriera dei rampolli di alto lignaggio nei periodi di ascesa delle civiltà troviamo che la mortalità è molto elevata.  Spesso più elevata nelle classi dirigenti che nelle altre proprio perché quello che i potenti si contendono è il potere su di una classe produttiva e su risorse che, di solito, nessuno ha interesse a distruggere.  

A titolo di esempio, posso citare i giovani delle classi senatorie ed equestri nella lunga fase di espansione dell’Impero Romano, oppure la vita dei giovani cavalieri dell’Europa merovingia e carolingia.   Ma lo stesso vale, ad esempio, anche per i colonizzatori europei che hanno conquistato ed asservito il mondo.   Possiamo sicuramente trovare un congruo numero di banditi tra le loro fila, ma pochissimi cretini ed ancor meno stupidi per la semplice ragione che difficilmente questi vivevano a lungo in un ambiente denso di grandi opportunità, ma anche altamente selettivo.

Perfino il miracolo economico post-bellico è stato gestito da una classe politica ed imprenditoriale sopravvissuta alla più terribile carneficina della storia umana. Non a caso una classe dirigente densa di intelligenti e farabutti, ma con pochissimi cretini e stupidi.

Non solo. Società che vivono in un ambiente selettivo tendono ad avere un alto grado di coesione interna e ad essere particolarmente dure nel reprimere comportamenti dannosi per gli altri membri del gruppo. Naturalmente ciò va letto nel contesto di ogni singola tradizione. Un comportamento giudicato corretto da un equipaggio di pirati vichinghi non lo sarebbe stato da parte di coloni russi in Siberia od irlandesi in Texas.  Ma in ogni caso, comportamenti dannosi e pericolosi per il gruppo sono fortemente inibiti, mentre i comportamenti altruistici vengono molto apprezzati.  

In fase anabolica dunque, vi è un grosso vantaggio ad essere tendenzialmente intelligenti; mentre i cretini che nuocono solo a se stessi vengono in qualche misura protetti da se stessi dalla forte coesione interna.   Il banditismo è di solito bene accetto, a condizione che sia rivolto all'esterno del gruppo; altrimenti viene represso ferocemente.  Infine, gli stupidi hanno poche probabilità di sopravvivere. Il saldo di tutto ciò è che la maggior parte dei comportamenti tende a ricadere in categorie che portano più vantaggi che svantaggi alla comunità. In altre parole, le società in fase catabolica tendono a favorire comportamenti socialmente utili.

Naturalmente, sempre tenendo conto del punto di vista dei soggetti direttamente interessati e non di chi, magari molti secoli dopo, studia gli eventi.

Viceversa, in una fase catabolica, i margini possibili di vantaggio si restringono progressivamente.   Quando si è raggiunto il limite della crescita antieconomica l’unico modo per ottenere dei vantaggi personali è danneggiare altri, in misura crescente man mano che la situazione economica peggiora. In altre parole, la legge dei “ritorni decrescenti” si applica anche in questo campo.
Questa situazione comporta che  un numero crescente di soggetti viene tentata dal passare nella categoria dei banditi, con tendenza progressivamente sempre più stupida man mano che per ottenere un determinato vantaggio diventa necessario danneggiare maggiormente gli altri.   D’altronde, man mano che il numero di banditi aumenta, diminuisce lo stigma sociale cui sono soggetti, mentre sempre di più gli altruisti vengo considerati cretini da parte dell’opinione pubblica.   Un fatto che scoraggia fortemente questo tipo di comportamento che, nel frattempo, diventa più costoso e pericoloso man mano che è necessario affrontare sacrifici personali maggiori per ottenere vantaggi collettivi minori.
Contemporaneamente, le classi dirigenti delle società in questa fase evolutiva sono solitamente molto ben protette dalle conseguenze nefaste delle loro azioni.   Crescendo oltremisura il divario fra classi, l’accesso a vantaggi di posizione diventa molto più importante delle capacità personali e della reputazione nel determinare le probabilità di successo degli individui e dei gruppi.   Ancora all’epoca della I guerra mondiale, un gran numero di rampolli di “buona famiglia” sono morti nella guerra che avevano entusiasticamente voluto.   Ed in misura percentualmente superiore quella dei loro soldati.

