giovedì 22 settembre 2011

La domanda di Sovicille



Immagine di Martin

Il mio lavoro mi assegna spesso il ruolo di oratore e questo mi da la possibilità di visitare posti molto interessanti. Non molto tempo fa, ho tenuto una conferenza nel piccolo paese di Sovicille, vicino Siena, nella bellissima campagna della Toscana centrale. A questa presentazione ,una persona del pubblico mi ha posto una domanda che mi ha dato l'occasione di elaborare qualcosa che mi era già passato per la mente per un attimo; ovvero, sul perché c'è così tanto disaccordo su molti problemi, dall'esaurimento delle risorse al cambiamento climatico. In teoria, il metodo scientifico dovrebbe guidarci a trovare un accordo, in pratica sembriamo occupati in un ciclo continuo di argomentazioni che non va mai da nessuna parte. Perché è così? Ciò che segue è riportato a memoria, ma è molto vicino al reale dibattito di quella sera.

Traduzione da "Cassandra's Legacy" di Massimiliano Rupalti.

La domanda:

Professore, mi è piaciuta la sua conferenza, ma sono perplesso. Ci ha raccontato molte cose interessanti sui combustibili fossili, sull'energia e sul clima. Tendenzialmente sono d'accordo con lei e le sue conclusioni sembrano avere senso. Ma non posso fare a meno di notare che ho sentito altri scienziati arrivare a conclusioni differenti. Ho sentito qualcuno dire che la gente prediceva la fine dei combustibili fossili già 20 anni fa e si sbagliavano, naturalmente, e quindi non c'è nulla di cui preoccuparsi oggi. Ed è la stessa cosa per il clima; ho sentito qualcuno dire che gli scienziati si aspettavano un'era glaciale negli anni 70, e si sbagliarono, naturalmente. Quindi, sono sorpreso dal fatto che gli esperti abbiano posizioni così distanti mentre, teoricamente, hanno tutti gli stessi dati. Vede professore, insegnavo filosofia alle scuole superiori e so che ci sono scuole filosofiche differenti e differenti idee. E, naturalmente, quando discutiamo di religione o di politica, le persone hanno idee diverse e non c'è modo di dimostrare chi ha ragione e chi ha torto. E' normale. Ma mi sarei aspettato che nella scienza le cose fossero differenti. Quindi, perché è così?



La mia risposta:

Innanzitutto, grazie mille per questa domanda. E' un problema davvero interessante che va dritto al nocciolo della questione ed  è curioso che dovessi arrivare fino a Sociville per discutere di questo tema. Quindi, lei ha ragione nel notare che c'è qualcosa di sbagliato nel dibattito su molti temi importanti, dall'esaurimento delle risorse ai cambiamenti climatici. Discutiamo e discutiamo ma sembriamo non andare da nessuna parte; le persone rimangono semplicemente trincerate nelle proprie posizioni. Ciò è sorprendente sotto molti aspetti, perché non stiamo discutendo di religione – questi temi non sono basati su dogmi o su rivelazioni divine. Abbiamo i dati ed abbiamo il metodo scientifico che ci dice come interpretarli. Dovremmo giungere ad un accordo o, almeno, ad identificare le aree di incertezza. Ma, per qualche ragione, non funziona così. Quindi, è un fallimento degli scienziati, del metodo scientifico o di cosa?

Una cosa che le posso dire è che sono spesso sorpreso di vedere come il metodo scientifico funzioni bene. Potrei dire meravigliosamente bene. C'è intesa sui fatti come base del consenso. Poi, se nuovi dati sfidano la vecchia visione, bene, la vecchia visione viene abbandonata. Ci sono molti casi nella storia della scienza quando, in certi momenti, c'era un qualche consenso su idee sbagliate. Ma la scienza ha sempre trovato il suo giusto corso quando dati nuovi e migliori diventano disponibili. La discussione scientifica può essere dura, i temperamenti si possono accendere – gli scienziati sono esseri umani, dopotutto – ma, alla fine, la scienza trova la sua giusta strada. Una delle cose belle della scienza è che non c'è umiliazione nel cambiare idea. Hai nuovi dati, cambi la tua interpretazione e nessuno ti verrà a dire che sei un voltagabbana.

Vede, l'essenza del metodo scientifico riguarda la gestione dell'incertezza. Vuoi ridurla quanto più ti è possibile, ma mai esattamente a zero. Vuoi sempre lasciare aperta la possibilità di rivedere e cambiare anche le idee più fortemente radicate. Ciò è sottile – molta gente non lo capisce. Questo è particolarmente evidente in un tema come l'origine antropica del cambiamento climatico, AGW. Se dici che rimane un certo grado di incertezza sull'AGW, la gente ti dirà che, se è incerto, non c'è nessun bisogno di far niente. Ma se dici loro che sei sicuro che l'AGW è reale, ti diranno che non sei un bravo scienziato, perché un bravo scienziato dovrebbe sapere che nella scienza niente è mai assolutamente certo. Un bel trucco per assicurarsi che il dibattito non vada da nessuna parte.

Quindi, questa bellezza del metodo scientifico è, in un certo senso, un problema. A causa dell'incertezza che si suppone rimanga riguardo ogni tema, c'è sempre la possibilità di mettere in discussione qualsiasi cosa. Certo, sarebbe grottesco oggi argomentare seriamente che la Terra è piatta ma nonostante questo credo che ci sia, da qualche parte, una “setta della terra piatta”. Ma altri argomenti, menzionavo l'esaurimento delle risorse ed il cambiamento climatico, sono incerti abbastanza che c'è grandissimo spazio per argomentare. Il che è buono, come principio; il problema è che la discussione dovrebbe riguardare la riduzione di questa incertezza, mentre alcune persone sembrano interessate solo a mantenerla il più grande possibile; se è possibile, allargarla. Ed alcune delle persone occupate in questa impresa sono scienziati; e ciò non è bene perché essi hanno le risorse culturali per continuare ad argomentare ed argomentare e rimanere sempre lontano da una conclusione. Questo è, in un certo senso, umano, ma non ti aspetteresti questa attitudine da una persona esperta come uno scienziato. Quindi, credo che questo sia il nocciolo della sua domanda, vediamo se riusciamo a rispondere.

