sabato 19 marzo 2011

Martingala nucleare



Il metodo del "raddoppio" o "martingala"(*) è un vecchissimo schema per giocare alla roulette. E' semplice, seducente, promettente ed è anche una ricetta sicura per il disastro. La catastrofe nucleare di Fukushima potrebbe essere il risultato dello stesso modo di pensare. Una martingala nucleare.


E' incredibile quanta gente ancora oggi continua a credere che si possano fare soldi alla roulette usando il vecchio metodo del "raddoppio" chiamato anche "martingala". Funziona così: si punta su qualcosa che abbia il 50% di probabilità di uscire; rosso/nero o pari/dispari, e si raddoppia ad ogni perdita. In questo modo, quando si vince, si recuperano le perdite e si fa un profitto. O, perlomeno, questa è la teoria.

Nella pratica, la martingala è un metodo sicuro per il disastro. Nella migliore delle ipotesi, non da risultati migliori che giocare puramente a caso. Ma è peggio: la martigala da una buona probabilità di rovinarsi cercando di raddoppiare "un'ultima volta". Per fortuna, per i giocatori, la maggioranza dei Casinò, hanno dei limiti sulle puntate. I gestori vogliono che i giocatori perdano dei soldi ma non così tanti da ammazzarsi e poi buttarsi dalla finestra. 

La strategia della martingala è correlata a quello che Nassim Taleb ha chiamato il "Cigno Nero", un evento improbabile ma catastrofico. Un cigno nero non è soltanto un momento di jella, è qualcosa che uno crea con una serie di scelte sbagliate fatte con le migliori intenzioni. E' l'idea della martingala, una specie di gioco dell'autoscontro dei film americani nel quale due giocatori si lanciano in auto uno contro l'altro. In un certo senso, chi sceglie questa strategia cerca di intimidire la realtà alzando la posta; come quando si raddoppia la scommessa alla roulette. Ma anche se in questo modo si possono ottenere dei modesti successi, la realtà non si fa facilmente intimidire e si ripresenta nella forma del cigno nero; più grande e più catastrofico più uno aveva cercato di evitarlo.

Schemi di tipo martingala sono tipici, per esempio, del mondo finanziario. Il collasso dei mutui subprime, che era cominciato nel 2007, è un buon'esempio di questa strategia, come ha notato Nassim Taleb. Molti schemi finanziari sembrano essere basati su idee simili. In questi casi, purtroppo, non ci sono gestori del Casinò che impediscono alla gente di cadere nella trappola della martingala e rovinarsi.

Il disastro nucleare di Fukushima sembra dirci che c'è un meccanismo simile in azione con la tecnologia in generale. Quando progettiamo apparecchiature pericolose e delicate, tentiamo di ridurre i rischi per mezzo di regole, specifiche, e controllo centralizzato. Ovviamente, queste sono strategie costose e di conseguenza sono convenienti da realizzare su larga scala. Così, alziamo la posta costruendo sistemi sempre più grandi e costosi per diminuire il rischio di disastri. Nel caso dell'energia nucleare, il risultato è la concentrazione dei sistemi di produzione in un piccolo numero di grandi impianti. E' una strategia che sembra funzionare; entro certi limiti. Nella media, il record della sicurezza della maggior parte delle centrali nucleari è abbastanza buono. Ma quando qualcosa va storto con un impianto nucleare, tende ad andare storto in modo massiccio, come è successo con Chernobyl e Fukushima.

Quindi, ci stiamo proteggendo da piccoli problemi al costo di rischiare grandi problemi? In questo caso, staremmo giocando la martingala su una scala veramente massiccia. Il problema non è specifico della tecnologia nucleare; tendiamo a proteggerci dai rischi con tutte le tecnologie al costo di rischiare vere e proprie catastrofi.

