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martedì 24 maggio 2016

Quanto ci costa passare alle rinnovabili?

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR




Fonte dell'immagine. I calcoli “sul retro di una busta” sono una tradizione nella scienza è spesso si rivelano essere in grado di fornire un sacco di informazioni utili, evitando allo stesso tempo la trappola comune dei modelli complessi, quella di essere in grado di misurare tutto, ammesso che abbia sufficienti parametri regolabili. 


L'economia mondiale può essere vista come un gigantesco motore di calore. Consuma energia, principalmente sotto forma di combustibili fossili, e la usa per produrre beni e servizi. A prescindere da quanto sia messo a punto ed efficiente il motore, ha comunque bisogno di energia per funzionare. Così, se vogliamo fare il grande cambiamento che chiamiamo “transizione energetica” dai combustibili fossili alle rinnovabili, non possiamo basarci solo su efficienza e risparmio energetico. Dobbiamo alimentare la grande bestia con qualcosa che la faccia funzionare, l'energia prodotta dalle fonti rinnovabili come il fotovoltaico (FV) ed eolico sotto forma di energia elettrica.

Ecco qualche nota sul tipo di sforzo di cui abbiamo bisogno per passare ad una infrastruttura completamente rinnovabile prima che sia troppo tardi per evitare la doppia minaccia della distruzione climatica e dell'esaurimento delle risorse. Si tratta di un compito arduo: dobbiamo farlo, fondamentalmente, in circa 50 anni da adesso, probabilmente meno, altrimenti sarà troppo tardi per evitare un disastro climatico. Cerchiamo quindi un calcolo “sul retro di una busta” che possa fornire una stima di ordine di grandezza. Per una trattazione completa, vedete questo articolo di Sgouridis et al.

venerdì 27 giugno 2014

Perché non finiremo mai il petrolio






DaResource Insights” Traduzione di MR

di Kurt Cobb

L'economista di Harvard Morris Adelman, famoso per aver detto che non finiremo mai il petrolio, è morto il mese scorso. Ciò che è seguito all'annuncio della sua morte è stato un prevedibile insieme di encomi come questo da parte dei difensori dell'industria petrolifera che esaltano l'infinita saggezza di Adelman. Alcuni (compreso mio padre, apparentemente) sono stati così coinvolti nello strano stato d'animo celebrativo – quello che riemerge ogni volta che la gente contempla quante cose ci sono nell'Universo – che il motto piuttosto limitato e quasi insignificante di Adelman è stato presentato come la base di una politica energetica completa. (E non importa che quella politica energetica non menziona assolutamente il cambiamento climatico). Tutto ciò ha senso solo se si evita di pensarci. Ma una semplice illustrazione mostrerà proprio quanto sia insignificante la nozione che non finiremo mai il petrolio. Immaginate per un momento che a partire da domani una metà del petrolio che la società umana normalmente consuma ogni giorno non sia più disponibile e che questo vada avanti per diversi mesi.

Questo certamente non significherebbe che lo abbiamo finito. Avremmo semplicemente molto meno petrolio di quanto ne serva al nostro attuale sistema globale per funzionare così come è progettato. Il risultato sarebbe sicuramente una depressione economica globale. E' così che siamo dipendenti dall'attuale TASSO di produzione di petrolio. E' questa l'importanza che ha l'input continuo di energia di alta qualità da petrolio per il nostro benessere collettivo. Questo spiega la preoccupazione di coloro che credono che un declino del tasso mondiale di produzione di petrolio potrebbe arrivare entro il prossimo decennio. Nessuno in questo gruppo ha mai detto che finiremo il petrolio. Si tratta di una fandonia usata per confondere la gente sul problema reale, che è il TASSO di produzione. Ma questo non si riflette nell'osservazione spesso troncata di Adelman. Inoltre, ciò che ha detto in realtà è stato che il petrolio non finirà finché la tecnologia sarebbe progredita e i prezzi fossero sufficientemente alti da giustificarne l'estrazione. All'interno dei confini molto stretti della sua dichiarazione piuttosto annacquata e quasi tautologica, Adelma ha ragione. La parola chiave in questa dichiarazione, tuttavia, è “sufficientemente”.