Una prima ipotesi è che la gente assume quest'attitudine a causa dei soldi. Forse conosce quel detto che fa: “non puoi aspettarti che qualcuno capisca qualcosa se il suo salario dipende dal non comprenderlo”. Questo sembrerebbe saggio e fa sorgere una domanda: possiamo spiegare il comportamento di alcuni scienziati con la corruzione? Il denaro corrompe, come sappiamo bene, e gli scienziati sono esseri umani. Probabilmente ha letto sui giornali, non molto tempo fa, che il voto di un senatore italiano può essere comprato per un paio di centinaia di migliaia di euro. Non so se questo è vero, ma ho paura che possa esserlo. E se un senatore può essere comprato per duecentomila euro, perché non uno scienziato, che guadagna molti meno soldi di un senatore?

Infatti, gli scienziati possono essere comprati e sono stati comprati, almeno occasionalmente. C'è un bel libro che può leggere su questo punto, si intitola “Mercanti di Dubbi”. E' scritto da Naomi Oreskes ed Eric Conway. Racconta, fra le altre cose, del dibattito sull'effetto del fumo sulla salute e come alcuni scienziati fossero a libro paga dell'industria del tabacco. Ciò significa che sono stati pagati per mentire alla gente dicendole che il fumo non è dannoso per la salute. E può leggere, nello stesso libro, come, in seguito, alcuni di questi scienziati si spostarono per lavorare per le compagnie di combustibili fossili e vennero pagati per spargere dubbi sulla scienza del cambiamento climatico. Possiamo chiamare quelle persone “scienziati” e, sfortunatamente, alcuni di loro hanno le giuste credenziali per dichiarare di esserlo. Scienziati, forse, ma anche criminali della peggiore specie. Uccidono la gente per soldi. I soldi corrompono, come dicevo.

Ma mi lasci dire che ci sono davvero pochi scienziati corrotti, nel senso di essere pagati per mentire. Lo può vedere perché, alla fine, l'industria del tabacco ha perso la battaglia sugli effetti del fumo sulla salute. Se fosse stato facile comprare gli scienziati, l'industria del tabacco avrebbe potuto comprare abbastanza scienziati da costruire un consenso totalmente diverso. Saremmo ormai tutti convinti che fumare faccia bene alla salute; in questo momento staremmo tutti fumando! Quindi, sembra davvero difficile comprare uno scienziato coi soldi, potrebbe essere molto più difficile che comprare un senatore italiano. E questo mi rende felice, perché sono uno scienziato e non un senatore. Ma, naturalmente, non è questo di cui stiamo parlando.

Quindi, gli scienziati non sono – normalmente - corrotti, nel senso che sono pagati per raccontare bugie. Ma c'è ancora un problema in relazione ai soldi: molti scienziati sono “incorporati” al sistema industriale. Ciò non significa che ricevano direttamente denaro nelle proprie tasche dall'industria. Ma per essere un buono scienziato uno dovrebbe fare ricerca, e fare ricerca è costoso. Supponga di essere uno scienziato che lavora nel settore petrolifero. Supponga di essere coinvolto nella stima delle risorse petrolifere e nel disegnare gli scenari futuri di produzione. Così scopre che il picco del petrolio è reale e sta arrivando in fretta - cioè che la produzione comincerà a declinare presto. Ma queste non sono belle notizie per l'industria. Vede, se il picco del petrolio veramente arriverà presto, la gente potrebbe decidere di smettere di investire in petrolio ed investire in energia rinnovabile al suo posto. Sarebbe un'orribile notizia per l'industria petrolifera e, sicuramente, è difficile pensare di ottenere un finanziamento da una compagnia petrolifera per pubblicare un risultato simile. Senza finanziamenti, niente ricerca. Senza ricerca, niente carriera. La vita di chi da l'allarme è difficile, come tutti sanno.

Così, vede, alla fine i soldi contano, come noi tutti sappiamo. Ma penso che questa non sia la storia completa, ci sono fattori che vanno oltre i soldi nel determinare il comportamento della gente. Mi lasci fare un altro esempio. Potrebbe aver sentito parlare di Freeman Dyson, è un fisico famoso. Ha scritto un libro interessante che racconta la sua esperienza lavorando con il British Bomber Command (Comando Britannico dei Bombardieri) durante la seconda guerra mondiale. L'incarico del Bomber Command era quello di effettuare i bombardamenti aerei contro la Germania e Dyson racconta di essersi ritrovato a lavorare per un'enorme organizzazione dedita all'uccisione di persone e facendo il lavoro neanche tanto bene. Ma non è riuscito a liberarsi: descrive come lentamente si sia ritirato da una posizione morale ad un'altra fino a non avere alcuna. Il problema era che lui sentiva che fosse moralmente giusto combattere la guerra, ma ha scoperto che, passo dopo passo, questa posizione morale lo ha portato in una posizione in cui lui era incorporato col Bomber Command e, a causa di ciò, si è ritrovato ad inventare giustificazioni per il fatto di bruciare vivi uomini, donne e bambini tedeschi. E, naturalmente, dall'altra parte c'erano sicuramente persone che cercavano di trovare giustificazioni morali per lo sterminio di uomini, donne e bambini ebrei. Se la gente fosse incapace di stravolgere la propria morale in questo modo, nessuno combatterebbe guerre.

Ai nostri tempi, questo meccanismo, chiamiamolo pure la “trappola dell'incorporamento” lavora proprio allo stesso modo. E' per questa ragione che raramente si vede uno scienziato lavorare o fare ricerca per l'industria del carbone che sia anche attivo nel promuovere il bisogno di ridurre le emissioni di gas serra. Questo non significa che gli scienziati che lavorano per l'industria del carbone siano maligni o corrotti, solo che sono esseri umani, proprio come noi. Il potere insidioso della trappola dell'incorporamento sta nel fatto che procede passo dopo passoverso una certa direzione e la persona incorporata potrebbe non rendersene conto. Ci sono molte persone che negano l'effetto umano sul riscaldamento globale, scienziati o meno, che non lavorano per l'industria del carbone e non sono pagati dall'industria dei combustibili fossili. Sono semplicemente incorporati ad un ambiente di persone affini che li hanno portati a prendere posizioni dalle quali non posso più recedere.