Prendiamo il carbone come un esempio. Sappiamo che bruciare il carbone in impianti elettrici ha dei rischi. In aggiunta all'inquinamento locale, il carbone è un fattore importante nel riscaldamento planetario a causa dell'effetto serra associato con il biossido di carbonio (CO2) generato nella combustione. Contro questo rischio, stiamo programmando uno sforzo importante in termini di "cattura e sequestro del carbone" (CCS), una tecnologia chiamata di solito "Carbone Pulito". L'idea è che il CO2 si può immagazzinare sottoterra in depositi geologici che ne impediscono il rilascio nell'atmosfera.

E' probabile che questa idea sia una forma di strategia della martingala. Immaginiamo che la tecnologia venga usata su larga scala e che si arrivi ad usare il "carbone pulito" per una frazione importante della produzione di energia elettrica mondiale. In questo caso, avremmo agito "alzando la posta" verso il rischio del riscaldamento globale avendo investito soldi e risorse su una specifica tecnologia. Probabilmente, questa tecnologia sarebbe in grado di ridurre l'inquinamento locale e la quantità di CO2 emessa nell'atmosfera. Ma ne sappiamo abbastanza della fisica del processo di sequestro geologico da poter garantire che il CO2 immagazzinato starà tranquillo dove lo abbiamo messo? Come si può garantire che questo CO2 non ritornerà nell'atmosfera tutto insieme e molto prima di quando ce lo aspettavamo?

Come cigno nero, questo è un evento quasi inimmaginabile. Forse si può dire che è un evento improbabile, certo, ma sarebbe molto più improbabile se, semplicemente, smettessimo di bruciare carbone.

Ma non sembra che siamo in grado di ragionare in questo modo. Tendiamo sempre a cercare la soluzione tecnologica più grande e più sofisticata e questo porta dei rischi enormi. Forse sono rischi improbabili, ma non impossibili. Soffriamo di assuefazione alla tecnologia (come ha notato George Mobus) e non sembra che riusciamo a capire che oltre un certo limite la tecnologia comincia a mostrare ritorni decrescenti (come ha notato Joseph Tainter ).

Forse quello che stiamo facendo con la civiltà è un giocare la martingala. Ci stiamo proteggendo da piccoli rischi sviluppando tecnologie, regolazioni, leggi e controlli; tutto per tenere insieme la società. Ma il rischio è l'improbabile, ma in fin dei conti inevitabile, collasso totale. Il cigno nero più grande di tutti.


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(*)  Nella teoria della probailità, il termine "Martingala" si riferisce a processi di tipo "random walk". La sua origine è oscura, ma una discussione sul suo significato si può trovare qui

lunedì 14 marzo 2011

Siamo tutti giapponesi



 
Il bombardamento di Kobe nel film animato del 1988 "Hotaru no Haka" (La tomba delle Lucciole ) di Isao Takahata. Il film ricorda stranamente la situazione attuale in Giappone, con i problemi con lo tsunami e i reattori di Fukushima. E' un film splendido, ma non vi suggerisco di guardarlo a meno che non siate completamente sicuri di non soffrire di depressione.


Una cosa che mi ricordo del mio primo viaggion in Giappone, nei primi anni '80
è una conversazione con un anziano giapponese a Tokio. Eravamo da qualche parte su una collina e mi stava raccontando del tempo della guerra in una mistura di Inglese e Giapponese. A un certo momento, ha fatto un gesto come a indicare tutta la città e ha detto "era tutto distrutto, tutto uguale, minna onagi..

Avevo almeno una vaga idea di quello che aveva in mente. Avevo letto "Ore Giapponesi" di Fosco Maraini, avevo visto le foto di Tokio dopo il bombardamento incendiario del 1945. Più tardi, andai a vedere Hiroshima e Nagasaki. Molto più tardi, arrivò il film "La Tomba delle Lucciole" che raccontava la storia del bombardamento incendiario di Kobe. Non che, senza esserci stati, uno si possa rendere conto di cosa vuol dire subire un bombardamento a tappeto o un bombardamento atomico. Ma le storie e i film ti dicono comunque qualcosa e basta una visita al museo della pace di Hiroshima per darti incubi per parecchi mesi.