Viceversa, quando un manipolo di astuti delinquenti ha scatenato quella che probabilmente risulterà essere la più grave crisi economica della storia, sono stati accuratamente protetti e soccorsi dalle autorità.  Perfino i consulenti ed i guru che hanno coperto tali azioni con rassicuranti parole e fantasiosi modelli matematici continuano ad imperversare come se nulla fosse.  Come disse una volta Herman Daly, nel mondo attuale dell’alta finanza, nessuno viene chiamato a rendere conto delle stupidaggini che dice.  Quali che ne siano le conseguenze.
Ma qualcosa di analogo succede a cascata a tutti i livelli dirigenziali. Per citare un solo esempio, quando un’alluvione devasta un quartiere tutti si scagliano contro l’amministrazione in carica. Nessuno chiede conto alle amministrazioni che nei decenni precedenti ne hanno permesso la costruzione, magari all’interno di un alveo fluviale o su di una paleofrana.

Concludendo, ritengo che in fase anabolica un insieme di fattori sistemici e culturali favorisca comportamenti socialmente utili o, perlomeno, non dannosi per il gruppo di appartenenza.   In altre parole, individui e singoli tendono a comportarsi come simbionti o commensali della società di cui fanno parte, favorendone lo sviluppo.

Viceversa, in fase catabolica, aumentano progressivamente gli incentivi a comportamenti di tipo banditesco, progressivamente sempre più stupido.   L’aumento dei cretini con tendenza stupida procede parallelamente in quanto, di solito, un cretino è un bandito incapace.   I comportamenti altruistici sono molto spesso derisi o sotto-stimati, soprattutto all’interno della classe dirigente.    In altre parole, singoli e gruppi tendono a diventare parassiti delle loro stesse società, accelerandone il collasso.

Un’ipotesi, questa, che ritengo plausibile, anche perché coerente con le analoghe conclusioni cui era giunto Arnold Toynbee,  sulla base di ben altri studi e materiali.



sabato 31 maggio 2014

IL DESTINO DELLE SOCIETÀ È INELUTTABILE O DIPENDE DALLE SCELTE UMANE?

  In questo articolo Jacopo Simonetta esamina qualitativamente gli elementi principali del "sistema mondo", arrivando a conclusioni molto simili a quelli a cui erano arrivati gli autori dello studio "I Limiti dello Sviluppo" nel 1972. In sostanza, l'economia umana (e la civilizzazione che ne dipende) sono condizionati dalla disponibilità di risorse naturali a buon mercato. Con il loro graduale esaurimento inizia una fase "catabolica" di declino che ci porta....... beh, difficile dire dove esattamente, ma da qualche parte dove probabilmente non vorremmo andare (UB)

 

di Jacopo Simonetta

 

Premessa.

Due degli storici moderni più interessanti e controversi sono Oswald Spengler  e Arthur Toynbee.   Entrambi condividevano una visione della storia come strutturata da una serie di cicli di nascita, sviluppo, decadenza e morte delle civiltà e degli imperi, per molti aspetti simile al ciclo della vita umana.

In due autori discordano tuttavia su di un punto fondamentale.   Schematizzando al massimo, secondo Spengler il fosco destino dei popoli dipende da una ineluttabile legge naturale.   Secondo Toynbee, viceversa, il destino delle civiltà dipende fondamentalmente dalla capacità delle classi dirigenti di capire i cambiamenti in corso ed adattarsi ad essi; una capacità che in gran parte dipende dalla religione che anima le società.

Fortemente criticata ed anche ridicolizzata da molti degli storici successivi, almeno in parte, questa visione appoggia però su solide basi scientifiche.   Le società umane sono infatti sistemi viventi altamente integrati, ossia, in termini fisici: “strutture dissipative complesse” (Prigogine  La fine delle certezze, 1997).  Ciò significa che assorbono bassa entropia e scaricano alta entropia nel loro ambiente; il prodotto di questo flusso è la Vita che ha un’intrinseca tendenza alla crescita ed alla complessità.   Può questo avere a che fare con i cicli storici evidenziati dai due celebri e contestati autori?