Questo è un problema grave. Finché la situazione rimarrà com'è, ci sarà sempre gente che che sfrutterà la naturale incertezza della scienza per rigirare o ignorare fatti e trovare argomenti “scientifici” contro le verità sconvenienti come il cambiamento climatico e l'esaurimento delle risorse. Così, come battiamo la trappola dell'incorporamento?

Questa è ancora una buona domanda. La mia impressione è che ci debbano essere modi per evitare la trappola. La principale è quella di non caderci proprio dall'inizio. Penso che si possa fare prima di tutto attenendosi al metodo scientifico. Ma, forse, è più importante usare quella qualità che potrei chiamare “empatia”. Per evitare la trappola dell'incorporamento dovremmo avere un certo “feeling” per il mondo, la gente, la natura, tutto. Se provi empatia verso gli esseri umani è più difficile pensare che ti ritroverai a giustificarti di ucciderne una gran quantità con bombardamenti a tappeto o con le emissioni di impianti a carbone. Ma devi evitare la trappola dall'inizio. Se si cade nella trappola dell'incorporamento, è estremamente difficile uscirne.

Penso che sia possibile evitare la trappola. Quando leggo che il 97% degli scienziati del clima supportano la vera scienza nonostante minacce, intimidazioni, molestie e azioni legali, beh, questo mi fa sentire orgoglioso di essere uno scienziato o, almeno, di fare quello che posso per esserlo. Così, penso che finché ci atteniamo al metodo scientifico, come scienziati avremo sempre qualcosa da dire di utile al mondo e credo che il mondo avrà delle buone ragioni per crederci. Così, c'è speranza di avanzare anche di fronte alle difficoltà che affrontiamo oggi.

Alla fine, ci sono molte cose che i soldi non possono comprare – una è il panorama Toscano intorno a noi ed il tipo di vita che si può vivere qui, anche senza molti soldi. E, forse, se guardiamo a quello, possiamo capire cosa intendessi per “empatia” verso la natura e verso gli esseri umani. E questo è un bel modo per evitare la trappola dell'incorporamento.

Vorrei ringraziare Marco Rustioni e Alfredo Camozzi per avermi invitato a parlare a Sociville nel Marzo 2011.


Tradotto da Massimiliano Rupalti

domenica 18 settembre 2011

Il Picco della Ricerca





Di Ugo Bardi

Traduzione da Cassandra's legacy a cura di Massimiliano Rupalti



La vita è stata davvero dura per gli scienziati durante gli ultimi anni. La vita di uno scienziato attivo era già una gara in cui dovevi correre in cerchio, cercando di intercettare contributi che ti potevano aiutare a pagare gli studenti e i dottorandi cosicché loro potessero aiutarti a scrivere più documenti che poi sarebbero stati usati per supportare proposte che avrebbero fornito contributi che ti avrebbero aiutato a pagare gli studenti....

E' sempre stato così, ma negli ultimi anni è diventato un inferno. Sempre più burocrazia, controlli stretti, linee guida da seguire, tempi da rispettare e sempre meno soldi. E, naturalmente, ogni tentativo di fare qualcosa di creativo e leggermente fuori dagli schemi conosciuti, sembra diventare impossibile da finanziare.

Penso che la situazione sia come quella che si riscontra ovunque in Europa e negli Usa, almeno da quello che sento dire dai miei colleghi: budget ridotti, più lavoro cartaceo e la sensazione di star correndo la corsa del topo che cerca di non affogare. Non sono riuscito a trovare dati sulla situazione mondiale, ma questi dati sugli Stati Uniti suggeriscono che potremmo aver raggiunto il culmine delle risorse disponibili per la ricerca scientifica o, almeno, siamo in una situazione di plateau. (Fonte: Task Force in American Innovation)


Ma il problema delle risorse potrebbe non essere il più importante. Ciò che percepisco è, piuttosto, una qualità in declino nella ricerca che viene fatta. Potrei sbagliarmi, poiché è difficile quantificare un'entità come la “qualità della ricerca”. Però, la mia impressione è che stia diventando sempre più difficile fare ricerca in modo originale ed innovativo all'interno di un sistema che fornisce risorse solo per i ricercatori che si sottomettono ad una serie severi vincoli. Non molto tempo fa, stavo ascoltando una conferenza di un relatore ben intenzionato che tentava di insegnare a giovani scienziati come impegnarsi ad ottenere contributi per la ricerca. Non so cosa ne pensassero i giovani scienziati. La mia impressione era che il relatore poteva star descrivendo i rituali di un culto esoterico dedicato all'adorazione del Dio Quetzalcoatl; i sacrifici umani non erano richiesti, ma quasi.

Non fraintendetemi: non sto dicendo che non mi piace più fare ricerca. Adoro fare ricerca e l'ho sognato dal tempo in cui ho letto il mio primo romanzo di fantascienza. Credo che avessi circa sei anni. E non sto dicendo che la scienza non stia progredendo più. Assolutamente no. Sono sorpreso dai progressi fatti in molti campi, per esempio nelle scienze climatiche. E questo viene fatto nonostante gli scienziati del clima vengano minacciati, molestati ed insultati per ciò che stanno facendo.

Quello che voglio dire è che lo stato delle ricerche scientifiche nel mondo sembra essere un bell'esempio dell'interpretazione di Tainter del diminuire della complessità di ritorno. Tainter aveva ideato il suo modello per spiegare il collasso delle civiltà (aveva in mente principalmente l'Impero Romano). La sua idea è che quando le civiltà fronteggiano una diminuzione di risorse, reagiscono costruendo strutture sempre più complesse per affrontare il problema. Ma c'è una diminuzione della complessità di ritorno e queste strutture divengono fardelli piuttosto che soluzioni ed aiutano a far crollare l'intero sistema (una mia analisi sul modello di Tainter si può trovare qui).


Il modello di Tainter ha una certa qualità “frattale”, ciò significa che si applica ai sottosistemi semplicemente allo stesso modo che ai sistemi generali. Se considerate l'Impero Romano, noterete come tutti i suoi sotto-settori erano in declino contemporaneamente. Siete in grado di citare un poeta Romano dopo Virgilio? Probabilmente no. Non che non ci fossero stati altri poeti dopo Virgilio, ma la letteratura Romana declinava col declinare dell'Impero e troviamo poco o nessun interesse nei poemi raffinati ma poco profondi, come quelli scritti da Claudiano durante il quinto secolo dopo Cristo.