Quando vivevo a Tokio, negli anni '80, c'era sempre questa sensazione di essere in un'altra dimensione. Era una sensazione di impermanenza, come di vivere in un poema di Basho. Era difficile camminare per la città senza notare che quelle grandi strade che tagliavano i quartieri erano state progettate con lo scopo specifico di fare da barriera anti-fuoco e evitare il disastro del 1945. Ma sarebbero state sufficienti? Ogni volta che un piccolo terremoto scuoteva l'edificio dell'Università di Tokio, era un po come se il buon vecchio Godzilla stesse camminando battendo i piedi non lontano.

Tokio mi ha sempre ricordato un'astronave o un transatlantico. Un immensa, sofisticata, complessa macchina dove quello che succede a qualcuno succede a tutti. Nel ventre della macchina, non si può sopravvivere da soli. Se la nave affonda, tutti affondiamo. A Tokio, la gente vive una specie di contrappunto dove tutti devono muoversi a tempo con gli altri. E' il modo di vivere in una metropoli immensa dove milioni di persone si muovono, lavorano, vanno a scuola, parlano, mangiano, vanno in bicicletta, bevono birra, caffé e tutte quelle cose che la gente fa ovunque.

Il terremoto e lo tsunami del 2011 sono stati una rivelazione di tutto quello che mi ero immaginato nei miei incubi peggiori. Le case e i campi invasi dalle onde mostrano quello che succede quando si perdono quelle cose che permettono la vita in una città, incluso un terreno solido su cui appoggiarsi. Le esplosioni delle centrali nucleari di Fukushima ci ricordano di come sia fragile la fornitura di quell'energia che è essenziale per la vita.

Con il mondo che diventa sempre più complesso abbiamo bisogno di sempre più tecnologia per assicurarci che tutto funzioni a dovere. Ma, alla fine, è il principio del cigno nero che conta: qualcosa deve andare storto, prima o poi. E, nel nostro mondo complesso, quando qualcosa va storto, spesso lo fa in modo spettacolare e i risultati sono il disastro per tutti. Lo sappiamo che nessun uomo è un isola. Oggi, siamo tutti Giapponesi.

domenica 13 marzo 2011

Ponyo e lo tsunami



Non so se avete visto il film di Miyazaki "Ponyo" del 2008. Film bellissimo, sognante e delicato. C'è dentro un po' tutto quello che è successo questa settimana in Giappone. lo tsunami, il mare che invade la terra, la gente che si rifugia dove e come può. E' anche un'illustrazione del rapporto che i Giapponesi hanno con il mare: un po' di paura, un po' di rispetto e anche un po' di amore. Il tutto personificato dalla dea del mare del film, Granmamare; figura che riecheggia le  antiche divinità Mediterranee - Iside o Amphitrite - che a noi sono più familiari.

Il mare non ce l'ha con noi, ovviamente. Ma, come per tante cose su questo pianeta, non possiamo pretendere di ignorarlo e - meno che mai - dominarlo. Eppure, è un errore che facciamo continuamente: costruire centrali atomiche in riva al mare è soltanto uno dei tanti.

mercoledì 9 marzo 2011

E continua a salire....


Dal NOAA, gli ultimi dati sulla concentrazione di CO2 nell'atmosfera, aggiornati a Gennaio 2011. Vediamo che quando è inverno nell'emisfero Nord, la concentrazione sale. Questo è perché le terre emerse dell'emisfero nord occupano un area maggiore, e quindi la scarsa attività delle piante genera una crescita del CO2. E' un'asimmetria planetaria che ha un effetto importante sul clima; è anche la ragione per la quale i cicli orbitali di Milankovih causano l'alternanza di ere glaciali e interglaciali.

Le piante riprenderanno con la fotosintesi a primavera, e vedremo calare di nuovo la concentrazione di CO2. Ma solo fino all'inverno successivo. A questo ritmo, ci vorrà ancora qualche anno prima di toccare le 400 parti per milione; ma speriamo che il ritmo di crescita non aumenti. E comunque è già troppo quello che abbiamo ora.

domenica 6 marzo 2011

Segare un ramo inesistente

 

In un post precedente avevo fatto l'analogia della situazione attuale con la storia quello che segava il ramo sul quale stava seduto.