E se la tecnologia progredisce, ma non sufficientemente, e se il prezzo del petrolio è alto, ma non abbastanza alto da giustificare di estrarlo dal sottosuolo al TASSO richiesto per il funzionamento dolce della società globale? Cosa succederebbe? L'ironia è che mentre coloro che si sono alleati con l'industria petrolifera stanno lodando il caro estinto, l'industria petrolifera stessa si sta tirando indietro dagli investimenti in esplorazione e sviluppo petrolifero anche a fronte dei prezzi medi record del greggio mondiale. La ragione: un aumento di cinque volte delle spese del cosiddetto capitale a monte per l'esplorazione e lo sviluppo da parte della grandi compagnie petrolifere dal 2000 che è risultato solo in un piccolo aumento della produzione di petrolio per quelle stesse compagnie. Anche con prezzi del petrolio al di sopra dei 100 dollari, il costo e il miserrimo ritorno sull'esplorazione e lo sviluppo sta spingendo le grandi compagnie a tagliare le loro precedenti spese sontuose.

Tutto ciò può significare solo una cosa: meno petrolio consegnato in futuro. E tutto ciò va nella direzione opposta all'osservazione di Adelman. I progressi tecnologici continuano ad essere sviluppati dall'industria, compreso la cosiddetta fratturazione idraulica con grandi volumi di  “acqua liscia” (slickwater hydraulic fracturing), in combinazione con la trivellazione orizzontale usata per estrarre petrolio dai depositi di scisto profondi che erano precedentemente inaccessibili. E mentre con queste tecniche hanno aumentato significativamente la produzione negli Stati uniti, la crescita nella produzione complessiva mondiale nei 7 anni dal 2005 al 2012 è in realtà rallentata drammaticamente a circa un quarto del tasso dei sette anni precedenti. E questo in un'era di nuove tecnologie, di prezzi medi quotidiani da record e, finora, di spese record in esplorazione e sviluppo da parte delle compagnie petrolifere.

Sì, le condizioni di Adelma – prezzi alti e progresso tecnologico – ci hanno evitato di finire il petrolio. Ma ma non è questo il punto. Queste condizioni avrebbero dovuto produrre un eccesso e prezzi bassi. Non sono riusciti a farlo per una ragione semplice. Nella corsa fra la geologia sempre più impegnativa e la localizzazione delle rimanenti risorse petrolifere del mondo e la tecnologia sempre in progresso dell'industria petrolifera, la geologia e la localizzazione stanno vincendo. E in realtà sembra che stiano vincendo da parecchio mentre le scoperte fanno fatica a compensare i consumi. Ciò significa che stiamo vivendo un tempo in prestito, usando riserve facili da ottenere scoperte molto tempo fa – e nella speranza, ma contro ogni speranza, che in qualche modo nuove tecnologie prenderanno il sopravvento prima che arrivi il vero declino della produzione. Ciò rende la politica energetica molto debole. Agli economisti di Harvard piacerebbe pensare che il mondo obbedisca a pochi principi semplici che si applicano sempre ed ovunque. Ma in realtà il mondo è di gran lunga più complesso di quanto qualsiasi economista possa immaginare. Visto che noi come esseri umani siamo a conoscenza di una percentuale molto piccola di quella complessità, l'umiltà e la prudenza dovrebbero essere le nostre parole d'ordine quando affrontiamo problemi epocali come la politica energetica.

Le grandi previsioni nell'anno 2000, da parte della EIA statunitense, della IEA e del National Intelligence Council (che serve le agenzie di intelligence degli Stati Uniti) hanno proclamato con fiducia che la produzione di petrolio poteva salire nel prossimo decennio per compensare l'aumento della domanda e che i prezzi sarebbero rimasti bassi. Incantati dalla logica semplice ma errata di Adelman e di altri, hanno malamente sbagliato i numeri della produzione – erano tutti troppo ottimistici – e ancora di più sui prezzi, prevedendo un prezzo medio di circa 28 dollari al barile nel 2010 quando i prezzi giornalieri sono stati in media di 80 dollari. Gli psicologi hanno imparato da studi che persino quando la gente sa che chi fa le previsioni con troppo confidenza ha in gran parte sbagliato sbagliato in passato, sceglieranno di creder loro a causa della loro presentazione sicura. E la gente, in generale, non crederà ai presentatori sperimentali anche se quella gente sa che i presentatori sperimentali sono stati più precisi in passato. Adelman ed i suoi accoliti hanno dato idee semplici ma fuorvianti con sicurezza – e idee che sono in linea con ciò che molta gente vuole credere. Non vedremo mai tali ideologi ritrattare le proprie idee quando i fatti dimostrano che sono sbagliate. Ignoreranno semplicemente i fatti. E sperano che anche voi lo facciate.

venerdì 30 maggio 2014

Energia pulita: stiamo andando avanti nonostante tutto.

Da “Science blogs”. Traduzione di MR

Di Greg Laden


L'investimento nello sviluppo di energia pulita sembra essere in fase di transizione e questo si riflette in diversi articoli che  sono arrivati alla mia scrivania stamattina. Senza tentare nessuna analisi seria, ecco un breve riassunto.