Qualcosa di simile sembra stia accadendo nel nostro tempo con la ricerca scientifica (e probabilmente anche con la letteratura). Sembra che, per far fronte una ad una disponibilità di risorse in diminuzione, le strutture che gestiscono la ricerca scientifica cerchino di compensare costruendo un nuovo livello di burocrazia finalizzato ad “ottimizzare” la ricerca, proprio come stanno cercando di ottimizzare l'insegnamento. Ciò significa che, quando ottieni un contributo per la ricerca, devi dire ogni dettaglio su cosa fai, come, per quanto tempo e che ogni strappo alla regola dev'essere giustificato. Sembra che il reale concetto di “ricerca”, inteso come cercare qualcosa di nuovo, non sia più consentito in queste regole. Non puoi essere finanziato a meno che tu non sappia già ciò che troverai.

Questa è la ricetta perfetta per quella “eccellente mediocrità” che è la rovina della ricerca scientifica. Era già un problema con il fenomeno noto come “pubblica o muori”, ma con la burocratizzazione della ricerca è diventato molto peggio. Potrei darvi una serie di esempi divertenti (o tragici) presi dalla mia stessa esperienza, ma non ne vale la pena. Mi sembra solo che il sistema stia diventando allergico alle innovazioni; è come se “ricerca” sia diventato un ossimoro in se stessa. 

Il punto è, potremmo fare qualcosa a riguardo? Non fraintendetemi, non sto dicendo che gli scienziati debbano essere come il Dr. Zarkov nel primo episodio di “Flash Gordon”, dove costruisce una astronave interplanetaria in cantina. La scienza è un'impresa collettiva che richiede coordinamento, pianificazione ed un certo grado di controllo. Ma com'è possibile trasformare la ricerca in qualcosa che possa cambiare il mondo realmente? Qualcosa che ci possa aiutare ad ottenere la sostenibilità e fermare la distruzione dell'ecosistema?

Questo è difficile, naturalmente. La burocrazia è uno strumento per mantenere il mondo com'è, non per cambiarlo. Quindi, in perfetto stile Tainter, il sistema lavora sodo per evitare le innovazioni, non per promuoverle. E' quasi impossibile essere finanziati per studiare l'esaurimento delle risorse; ciò metterebbe in luce problemi che richiederebbero cambiamenti, e questo è un tabù. E' ancora possibile, invece, ottenere contributi per la ricerca nella misura in cui non ci siano rischi che metta in dubbio lo status quo. L'idrogeno come combustibile è un ottimo esempio. E' hi-tech, alla moda, sofisticato, popolare, ecologico e non funziona. Quest'ultima caratteristica assicura che il suo sviluppo non porterà cambiamenti di nessun genere. Assolutamente perfetto per i burocrati che gestiscono il sistema dei contributi alla ricerca.

Pensando a questo, mi sento come il centurione della storia di Kipling, quello che ha dedicato la sua intera vita a difendere il muro di Adriano nell'Inghilterra del nord. I Romani, non sono riusciti a riformare il loro Impero per sopravvivere al declino; sono caduti nella trappola della diminuzione della complessità di ritorno descritta da Tainter. E se i Romani hanno fallito nel riformare il loro Impero, chi siamo noi per pensare di riformare la ricerca? La legge di Tainter è crudele.

Ma se l'idea è di fare ricerca più creativamente, dovremmo pensare creativamente. Circa i problemi dell'Impero romano, ho detto che c'era una sola soluzione e si chiamava “Medioevo”. L'unico modo di salvare l'Impero, inteso come la sua cultura, arte, leggi e tutto ciò che va sotto il nome di “civiltà”, era di spezzarlo. In un certo senso, la soluzione per salvare l'Impero era quella di ucciderlo. Come dice il maestro Zen, “se incontri il Buddha per strada, uccidilo!”

Possiamo pensare a qualcosa di altrettanto drastico per la ricerca? Sì, ciò significherebbe lasciare il mondo angusto dei contributi alla ricerca e trovare nuovi modi per fare una ricerca migliore, più indipendente, più creativa. Andando, in un certo senso, verso un equivalente “Medioevo” inteso come una rottura della vecchia e avara struttura. E, pensateci un attimo, forse ci sono già esempi di questo approccio. Pensate a wikipedia. Non è stata creata da burocrati, è una libera condivisione di informazioni fatta da persone che lavorano gratis. Pensate al “software libero ed open source”, che ha generato il sistema operativo Ubuntu sul quale sto scrivendo questo post. Probabilmente ci sono altri esempi di buon lavoro che può essere fatto non a pagamento. Si dice, dopo tutto, che ”le cose fatte illegalmente sono fatte più efficientemente”.

Ciò non significa che sia illegale fare ricerca scientifica senza che te lo chieda un burocrate, almeno non ancora. Ma penso che alcuni dei migliori lavori scientifici che ho fatto nella mia vita (o forse i meno peggio) li ho fatti fuori dai confini del sistema dei contributi. Un paio di esempi sono i documenti sull'esaurimento delle risorse che io ed i miei colleghi abbiamo recentemente pubblicato (qui e qui). Tutto fatto strettamente a zero budget, ma che importa? La ricerca scientifica riguarda la condivisione, dopo tutto. Penso che dovremmo almeno provare questo approccio.

Col graduale collasso dell'Impero romano, i poeti Romani come Claudio potevano scrivere solo elaborate e vuote lodi a coloro che li pagavano. Ma non era la fine della poesia in Europa. Più o meno nello stesso periodo, le grandi saghe di re Artù o di Sigfrido venivano scritte al di fuori dei confini dell'Impero da poeti sconosciuti che non sapevano nulla delle elaborate regole della poesia latina. La loro energia creativa è stata talmente grande che le loro storie sono state raccontate per millenni dopo di loro e sono ancora conosciute oggi. Quindi, l'energia creativa può sopravvivere ai tempi di declino, e questo, forse, è vero anche per la ricerca scientifica nel nostro tempo.

sabato 10 settembre 2011

La legge di Tainter: dov'è la fisica?