Ora, ho l'impressione che la situazione sia ancora peggiore. Che il ramo sia stato già segato; che stiamo già cadendo. 

Ma continuiamo a muovere la sega su e giù a segare un ramo inesistente mentre discutiamo  se stiamo cadendo oppure no. 


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L'articolo che segue è interessante (e inquietante) per vari motivi.  Non è un articolo di climatologia; è un articolo scritto - mi sembra di capire - da due economisti che esamina la tendenze alla crescita della concentrazione di CO2 che viene fuori essere non semplicemente esponenziale, ma "super-esponenziale", ovvero ancora più rapida che esponenziale. Il tipo di trattamento matematico che considera questa crescita genera una "singolarità", ovvero un punto in cui la curva va all'infinito. Questo non deve, ovviamente, essere inteso come un fatto fisico, ma come una tendenza del sistema a una transizione verso un nuovo e diverso stato. Il "tipping point", in sostanza.  Come vedete, non c'è bisogno di essere climatologi per capire che qualcosa sta andando fuori controllo su questo pianeta.


Via "Climate Change: the next generation"


Evidence for super-exponentially accelerating atmospheric carbon dioxide growth


A. D. Husler and D. Sornette 


Department of Management, Technology and Economics, ETH Zurich, Kreuzplatz 5, CH-8032 Zurich, Switzerland




Abstract


We analyze the growth rates of atmospheric carbon dioxide and human population, by comparing the relative merits of two benchmark models, the exponential law and the fi nite-time-singular (FTS) power law. The later results from positive feedbacks, either direct or mediated by other dynamical variables, as shown in our presentation of a simple endogenous macroeconomic dynamical growth model. Our empirical calibrations confi rm that human population has decelerated from its previous super-exponential growth until 1960 to "just" an exponential growth, but with no sign of more deceleration. As for atmospheric CO2 content, we find that it is at least exponentially increasing and most likely characterized by an accelerating growth rate as of 2009, consistent with an unsustainable FTS power law regime announcing a drastic change of regime. The coexistence of a quasi-exponential growth of human population with a super-exponential growth of carbon dioxide content in the atmosphere is a diagnostic that, until now, improvements in carbon efficiency per unit of production worldwide has been dramatically insufficient.




http://arxiv.org/PS_cache/arxiv/pdf/1101/1101.2832v2.pdf

venerdì 4 marzo 2011

Tertulliano non credeva agli allunaggi: la rottura dell'auctoritas nel dibattito sul clima



Quinto Settimio Tertulliano è vissuto fra il secondo e il terzo secolo AD. Nella sua prolifica opera, è noto soprattutto per la frase a lui attribuita "Credo quia absurdum." In realtà, aveva detto una cosa un po' diversa, ma il concetto è simile. Quella di Tertulliano è la rottura totale con tutto il pensiero che esisteva prima di lui. Era la perdita dell' "auctoritas" classica che sarebbe stata recuperata soltanto molto dopo e in una forma diversa con la filosofia scolastica nel Medio Evo. Qui cito Tertulliano come parte di un'analisi della frattura culturale fra scienza e politica che si sta creando nella nostra società in un modo forse non dissimile da quella che si era creata al tempo di Tertulliano fra il mondo pagano e quello cristiano.



Verso l'inizio del terzo secolo A.D., Tertulliano, campione del cristianesimo contro i pagani, ci da una visione lampante della la rottura fra vecchia e nuova auctoritas. Di lui ci ricordiamo la celebre frase "Credo quia absurdum" (anche se non esattamente). Tertulliano cercava l'assurdità, lo scandalo, come arma contro i vecchi paradigmi; era un rivoluzionario, un sovversivo.