La questione è importante perché, se affidabile, una simile impostazione avrebbe un enorme valore nella valutazione delle situazioni attuali e delle scelte da compiere.

Non essendo uno storico, ma un ecologo, ho tentato di affrontare il problema in termini di flussi e di equilibri, rielaborando un’idea esposta da John Michael Greer nel suo libro “The long Descent” (New Society Publishers 2008). Nei ristretti limiti imposti da un articolo di questo tipo darò un riassunto dell’idea e dei risultati cui porta, nella speranza di raccogliere osservazioni utili a migliorare il lavoro.

Il modello.

Punto di partenza è il modello proposto da H Daly per spiegare la “crescita antieconomica".   Rimandando al link per la spiegazione, qui mi preme ricordare che la crescita economica è soggetta alla ben nota “legge dei ritorni decrescenti”, il che significa che ogni ulteriore passo di crescita comporta un risultato inferiore ed un costo maggiore rispetto al precedente.   Ne consegue che, mentre a sinistra del punto “b” (linea rossa) la crescita economica comporta più vantaggi che svantaggi (naturalmente dal punto di vista di chi cresce), a destra di tale punto ogni ulteriore crescita economica impoverisce, anziché arricchire la società.

Il punto che ho cercato di investigare è se l’attraversamento di questa “linea rossa” dipende dalla forza ineluttabile dei fatti, oppure deriva da scelte umane deliberate.

Nel tentativo di schematizzare al massimo, ho utilizzato 6 riserve (stock), un processo, 9 flussi (flow):

Per semplicità grafica, le 6 riserve sono riunite nei seguenti 4 box.

  • BOX 1: popolazione e capitale (riserve con tendenza alla crescita esponenziale).Ovviamente le persone non sono oggetti, ma in questa sede popolazione e capitale reale (ad es. costruzioni, sistemazioni fondiarie, infrastrutture, istituzioni, ecc.) sono accomunabili per alcune caratteristiche: entrambi hanno una tendenza alla crescita esponenziale, ma la crescita economica favorisce anche la crescita demografica e la crescita demografica stimola quella economica.   Inoltre, sia il capitale (comprensivo della tecnologia) che la popolazione possono agire in modo da aumentare il tasso di sfruttamento delle risorse, ma richiedono un costante investimento per il proprio mantenimento e per il necessario rinnovamento.
  • BOX 2 – finanza (riserva con tendenza alla crescita esponenziale).   Comprende il denaro in ogni sua forma (titoli, debiti, crediti, conti bancari, ecc.) comprese le banconote (circa il 3% della massa monetaria globale), ma esclusi i metalli preziosi.   Perlopiù la finanza agisce tramite il credito/debito che può consentire di incrementare il capitale reale nel caso in cui gli investimenti diano un rendimento eccedente l’interesse passivo al netto di costi, esternalità, ammortamenti, inflazione,  ecc.  Viceversa, consuma capitale nel caso di investimenti il cui rendimento netto sia inferiore all'interesse passivo.  
  • BOX 3 – Rifiuti (riserva senza tendenza endogena alla crescita).   L’insieme di tutti gli scarti solidi, liquidi e gassosi dei processi di estrazione, trasformazione ed uso, oltre che della consunzione del capitale.   L’accumulo di rifiuti (inquinamento) ha effetti negativi sia sulle risorse rinnovabili che sul capitale e la popolazione.
  • BOX 4 – Risorse rinnovabili e non rinnovabili. (riserva con una parziale tendenza al recupero di quanto prelevato).   Comprende le risorse non rinnovabili (ad es. minerali, idrocarburi, ecc.) e quella rinnovabili (ad es. acqua, biomassa, biodiversità, ecc).   Le seconde hanno una tendenziale capacità di recupero, ma solo se sfruttate largamente entro i limiti del loro rinnovamento.   In caso di sfruttamento superiore alla capacità di recupero tendono all'esaurimento e poiché questo è il caso generale oggi le due riserve possono essere accomunate.