J
L'interpretazione di Joseph A. Tainter sulla causa del crollo delle civiltà è che le strutture sociali generino rendimenti negativi quando diventano troppo complesse; come mostrato sopra (dall'articolo di Tainter del 1996 su dieoff.com). Potremmo chiamare questa correlazione come "legge di Tainter". Ma che cosa è esattamente che genera questo comportamento? In questo post, cercherò di creare un semplice modello che spieghi la legge.

Articolo apparso su "Cassandra's Legacy" il 27 Marzo 2011. Traduzione dall'inglese di Pandemica-mente.


Joseph Tainter ha scritto un’affascinante interpretazione del crollo delle civiltà umane nel suo libro "The Collapse of Complex Societies" (1988) (si veda anche il suo saggio del 1996). Il collasso è un evento comune: è quello di cui sono fatti i libri di storia. I potenti imperi del passato, dai Sumeri all'Unione Sovietica, sono tutti crollati ad un certo punto. Tuttavia, non sembriamo essere in grado di comprendere le ragioni per cui i crolli siano così comuni.

Nel suo libro, Tainter esamina studi precedenti ed elenca almeno undici cause (o "concause") dei collassi che sono state proposte dagli storici. L'esaurimento delle risorse, le catastrofi, gli invasori, il conflitto sociale ed altre ancora. Ma esiste una singola causa del collasso? O ce ne sono diverse? Tainter cerca un'unica, comune radice del problema e la trova in quello che lui chiama "i rendimenti decrescenti della complessità".

Partendo da un concetto ben noto nella teoria economica, quella dei rendimenti decrescenti, Tainter costruisce il suo caso su esempi storici. E' chiaro che numerose società hanno continuato a costruire e gestire strutture complesse e costose, anche in condizioni nelle quali era molto difficile trovare le risorse necessarie. Un esempio è quello delle fortificazioni a protezione dell'Impero Romano d'Occidente, che devono essere state un tale fardello che possiamo considerarle fattori che abbatterono l'Impero. E, in generale, effettivamente vediamo che le società, compresa la nostra, erigono burocrazie complesse ed ipertrofiche che appaiono del tutto inutili; un aumento di complessità che genera solo uno spreco di risorse.

L'idea dei rendimenti decrescenti della complessità appare coerente e ragionevole. Ma, perché le società si comportano in questo modo? Tainter non fornisce una vera spiegazione; su questo punto, sembra seguire la tradizione degli storici di descrivere, anziché interpretare. Ma, se vi capita d’avere un punto di vista più orientato verso la fisica, allora descrivere quello che accade non è più sufficiente. Volete sapere quali siano i meccanismi interni che fan sì che le civiltà evolvano verso una più elevata complessità. Qual è la fisica del collasso?

Vediamo quindi se possiamo costruire un modello di crescita e collasso delle civiltà. Il più semplice che sono riuscito a mettere insieme è il seguente. Si tratta, se volete, di un "modello giocattolo”:


Il modello si basa sulle convenzioni della dinamica dei sistemi. I rettangoli indicano gli stock di qualcosa. Si potrebbe dire che la casella a sinistra contenga i combustibili fossili, mentre il riquadro a destra contenga l’anidride carbonica. La casella centrale contiene tutte le cose di cui è fatta l'economia e che sono create dalla disponibilità di energia proveniente dai combustibili fossili: persone, macchinari, edifici, strutture, come le si chiama.

Lo stock di combustibili fossili è elaborato dall’economia ed infine trasformato in rifiuti, come indicato dalle frecce dal doppio bordo che mostrano la direzione del flusso della materia. Le frecce col bordo singolo indicano come gli importi immagazzinati negli stock influenzano il flusso; che è influenzato anche da due costanti: quanto velocemente l'economia è in grado di estrarre le risorse e quanto velocemente le risorse sono trasformate in rifiuti.

Ci sono alcune ulteriori questioni sul modello: la prima è che si presume che lo stock di risorse sia finito - che sia "non rinnovabile". Si tratta di un'approssimazione, ma è una di quelle buone e non solo per la nostra società. Antiche civiltà erano basate sull'agricoltura, che si suppone sia una risorsa rinnovabile. Ma l'agricoltura non è necessariamente rinnovabile; è più spesso un modo per trasformare terreni fertili in un deserto attraverso l’estrazione di una risorsa non rinnovabile: il terreno fertile.

Infine, si noti anche che il modello presume una relazione di feedback fra le risorse e le dimensioni dell'economia. Vale a dire, più risorse ci sono, più velocemente sono sfruttate e - anche - più grande è l'economia, più velocemente sfrutterà le risorse. Queste ipotesi implicano un "feedback positivo" tra le risorse e l'economia; che è un'ipotesi ragionevole. Una relazione simile vale per i rifiuti e l'economia.

Ora, andiamo avanti e "risolviamo" il modello. Cioè, vediamo come la dimensione degli stock cambiano col passare del tempo. Ecco i risultati (ottenuti col software Vensim per la dinamica dei sistemi):


Come si vede, lo stock di risorse viene esaurito, mentre l'economia cresce. Ad un certo punto, tuttavia, il flusso dallo stock di risorse viene ridotto così tanto che l'economia non può continuare a crescere ed inizia a declinare. Alla fine, tutto lo stock di risorse è stato trasferito allo stock dei "rifiuti".

Si noti che il modello descrive un sistema chiuso in termini di massa. Non vi è alcun flusso di materia da o verso l'esterno. E, in effetti, la massa è conservata nei risultati: la somma della massa contenuta nei tre stock è costante. Ma il sistema scambia energia con l'ambiente circostante. Bruciare combustibili fossili genera calore, che viene disperso all'esterno, così si può presumere che tutte e tre le caselle si mantengano alla stessa temperatura media.

La principale forza dietro alla trasformazione è l'energia potenziale, in questo caso il potenziale chimico dei combustibili fossili. In altre parole, la casella di sinistra (le risorse) ha un potenziale termodinamico superiore alla casella di destra (i rifiuti). Come sappiamo dal secondo principio della termodinamica, la trasformazione avviene con la creazione di entropia. L'economia è una grande macchina per la creazione di entropia - non potrebbe essere altrimenti.