Ripensando a questi antichi tempi, fa impressione notare quanto somigliante è lo sconvolgimento di paradigma in cui ci troviamo oggi e che si esprime spesso con quelle forme di rifiuto totale di tutto quello che è condiviso in termini di auctoritas. Queste forme di rifiuto una volta si esprimevano in ideologie rivoluzionarie o sovversive. Ma oggi si sono sfilacciate in qualcosa di negativo che chiamiamo "complottismo" che, in fondo, è l'unica nuova, vera ideologia del ventunesimo secolo.

Se Tertulliano fosse vivo oggi, la sua rottura con i paradigmi condivisi, la sua ricerca dell'assurdo dirompente si esprimerebbe forse con il sostenere che gli allunaggi degli anni '60 erano tutta una messinscena, che le torri gemelle sono state distrutte da una demolizione controllata, e che gli aerei che volano sopra le nostre teste spargono veleni terribili per l'atmosfera.

Questa rottura è indice di un profondo cambiamento nella trasmissione della cultura. Tutta la conoscenza umana è strutturata. Ogni apprendimento è basato sull'unità fondamentale del rapporto fra maestro e allievo. Non è un rapporto paritetico, è un rapporto gerarchico. Il maestro è tale perché ha quella cosa che i latini chiamavano  "auctoritas;" non un'imposizione ma parte della struttura stessa della società. Sull'auctoritas si basa l'ordinamento della conoscenza; quella cosa che chiamiamo "sapienza" e a volte, "saggezza".

Ma tutto va per cicli e il male, come ha detto una volta Poul Anderson, è il bene che è marcito. Non sempre l'auctoritas corrente riesce a seguire i cambiamenti della società. Allora, l'auctoritas si cristallizza e da una guida diventa una gabbia contro la quale le menti libere si ribellano. Ma la sapienza, come la società, è sempre in movimento. C'è sempre una transizione alla ricerca di una nuova saggezza. E' soltanto che certe volte la transizione avviene gradualmente, a volte attraverso una rottura.

Un esempio di questa rottura traumatica lo troviamo con i tempi di Tertulliano. Gli antichi Romani vedevano la loro prosperità materiale dovuta in gran parte al favore degli dei pagani. Quando questa prosperità è svanita, chi ne ha fatto le spese sono stati i rappresentanti del vecchio ordine. Ci ricordiamo della filosofa pagana Ipazia; fatta a pezzi a mani nude da una folla inferocita. Questo è avvenuto solo un paio di secoli dopo Tertulliano; quando la rottura fra vecchio e il nuovo non era più il paradigma di qualche isolato sovversivo, ma un onda di rabbia che spazzava tutta la società. Una rabbia che fa paura, che non si spiega se non con la perdita totale di orizzonti condivisi; una società che ha perso completamente il rapporto fra maestro e allievo. Che ha perso la sapienza, la saggezza, l'auctoritas.

Oggi, ritroviamo questo stesso smarrimento; questa perdita di orizzonti condivisi. La nostra prosperità materiale è dovuta in gran parte alla scienza e al metodo scientifico, o perlomeno così la percepiamo. E allora è uno sconvolgimento totale sentirsi dire che abbiamo sbagliato tutto; che tutte le cose che stavamo facendo e che fino ad oggi ci avevano dato per buone ci stanno portando a esaurire le risorse del pianeta e a surriscaldarlo oltre i limiti della nostra stessa sopravvivenza. E questo, addirittura, ce lo dicono gli scienziati - proprio loro che ci hanno portato al punto in cui siamo. Come non cedere alla tentazione di prendersela con gli scienziati stessi?

Gianluca Freda queste cose ce le ha chiarissime in mente quando risponde a un mio post sul complottismo scrivendo in un testo intitolato "Cassandra Crossing"  parlando di 

.... un ordine elitario che ha fatto il suo tempo, che è sopravvissuto a se stesso, che ha reso trasparenti le proprie mire propinandoci per decenni sempre gli stessi giochi di prestigio, senza essere più in grado di conferire la minima credibilità all’universo che, tanti secoli fa, aveva proposto alle masse come nuova realtà abitabile, per chiedere su di esso la fiducia e proporsi come gestore e custode della sua solidità. Questo vecchio universo sta sfilacciandosi, sta cadendo a pezzi e con esso si decompongono i suoi architetti.