Il processo considerato è:
  • Produzione.   Rappresenta l’insieme di tutti i processi di trasformazione delle risorse in beni e servizi.   Parte della produzione diventa nuovo capitale, parte va a manutenzionare o rimpiazzare il capitale usurato, parte diventa generi di consumo; in tutti i casi prima o poi diviene rifiuto. Ho qui mantenuto il termine economico “produzione” per semplicità, ma è bene ricordare che, quando si tratta di processi industriali, la realtà fisica è che si dissipa energia per trasformare risorse in beni destinati a diventare rifiuti o servizi destinati a svanire con la loro erogazione; un processo irreversibile. L’agricoltura potrebbe invece essere considerata come un’attività effettivamente produttiva, se non fosse per la quantità di energia fossile che dissipa che pone la maggior parte delle attività agricole nello stesso ruolo degenerativo dell’industria..

    I principali flussi (flow) che ho preso in considerazione sono dunque i seguenti:
    • Flussi di materia ed energia da risorse, capitale e popolazione a rifiuti. (frecce nere).   Tutto ciò che viene prelevato in natura ed utilizzato per realizzare beni e servizi attraversa il sistema e diviene  rifiuto; rapidamente per i beni di consumo e gli scarti di lavorazione, lentamente per il capitale.   
    • Quota di produzione dedicata a nuovo capitale (freccia azzurra).   Rappresenta i beni duraturi che vanno ad integrare il capitale reale (nuove macchine, costruzioni, sistemazioni fondiarie, organizzazioni, tecnologia, ecc).   
    • Quota produzione dedicata a manutenzione del capitale esistente (freccia marrone).   Rappresenta la quantità di beni e servizi dedicata alla manutenzione ordinaria e straordinaria del capitale reale (dalla sostituzione dei pneumatici usurati, fino alla ricostruzione delle case distrutte dalle tempeste, o delle infrastrutture terremotate)..
    • Quota di capitale dedicata a sostituzione di risorse carenti (freccia gialla).   Rappresenta l’investimento (in termini di beni materiali) necessario per compensare il depauperamento delle risorse.   Notare che non ricostituisce il capitale naturale (tranne che eventualmente e marginalmente per le risorse rinnovabili);  al contrario questo flusso aumenta l’efficienza con cui le risorse esistenti vengono trovate ed estratte, accelerandone dunque il depauperamento.
    • Quota di recupero risorse da rifiuti (freccia verde).   Rappresenta la percentuale di materia che dai rifiuti rientra nel ciclo produttivo, al netto degli scarti di lavorazione, dei materiali aggiunti e del’energia dissipata nel processo.
    • Flusso fra capitale/popolazione e finanza.   Fondamentalmente, il capitale finanziario fornisce denaro sotto forma di credito, mentre dalla popolazione e dal capitare reale tornano soldi alla finanza (comprensiva del Tesoro e della Banca centrale) sotto forma di interessi e tasse.

    Fase Anabolica.

    Ora osserviamo come il modello descriverebbe un’economia lontana dal fatale “Punto b”, sul 
    genere di quella che abbiamo avuto nei “gloriosi 30” e di cui oggi ci sentiamo tanto orfani.   Per analogia con i sistemi viventi, la ho definita “Fase anabolica”.

    In un’economia in fase di crescita reale (tratto di curva alla sinistra del punto “b”),  le risorse sono sovrabbondanti rispetto alla domanda, cosicché l’impiego di capitale per procurarle è modesto.    Una gran parte della produzione va in nuovo capitale la cui crescita consente un aumento di produzione e così via, innescando un processo di crescita esponenziale.   La quota di produzione dedicata al mantenimento del capitale è limitata per la relativa modestia del medesimo e per la relativa giovinezza di gran parte di esso.
    Anche la popolazione cresce ed è quindi prevalentemente giovane, il che significa che è molto produttiva e poco bisognosa di cure ed assistenza, mentre è avida di incrementare il proprio capitale (case, automobili, ecc.).   La crescita crea continuamente opportunità di lavoro e la disoccupazione è bassa.