Gli investimenti in energia pulita sono crollati negli ultimi due anni, portando alcuni a dichiarare che la transizione a fonti non fossili di energia sia in pericolo. Ma c'è un argomento eccellente, il fatto che sia vero l'esatto contrario. Quello che è veramente successo è che il costo di attuazione è crollato drammaticamente. Pertanto, il costo assoluto dell'investimento può diminuire, mentre il livello effettivo di investimento... in termini di unità di energia... sale.

Da un articolo del blog del World Resources Institute di  Letha Tawney, Bharath Jairaj e Xuege (Cathy) Lu:

Il recente crollo degli investimenti in tecnologia pulita è in parte dovuto al fatto che la produzione di energia rinnovabile è diventata molto più economica negli ultimi anni. Si può comprare maggior produzione energetica per meno contante di quanto non si potesse due o quattro anni fa. Al Summit Futuro ed Energia del 2014 all'inizio di questo mese, Michael Liebreich, fondatore di Bloomberg New Energy Finance (BNEF), ha detto che circa l'80% della riduzione degli investimenti in energia pulita negli ultimi due anni sono dovuti a queste riduzioni del prezzo. I prezzi dei moduli fotovoltaici, per esempio, sono diminuiti di circa l'80% dal 2008. L'aumento della competizione fra fornitori di eolico ha a sua volta diminuito i prezzi. Un ricerca dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Rinnovabile (International Renewable Energy Agency - IRENA) scopre che i prezzi dell'energia eolica potrebbero diminuire ulteriormente  dal 10 al 30% nel medio-lungo termine.

Nel frattempo, da ClimateWire di Scientific American, apprendiamo che l'energia fotovoltaica cresce del 200% in soli 4 anni.

Guidato da un'esplosione del fotovoltaico, il settore solare statunitense è emerso “da contribuente relativamente piccolo alla capacità elettrica totale nazionale a uno di relativa importanza”, ha riportato la EIA questa settimana nel suo Aggionamento Elettrico Mensile.

Dal 2010, ha detto la EIA, la capacità solare statunitense è aumentata del 418% da 2.326 megawatt, che ammontava allo 0,2% della generazione elettrica totale degli Stati Uniti, ai 12,057 MW di oggi, l'1,13% della generazione statunitense. 

Oltre metà di questo aumento di capacità è avvenuto in abitazioni e aziende coinvolte nei programmi di scambio sul posto, per cui l'eccesso di produzione viene venduta alla utility a tassi ragionevoli. Buona parte di questo è avvenuto in California (il 38% del totale degli Stati Uniti).

Avrebbe senso per persone con tendenze libertarie, come quelle che hanno costituito il Tea Party, essere d'accordo con questo tipo di cose, perché si adatta così bene alla loro filosofia.  Ci si chiede, quindi, perché la destra si oppone così tanto persino a riconoscere l'importanza del cambiamento climatico, per non parlare di fare qualcosa per lo stesso. Ma risulta che la logica del produrre energia in casa non è andata completamente perduta in quel settore della società. Secondo un articolo su Slate di Josh Voorhees,

La scorsa settimana… i legislatori dell'Oklahoma hanno silenziosamente votato invertire una legge vecchia di quasi quattro decenni che aveva impedito alle compagnie di fornitura di chiedere più soldi ai clienti che installano pannelli solari sulle proprie case che a quelli che non lo fanno. Il conto... avrebbe efficacemente spianato la strada ai fornitori del Sooner State per costringere i possessori di case che installano pannelli solari a pagare sia per l'elettricità che comprano dalla rete sia per una parte dell'elettricità che rivendono alla rete stessa. Il voto ha segnato una rara vittoria per le compagnie elettriche nella loro ricerca di ostacolare la crescita dell'industria del solare da tetto. Ha anche rappresentato un netto allontanamento dall'ondata di tentativi ben pubblicizzati, ben finanziati a livello statale e federale attualmente mirati a rendere il costo dell'energia solare competitivo con le fonti energetiche più tradizionali come carbone e gas naturale...  

Quindi martedì, con la sorpresa praticamente di tutte le persone coinvolte, il governatore repubblicano dell'Oklahoma, Mary Fallin, ha emesso un ordine esecutivo che taglia largamente il provvedimento, portando una sconfitta inaspettata ai grandi fornitori e ai loro sostenitori dalle tasche profonde – un gruppo che comprende i fratelli Koch e l'American Legislative Exchange Council, un potente gruppo di appartenenza per i legislatori conservatori dello stato.

Ed eccoci qua.