Lo scardinamento del paradigma, oggi, è anche superiore a quello del tempo di Ipazia. Le conseguenze, non le abbiamo ancora viste veramente. Ma già vediamo questa rabbia sorda che non ha ancora trovato nè un obbiettivo preciso di odio nè un paradigma nuovo che sostituisca il vecchio. E' ancora in uno stato informe; si esprime con il dubbio totale su tutto. E da questa rabbia non ci possiamo aspettare niente di buono.

La trasformazione fra paganesimo e cristianesimo non fu breve e fu punteggiata da martiri, lotte e rivoluzioni. Un paio di secoli dopo il rivoluzionario Tertulliano, ritroviamo il paradigma cristiano trasformato in religione ufficiale, con l'imperatore Teodosio I che proibiva ufficialmente tutte le religioni non cristiane nell'Impero Romano. E' curioso pensare, tuttavia, che tanta lotta ha portato alla fine a quella fioritura di pensiero che chiamiamo la "filosofia scolastica" che, in fin dei conti, è stata la riscoperta della vecchia auctoritas, quella pagana, da parte della nuova auctoritas, quella cristiana.

Anche la conoscenza si muove in cicli. Il rapporto fra maestro e allievo era lo stesso al tempo di Aristotele come lo era al tempo di Ugo di San Vittore, nel Medio Evo e così come lo è oggi in una università. Sono rapporti basati basati sullo stesso principio di "auctoritas." E, in fondo, i problemi affrontati, allora come oggi, sono gli stessi e le risposte non sono tanto diverse.

E' un altro ciclo quello che si sta aprendo oggi; ne stiamo vedendo soltanto le fasi iniziali - un giorno lo vedremo più chiaramente e forse era quello che ci voleva dire Paolo di Tarso con la sua frase famosa che se oggi vediamo oscuramente, come in uno specchio, un giorno vedremo con chiarezza, "facie ad faciem." .

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Nota


Questo post nasce come seguito di uno che avevo dedicato a Gianluca Freda. Alcuni lo hanno interpretato come una presa di giro dei complottisti, e in un certo senso lo era. Ma era anche un tentativo di capire il loro pensiero, di capire le ragioni dello scollamento culturale che stiamo vivendo. Quello che fa impressione nei post di Gianluca Freda è l'estrema lucidità della sua espressione. Freda non scende a mezzi termini: non lo fa quando parla di olocausto e non lo fa nemmeno quando parla dell'origine del suo pensiero.  In un suo post, dice:


Ognuno di noi diventa una “auctoritas” quando riesce a crearsi una propria visione soggettiva del mondo fondata sulla ricerca e sul confronto delle informazioni, rinunciando all’idea che la Verità Oggettiva possa essere attinta, senza troppi sforzi, da un’unica fonte.


Nel mio post, avevo interpretato questa frase come "ognuno crede alla prima cosa che gli viene in mente". Freda mi ha criticato dicendo che non è questione di solipsismo ma di realtà condivisa. E' vero, ma cambia poco se la convinzione complottista si trova a livello di singoli o di gruppo. Anzi, le logiche di rinforzo reciproco del pensiero di gruppo rendono anche più difficile evitare la caduta a spirale nell'abisso del complottismo più sfrenato (vedasi gli sciachimisti, i lunacomplottisti e quelli assai meno innoqui di loro). 

Freda ha perfettamente colto la tendenza in atto - in un certo senso è da ammirare. Ma lo dico anche con una sensazione di orrore; perché quello che sta succedendo è terrificante. Guardate il dibattito sul clima; ognuno ritiene di essere la propria auctoritas sull'argomento. Anche se è un veterinario o un visconte, ritiene di potersi mettere a tu per tu con gli scienziati - che sono la legittima auctoritas - e pretende avere ragione.


Il risultato è  imbarbarimento del discorso; una perdita di approfondimento, di finezza, di saggezza. Il cosiddetto "dibattito" sul clima si riduce a un battibecco calcistico; con tutta la profondità di pensiero che ha "Il processo del lunedi'". Il dibattito è come la moneta; dove si dice che la cattiva caccia via la buona. 