    L’indebitamento è molto minore del capitale prodotto ed i rendimenti sono superiori ai costi complessivi, cosicché la finanza alimenta la crescita del capitale reale che alimenta la crescita della finanza con andamento parimenti esponenziale.

    La concorrenza è moderata perché il mercato è in espansione.

    La produzione di rifiuti è relativamente modesta per l’alta qualità delle risorse utilizzate e per le dimensioni relativamente contenute di popolazione, capitale e processi produttivi, mentre le capacità rigenerative degli ecosistemi sono sostanzialmente integre.   Di conseguenza l’inquinamento può provocare anche danni ingenti, ma di portata locale.   Il riciclaggio è assente o quasi perché il costo delle materie prime è basso.

    In sintesi, il sistema si espande creando nuove opportunità e quella sensazione di ottimismo caratteristica dei popoli in questa fase della loro storia.

    Il flusso di entropia aumenta con il crescere dei flussi di materia ed energia.   E’ un po’ come se, dal punto di vista termodinamico, man mano che l’economia cresce ed i flussi aumentano, il tempo accelerasse ed il sistema invecchiasse.

    Fase Catabolica.

    Vediamo ora come il modello descrive un’economia in prossimità del “punto b”, tipo quella che abbiamo oggi e dalla quale siamo tanto impazienti di uscire.   Ho battezzato questa fa se “Fase catabolica”, sempre per analogia con i sistemi viventi.

    Alcune risorse chiave sono scarse rispetto alla domanda, cosicché l’impiego di capitale per procurarle, o sostituirle, cresce esponenzialmente (ad es. maggiori costi per ricerca, estrazione, ecc.) e viene così distolto dalla produzione di nuovo capitale e prodotti di consumo.

    Il flusso di risorse verso la produzione è maggiore perché più grande è l’economia che deve alimentare, ma la loro qualità diminuisce ed il costo finale sale (N.B. costo e prezzo hanno fra loro rapporti complessi).  Il capitale reale è molto maggiore, ma più vetusto e gran parte di esso viene dirottato al rimpiazzo delle risorse ed al pagamento del debito.

    L’ammontare del debito cresce più rapidamente del capitale, cosicché parte crescente dei redditi è destinata al pagamento di interessi passivi e tasse.   Il ricorso a nuovo debito diviene necessario per i nuovi investimenti, il cui rendimento netto si riduce però progressivamente (“Ritorni decrescenti”).    In pratica, si copre il debito in scadenza mediante nuovo debito che darà un rendimento reale progressivamente inferiore a quello precedente.     La finanza sviluppa delle retroazioni interne che cortocircuitano il sistema reale.   Ciò provoca un aumento esponenziale della massa monetaria con conseguente sviluppo di bolle speculative e crescenti rischi di iper-inflazione.   In sintesi, da simbionte le finanza diviene parassita dell’economia reale.

    La competizione è accanita perché gli spazi di mercato si riducono ed i margini di utile si assottigliano, questo porta a strategie di mercato particolarmente nefaste come l’obsolescenza programmata, la pubblicità ingannevole, la corruzione, lo sfruttamento del personale, ecc. Quote crescenti di produzione vanno in rifiuti per la minore qualità delle risorse (aumento del fardello o zaino ecologico), mentre parte crescente della produzione va in mantenimento di un capitale molto più grande, ma meno produttivo.   Ciò nondimeno, la manutenzione non è generalmente sufficiente ed il capitale si degrada (ad es. parte dell’industria mineraria cinese o la rete stradale italiana).   La produzione di rifiuti da capitale cresce più rapidamente del capitale perché non tutto il capitale reale è destinato alla produzione, mentre tutto il capitale invecchia e si degrada. Si sviluppa il riciclo dei rifiuti con effetti positivi, ma insufficienti perché i flussi di risorse richiesti sono troppo elevati e perché anche le filiere dei rifiuti producono nuovi rifiuti ed entropia, sia pure in misura minore.
    In alcuni casi (ad es in Europa ed in Cina), la natalità diminuisce, ma la popolazione continua ad aumentare per il prolungarsi della vita madia e/o dell’immigrazione.