Se vi piace usare il termine "exergia" (la frazione di energia in grado di fare un lavoro utile) si può dire che lo stock dei "rifiuti" contiene molta meno exergia rispetto allo stock delle "risorse"; mentre lo stock "Economia" detiene un contenuto intermedio di exergia. Non esiste una convenzione nella dinamica dei sistemi volta ad esprimere gli stock in termini di exergia. Potrebbe essere preso in considerazione nel modello, ma cerchiamo di non discutere di ciò - manteniamo questo modello un "giocattolo". La cosa importante è capire che cosa lo fa muovere.


Ora, torniamo all'interpretazione di Tainter del collasso. Cosa potremmo prendere come "complessità" nel modello? Non c'è un parametro esplicito che la descriva, ma, in prima approssimazione, la dimensione di un’economia determina la sua complessità. Questa è stata la regola per tutta la storia conosciuta e lo vediamo avvenire pure oggi. Con la crisi economica, alcune strutture che una volta potevamo permetterci - per esempio, l'istruzione di massa, la sanità pubblica - devono ridursi e scomparire. La società perde complessità in tempi di declino e ne guadagna in tempi di crescita.

Così la curva "a campana" che descrive il ciclo dell'economia dovrebbe anche descrivere la sua complessità. Ora, facciamo un ulteriore passo avanti nel quantificare l'intuizione di Tainter. Quale può essere il significato dei "benefici della complessità"? Beh, è chiaro, da ciò che Tainter dice, che il beneficio della complessità ha a che fare con la capacità della società di risolvere problemi. Nel nostro modello giocattolo, l'unico problema per l'economia è quello di produrre il più possibile in termini di risorse. Così possiamo definire i benefici della complessità come proporzionale alla produzione, ossia al tasso di sfruttamento dello stock di risorse naturali.

Ora possiamo ridelineare l’idea di Tainter dai dati del modello, cioè, tracciare la produzione (i "benefici") in funzione della dimensione dell'economia (la "complessità"). Ed il risultato è qualcosa che assomiglia molto alla legge di Tainter! Eccolo qui. (Si noti che, nel grafico completo, la curva è un ciclo intero che va di nuovo a zero alla fine del ciclo):


Per fare un confronto, ecco qui di nuovo il grafico originale di Tainter: i due grafici non sono identici, ma la somiglianza è evidente.


Ora, quello che abbiamo realizzato qui naturalmente è un "modello giocattolo" dell'economia. Quando presento questo tipo di modelli ai convegni, di solito c'è qualcuno tra il pubblico che si alza e dice: "E’ troppo semplice; non è realistico!". L'idea sembra essere che io stia modellizzando le società utilizzando un "modello mucca sferica" - un termine usato per denigrare la tendenza dei fisici a semplificare eccessivamente il loro modello.

Questa è una critica perfettamente comprensibile, ma si può rispondere osservando che i modelli più dettagliati dello stesso genere forniscono risultati simili. Per esempio, il modello "world3 " dello studio "I limiti dello sviluppo" conduce e curve che sono molto simili nella forma a quelle qui riportate.

Ma penso che non sia questo il punto, è possibile creare modelli semplici o dettagliati, dipende da quel che è il loro scopo. Il modello giocattolo qui presentato non è pensato per descrivere come si comportano le società reali. E' pensato per essere "a portata di mente", il ché ci aiuta a comprendere come fattori fisici influenzino il ciclo storico delle civiltà. Evidenzia che le civiltà devono obbedire alle leggi della termodinamica; così come devono sottostare alla legge di gravità.

Alcune conseguenze del modello sono evidenti. Ci dice che, finché basiamo la nostra esistenza su risorse non rinnovabili, saremo costretti in fine ad esaurirle. Ma ci dà anche qualche suggerimento non-ovvio sul percorso che ci accingiamo a seguire in questo ciclo. In particolare, il modello ci dice che probabilmente continueremo ad aumentare le dimensioni e la complessità della nostra società anche con una diminuzione del flusso di risorse all’interno dell’economia. In questo senso, si conferma l'intuizione di Tainter, ma ci dice qualcosa di più; cioè estende la curva di Tainter oltre il limite del grafico mostrato nel suo articolo del 1996. Dice che, dopo la fase di crescente complessità e di riduzione dei rendimenti, la curva si capovolgerà all’indietro e, infine, sia la complessità sia la produzione andranno a zero, mentre l'economia termina il suo ciclo basato su risorse non rinnovabili. Ecco il grafico completo:

 

Ma la questione fondamentale è che, alla fine, la legge di Tainter deriva dalla termodinamica. Come si sa (o si dovrebbe sapere), la termodinamica non è solo una buona idea, è la legge!

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Articolo di Tainter del 1996 "Complessità, Risoluzione dei Problemi e Società Sostenibili"

Un post dei miei sul punto di vista di Tainter in merito al collasso

Un mio articolo sulla modellizzazione dello sfruttamento delle risorse


Questo post è apparso in inglese su "Cassandra's Legacy" il 27 Marzo 2011.

giovedì 8 settembre 2011

Il Picco del Petrolio è Storia Passata

Articolo originale "Peak Oil is History"

Di Dmitry Orlov


01 Settembre 2010 Nota dell'editore: Dmitry Orlov è l'autore di Reinventare il Collasso, basato sulle sue osservazioni dirette del collasso dell'URSS a delle prospettive socio-economici degli Stati Uniti. Il suo nuovo articolo descrive i fattori chiave fisici, sociali, politici ed economici che gli analisti dell'industria energetica dovrebbero tenere in considerazione nel fare previsioni sulla produzione di petrolio in modo che queste abbiano un senso. Il Picco del Petrolio è Storia Passata è in esclusiva su CultureChange.org fino al 1° Novembre. -JL
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La quarta di copertina della prima edizione del mio libro Reinventare il Collasso, mi descriveva come “un eminente teorico del Picco del Petrolio”. Quando lo vidi per la prima volta mi caddero le braccia – e rimasero cadute. Vedete, se scorrete una lista di eminenti teorici del picco del petrolio bona fide, fra i vari Hubbert, Campbell, Laherrer, Heinberg, Simmons e pochi altri degni di menzione, non troverete nessun Orlov. Cerchereste in vano fra gli annali e le conferenze che provengono dalla Associazione per lo Studio del Picco del Petrolio, e non trovereste nessuna traccia del vostro modesto autore. Ma adesso che questo strafalcione è in stampa ed è circolato in tante copie, suppongo di non avere scelta e di dover cercare di vivere secondo le aspettative che questo determina.