A differenza di Tertulliano, Freda non si fa portatore di un nuovo paradigma; si limita a notare lo sfilacciamento del vecchio e a gioirne. In effetti, il crollo di un'intera società è un momento di opportunità, ma dobbiamo anche ricordarci che, per i cinesi, vivere in tempi interessanti è una maledizione. E se Freda ha qualche elemento che lo accomuna a Tertulliano, personalmente mi vedo male nei panni di Celso.


Quello che vorrei dire è che credo che il metodo scientifico non è la stessa cosa di una religione o un sistema politico o filosofico. Una religione o un sistema filosofico sono modi di vedere e interpretare il mondo; di creare quella realtà condivisa di cui parla Freda. Il metodo scientifico è una cosa diversa: è uno strumento, una tecnica. E' qualcosa come la ruota, il fuoco, o la scrittura. Sono strumenti che si possono usare in modi diversi. Se hai la scrittura, puoi scrivere il Mein Kampf o Das Kapital. Entrambi usano la stessa scrittura, ma dicono cose diverse. Se hai la ruota, ci puoi fare un carro da guerra oppure un carro per portare il grano in città. Queste cose sono neutrali.  Forse il metodo scientifico non è altrettanto neutrale di una ruota - ma lo puoi usare per tante cose; buone e cattive.. 

Più che altro, senza il metodo scientifico, uno è completamente perso di fronte alla complessità della realtà che è costretto a interpretare secondo una logica semplice e brutale: quello che dice l'auctoritas vigente è tutto vero, oppure è tutto falso. Ma il mondo è più complesso e variegato di così. E' un difficile equilibrio quello di valutare caso per caso. La verità è un picco un po' instabile ed è facile scivolare o da una parte o dall'altra: o la verità è sempre e solo la versione ufficiale, oppure tutto è sempre un complotto. In altre parole, ci vuole un metodo ed è questo il punto fondamentale. E questo metodo non può essere che il metodo scientifico.


In certi periodi storici, il collasso di una società ha portato a tali perdite culturali che si è visto persino la sparizione della scrittura. E' per questo che oggi noi non scriviamo in cuneiforme. Se è improbabile, tuttavia, che il prossimo, possibile, collasso ci porti a perdere la scrittura, potremmo benissimo perdere il metodo scientifico; travolto nel generale rifiuto di tutto quello che era parte del vecchio ordinamento. Se questo avverrà, avremo perso ogni possibilità di fare qualcosa per impedire che il cambiamento climatico ci spazzi via per sempre. 



giovedì 3 marzo 2011

Cassandra's legacy


Un nuovo blog di Ugo Bardi "Cassandra's Legacy" - l'eredità di Cassandra


Sull'onda del mio nuovo libro "The Limits to Growth Revisited", che dovrebbe uscire a breve con Springer, mi sono deciso a farmi un piccolo blog in Inglese.

L'ho chiamato "Cassandra's legacy", l'eredità di Cassandra. Per il momento c'è solo un post e qualche idea di che cosa il nuovo blog potrebbe - o potrà - essere. I blog sono un po' come un figlio. Quando nasce, non sai esattamente cosa sarà e farà da grande.

Di una cosa sono sicuro, la versione inglese di Cassandra sarà molto diversa da quella italiana. E' un pubblico diverso quello che legge in Inglese e ci sono già degli ottimi blog sul cambiamento climatico dedicati a sbufalare i venduti e i fuori di testa che infestano la discussione.

Per cui, con l'eredità di Cassandra, penso di dedicarmi di più a degli approfondimenti sui modelli dinamici e - occasionalmente - a dare sfogo a qualche mia velleità letteraria, come pure a qualche traduzione di post fatti nel passato che credo abbastanza significativi.

Bene. Questo era l'annuncio - spero che mi seguirete anche in Inglese; se non lo masticate bene ci sono i programmi automatici di traduzione. Il risultato è, beh... insomma, ci si deve contentare!

UB