    Aumentano la disoccupazione cronica e la povertà, mentre i sistemi di “welfare” entrano in crisi e la classe dirigente perde di credibilità.   Si diffondono e radicalizzano quindi sentimenti quali la rabbia, la paura e la disperazione che sfociano generalmente in violenza che, normalmente, porta a distruzione sia di persone che di capitale, ma il secondo in misura molto maggiore.    Se, come solitamente accade, almeno parte del capitale distrutto era produttivo, alla fine la società si trova ad essere più povera ed a dover devolvere una quota ancora maggiore di produzione alla ricostruzione di parte del capitale perduto; una cosa possibile solo nella misura in cui sono ancora disponibili le risorse necessarie.

    Come sintetizzato nello schema di Daly, in fase catabolica l’economia diviene “un gioco a somma negativa” in cui ogni incremento dell’attività economica provoca danni indiretti superiori ai vantaggi diretti che procura (crescita anti-economica).   Ciò non impedisce che determinati soggetti possano continuare a crescere, solo che lo fanno a spese di altri.   Ne sono esempi i paesi in crescita malgrado la crisi globale, o le aziende altamente redditizie nei paesi in crisi, i professionisti di successo nei settori che licenziano. Il simbolo sullo sfondo indica che il flusso di entropia continua ad accelerare poiché il flusso di materia/energia è aumentato, mentre la qualità della vita è mediamente diminuita, un po' come se il sistema invecchiasse più rapidamente.

    In questa fase, il controllo politico del sistema diviene progressivamente più difficile, perché la situazione degenera ad un ritmo progressivamente accelerato, obnubilando le capacità di reazione di governi ed imprese, perlopiù concentrati sui problemi finanziari e sociali immediati, mentre i fattori più critici sono altri.   In particolare:

    - La quota di capitale dedicato alla sostituzione delle risorse cresce in misura superiore al reperimento delle medesime.   Si ha quindi un aumento dei costi ed una diminuzione del tenore di vita.

    - Gli impatti negativi dell’inquinamento sulle risorse, il capitale e la popolazione aumentano anche se l’economia decresce, sia per la longevità dei fattori inquinanti principali, sia per l’allentamento dei vincoli di legge, sia per l’incapacità degli ecosistemi fortemente degradati ad assorbire rifiuti (ad. esempio, la ridotta capacità di foreste e suoli degradati nell'assorbire CO2);

    - Crescono esponenzialmente la massa monetaria e gli interessi passivi da pagare alla finanza: due fattori che, combinati e sinergici, con facilmente scatenano un inflazione che distrugge stipendi, pensioni e risparmi.

    - Contemporaneamente, la diminuita capacità di consumo della popolazione può provocare deflazione: un fenomeno capace di far collassare molto rapidamente il sistema economico.

    - Si moltiplicano le azioni violente e/o illegali: dalla corruzione, alla criminalità, dalle sommosse alle guerre.   Tutti fenomeni che aumentano rapidamente l’entropia del sistema.

    Collasso.

    Man mano che la fase catabolica procede erodendo le riserve (risorse disponibili e capacità di assorbimento dei rifiuti), il sistema diviene sempre più instabile, finché un incidente qualsiasi non ne provoca l’arresto.    A quel punto, tutti i sistemi di retroazione che hanno alimentato la crescita alimentano la decrescita e si ha una progressiva distruzione di popolazione, oltre che di capitale sia reale che finanziario.   Un processo che può avere esiti molto diversi poiché ogni giorno che il carico complessivo (popolazione x consumi pro-capite) rimane al di sopra della capacità del sistema, questa si riduce.  
    Ne consegue che più rapidamente avviene il declino, prima le curve si re-incroceranno e migliori saranno le condizioni di chi rimane.   Viceversa, se la capacità di sfruttare le riserve residue rimane sufficiente a rallentare il declino, la capacità di carico può anche giungere a zero, provocando l’estinzione della popolazione.
    Naturalmente, in un sistema della vastità e complessità come quelle della Terra, ciò potrebbe verificarsi in alcune zone, ma non dovunque.