A parte la mia qualifica, ora sembra che sia un momento propizio per uscirsene fuori con un nuovo pezzo di teoria del Picco del Petrolio, poiché questo è l'anno in cui, per la prima volta, quasi tutti sono pronti ad ammettere che il Picco del Petrolio è reale, essenzialmente, anche se alcuni non sono proprio pronti a chiamarlo con quel nome. Solo 5 anni fa tutti, dai funzionari di governo ai dirigenti delle compagnie petrolifere, trattavano il Picco del Petrolio come il lavoro di una frangia estremista. Ma ora che il petrolio convenzionale ha raggiunto il picco nel 2005 e la produzione di tutti i combustibili liquidi lo ha raggiunto nel 2008, tutti sono pronti ad ammettere che ci sono problemi seri ad aumentare la fornitura globale di petrolio. E nonostante alcuni si sentano ancora restii nell'usare il termine Picco del Petrolio (e pochi esperti insistano ancora che il picco debba essere indicato come “un plateau ondulato”, che, se non altro, è un aggraziato gioco di parole) le differenze di opinione ora derivano più da un rifiuto di accettare la terminologia di Picco del Petrolio che non dalla sostanza del picco globale della produzione. Questo è, naturalmente, facilmente comprensibile: è scomodo saltare improvvisamente dal gridare “il Picco del Petrolio è una fesseria!” a “il Picco del Petrolio è storia passata” in solo balzo. Certe acrobazie sono sicure solo se ti capita di essere un politico o un economista.

Ora che la materia è stata largamente sistemata, sento che i tempi sono maturi per me per valutare il tema e dichiarare, inequivocabilmente, che il Picco del Petrolio è effettivamente una fesseria: non la parte che riguarda la produzione globale che ha raggiunto un picco di questi tempi e quindi ha cominciato a declinare: quella parte sembra sufficientemente realistica. Nemmeno la parte sulla produzione di petrolio che in ogni provincia diventa limitata dalla geologia e dalla tecnologia una volta che il picco viene raggiunto: quella parte, in condizioni sperimentali progettate in maniera appropriata, sembra essere anch'essa predittiva. Di fatto, il modello di esaurimento è stato confermato dall'esempio degli Stati Uniti continentali meno l' Alaska dal 1970. Ma l'idea che questo stesso modello di esaurimento possa essere applicato al pianeta nel suo complesso, sento che sia qualcosa che debba essere rigettata come completamente fasulla. Per vedere cosa intendo, guardate un tipico grafico del Picco del Petrolio (Figura 1) che mostra la produzione globale di petrolio salire fino ad un picco per poi declinare.
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Osservate che la pendenza verso l'alto ha molte strutture in sé. Ci sono guerre mondiali, depressioni, colassi di imperi, embarghi petroliferi, scoperte di grandi giacimenti, senza nominare i brutti cicli di alti e bassi che sono la rovina delle economie capitalistiche (mentre quelle socialiste, a volte, sono state capaci di collassare con molta più grazia). E' una pendenza aspra, con dirupi e crepacci, affioramenti rocciosi e forti pendenze. Ora guardate la pendenza verso il basso: non è incredibilmente liscia? La sua origine geologica dev'essere completamente diversa da quella della pendenza verso l'alto. Sembra essere composta da una sola morena gigantesca, impilata sull'angolo di riposo vicino al vertice, con qualche allargamento alla base, senza dubbio dovuto all'erosione, con una transizione graduale che sembra essere un piano alluvionale in leggera pendenza, senza dubbio composto da limo da dilavamento, che è poi seguito da un'area perfettamente piatta, che potrebbe essere stata il fondo di un antico oceano. Se salire fino al picco deve aver richiesto tecniche alpinistiche, la pendenza verso il basso sembra che possa essere affrontata in ciabatte da bagno. Uno potrebbe fare capriole per tutta la discesa ed essere sicuro di non colpire niente di tagliente prima di rotolare dolcemente verso una fermata attorno al 2100.

Matematicamente, la pendenza in salita dovrebbe essere caratterizzata da qualche polinomio di ordine superiore, mentre quella in discesa è semplicemente un esponenziale decrescente con solo un po' di rumore statistico. Questo, dovete convenire, è estremamente misterioso: un fenomeno naturale di grande complessità che, solo quando smette forzatamente di crescere, si capovolge e diventa un semplice mucchio di sporcizia.

Dove altro abbiamo osservato questo tipo di semplificazione improvvisa e spontanea di un processo complesso e dinamico? La morte fisica è spesso preceduta da un lento declino, ma prima o poi la maggior parte delle cose vive passa dalla vita alla morte in una brusca transizione. Gli esseri viventi non avvizziscono di continuo per decenni, diventando infine troppo piccoli per essere visibili. Mi piace anche chiamare questo scenario del Picco del Petrolio generico e largamente accettato, lo Scenario Roseo. E' quello in cui la civiltà industriale, al posto di un cambio tempestivo di rotta, si aggrega ad una comunità immaginaria in pensione e passa i suoi anni d'oro avvinta ad una bombola d'ossigeno immaginaria e ad un catetere immaginario.

La cosa veramente strana è che lo Scenario Roseo può essere particolarmente accurato, in circostanze ideali, se applicato a singole nazioni e regioni produttrici di petrolio. Per esempio, supponete che uno dei maggiori produttori di petrolio al mondo, che ha cominciato con più petrolio dell'Arabia Saudita, raggiunga il Picco del Petrolio nel, diciamo, 1970, ma poi tempestivamente abbandoni la conversione aurea del denaro, introduca con l'inganno le sue banconote nel resto del mondo sostenendole con la minaccia della forza, inclusa la possibilità di un attacco nucleare, poi arrivi alla bancarotta. In seguito, dopo diversi decenni, la sua produzione interna di petrolio mostrerebbe in effetti questa meravigliosa curva geologicamente gentile e tecnologicamente forzata - fino al punto della bancarotta nazionale.