    In sintesi, il modello è coerente con gli scenari disegnati da Word3 e con la “crescita anti-economica” di Daly, ma aggiunge che, una volta giunti in prossimità del punto di equilibrio, il fatale passaggio diviene pressoché inevitabile per l’inerzia del sistema (qualcuno, genialmente, la ha chiamata la “sindrome di wile coyote”).   Inerzia che dipende da numerosi fattori sinergici:

    • Resistenza della popolazione e della classe dirigente ad accettare sacrifici sempre più grandi man mano che la situazione peggiora.
    • Triplice retroazione positiva fra popolazione e capitale: ognuna ha una tendenza innata alla crescita esponenziale; più sono ognuna forzante della crescita dell’altra.  

    • Capitale e popolazione possono continuare a crescere anche dopo che il punto di equilibrio sia stato superato erodendo le riserve di risorse e la stabilità degli ecosistemi.   Una possibilità tanto maggiore quanto più le riserve sono consistenti ed il progresso tecnologico ne consente uno sfruttamento via via più aggressivo ed efficiente (ad es. l’uso dei satelliti per guidare le flotte pescherecce o di bulldozer giganti per cavare carbone).   

    Ogni aumento del flusso dalle risorse verso la produzione si risolve però in un aumento del capitale, della popolazione e dei rifiuti, posticipando quindi il collasso, ma rendendolo più grave.   Una conclusione analoga a quella raggiunta già nel 1970 dal gruppo di lavoro che elaborò Word3.

    Conclusioni.

    Tornando a Spengler versus Toynbee, il modello suggerisce che, sostanzialmente, avessero entrambi ragione, ma in fasi diverse del processo.   Risulta infatti probabile che una dinamica intrinseca effettivamente esista e che, tendenzialmente, favorisca lo sviluppo e la decadenza delle civiltà, ma con regole in parte diverse a seconda della fase.    Durante la fase anabolica, infatti, sono possibili molte scelte alternative, fra cui quella di limitare volontariamente il proprio sviluppo.   Dipende quindi dalla lungimiranza, sensibilità e capacità politica della classe dirigente di rallentare, modificare od accelerare il processo.    Viceversa, una volta iniziata la fase catabolica, i gradi di libertà della società si riducono rapidamente e, molto presto, una qualche forma di collasso diviene inevitabile.   

    Siamo già a questo punto?   A livello globale con ogni probabilità si, ma la diversificazione delle situazioni locali lascerebbe, ritengo, dei margini di manovra; se non per evitare il collasso, perlomeno per mitigarlo.   Purtroppo, questo richiederebbe di ridurre contemporaneamente sia l’accumulo di capitale, sia la popolazione, pur mantenendo una struttura demografica relativamente giovane.
    In pratica, questo significherebbe falcidiare le posizioni di privilegio, aumentare le tasse e tagliare drasticamente tanto le pensioni quanto i fondi alla sanità.   Cioè proprio il tipo di cose massimamente impopolari fra tutte le classi sociali (sia pure per motivi diversi) ed a buon diritto, poiché sono quelle che maggiormente e direttamente riducono la qualità materiale e la durata della vita dei cittadini.   
    In definitiva, il problema è quindi che i pochi provvedimenti che sarebbero efficaci nel mitigare le condizioni nei decenni a venire avrebbero dei forti impatti negativi nell'immediato.   Viceversa, provvedimenti efficaci nel mitigare la situazione presente avrebbero ricadute negative in futuro.    

    Alla fine, quello che sta accadendo è forse l’unica via di uscita davvero possibile.   Quanto prima la violenza inutile, la malavita e le crisi finanziarie riusciranno a grippare la mega-macchia economica globale, tanto più facilmente i discendenti dei sopravvissuti potranno ricostruirsi una vita decente e, fra qualche secolo, anche delle civiltà.   Civiltà certamente prive dei gioielli tecnologici (ed energivori) di cui siamo tanto orgogliosi, ma magari ricche di arte e di spiritualità.   Magari si canteranno poemi che narreranno la grandezza di un popolo antico e scomparso, capace di costruire oggetti fantastici e misteriosi le cui rovine disegneranno i paesaggi del futuro ancora molto a lungo.