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Passato il punto della bancarotta nazionale le circostanze sono destinate a diventare decisamente non ideali, ma le implicazioni di questo restano poco chiare. Potrà questo sfortunato paese essere ancora capace di continuare a prestare denaro a livello internazionale per rendere possibile l'importazione di petrolio sufficiente per mantenere in funzione la propria economia e, se sì, in che termini e per quanto a lungo ancora? Sarebbe bello sapere come finisce questa storia in anticipo, ma sfortunatamente tutto ciò che possiamo fare è aspettare e vedere.

Ma abbiamo un altro esempio (Figura 3) che potrebbe offrirci qualche approfondimento su ciò che intendiamo quando diciamo che le circostanze sono “non ideali”. La nazione che al momento è la maggior produttrice mondiale ha raggiunto il Picco del Petrolio circa nel 1987. La sua sclerotica, geriatrica, ideologicamente retrograda e sistematicamente corrotta dirigenza non è stata capace di afferrare l'importanza di questo fatto, e solo tre anni dopo la nazione ha fatto bancarotta e, poco più tardi, si è dissolta politicamente. In questo caso, il precipitare della produzione di petrolio è diventato il principale indicatore economico della nazione: esso precipitava e di conseguenza il PIL precipitava, quindi la produzione di carbone e gas naturale precipitava e, un decennio più tardi, l'economia è calata del 40%. Dietro questi numeri si nascondeva una precipitosa caduta nell'aspettativa di vita ed un atmosfera pervasiva di disperazione in cui molte vite erano perdute o rovinate.

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Ma finché nessun fattore caotico interno, esterno o politico interferisce con la curva dell'esaurimento naturale, le previsioni del dopo-Picco dalla teoria del Picco del Petrolio sembrano reggere. (Quando dico “circostanze ideali”, suppongo che io debba intendere circostanze che siano ideali dal punto di vista delle senzienti, sebbene irrazionali, molecole di idrocarburi, il cui desiderio è quello di essere pompate fuori dal terreno e bruciate il più rapidamente ed efficientemente possibile, perché non è chiaro chi altro ne benefici alla fine, ma non sottilizziamo).

Siccome il problema di non avere abbastanza petrolio per andarsene in giro è conosciuto come la causa di brutti problemi politici ed economici e siccome questo è esattamente il problema che ci dovremmo aspettare di incontrare presto dopo il raggiungimento del Picco del Petrolio mondiale, l'assunzione di base sulla quale le predizioni della teoria del Picco del Petrolio per la produzione mondiale si basano, non sono realistiche. Gli specialisti che sono nella posizione di poter predire il Picco del petrolio non sono in grado di valutare i suoi effetti politici ed economici, così tutto quello che possono fare è prospettare lo Scenario Roseo come limite massimo. Tuttavia, questo ammonimento non è precisato chiaramente come dovrebbe. Il risultato è che dovremmo anche lavorare su una teoria che predica che, una volta raggiunto il Picco, i deliziosi cioccolatini petits fours si prepareranno da soli nel forno e voleranno nelle nostre bocche su sottilissime e prelibate ali di marzapane.

La spiegazione basata sulla teoria del Picco del Petrolio è che mentre la salita è economicamente forzata, la discesa è solo forzata dalla geologia dell'esaurimento delle riserve petrolifere e dalla tecnologia estrattiva del petrolio, che è soggetta ai limiti della termodinamica e non si può implementare per sempre senza incontrare ritorni dapprima in diminuzione e poi negativi. Mentre la fornitura di petrolio sta crescendo, la domanda fluttua, come risulta da molti alti e bassi nella produzione sovrapposta alla generale tendenza al rialzo quando la produzione prova a soddisfare la domanda. Ma dal lato in discesa, la domanda eccede permanentemente la fornitura e così ogni barile di petrolio che può essere prodotto ad ogni momento, verrà prodotto.

Quando l'estrapolazione delle conseguenze della produzione locale di petrolio declina verso il Picco del Petrolio globale, l'assunto non dichiarato è che l'economia globale continuerà a funzionare con una scorrevolezza inquietante al livello della domanda che può essere soddisfatta, mentre la domanda non soddisfatta sarà lavata via nello scarico da una forte e stabile corrente di nonsense economico e politico. Tutto questo risolverà sé stesso spontaneamente con i partecipanti al mercato razionale che rispondono ai segnali dei prezzi e decidono ad ogni istante cosa potrebbero fare:

A. continuare a consumare petrolio nella maniera in cui sono abituati, oppure

B. allontanarsi quietamente e morire senza richiamare l'attenzione su sé stessi e senza fare chiasso

Dove altro abbiamo visto una tale perfetta organizzazione in situazioni in cui un bene fondamentale come, per dire, il cibo o l'acqua potabile, diventa criticamente scarso? Da qualche parte? Davvero da qualche parte?

E suppongo che un'ulteriore e non dichiarata assunzione sia che una economia in contrazione (quella che con tutta questa domanda insoddisfatta e conseguente attrito tra i partecipanti al mercato) possa funzionare quanto una in crescita, senza soffrire un collasso finanziario. Strumenti finanziari speciali chiamati “credit-default swaps” possono essere usati come barriera contro l'aumento del rischio di controparte dalle tue controparti che muoiono a frotte dalle ferite autoinflitte, sebbene dopo un po' questi strumenti potrebbero diventare un po' troppo cari.

Ma non credo che molto di tutto ciò può essere fatto per le proiezioni della crescita economica sfornata in ogni singolo piano finanziario ad ogni livello. Una volta che questi si rivelano infondati tutta la piramide del debito verrà a crollare. E siccome una valuta piatta (come il dollaro americano) è composta da debito – credito anticipato basato sulla promessa di crescita futura – non è chiaro come e con cosa il petrolio rimanente continuerà ad essere acquistato. La fine della crescita è imponderabile; comincia a parlarne e vedrai che improvvisamente tutti decidono che è ora di pranzo e cominciano ad ordinare da bere. Almeno i francesi hanno una parola specifica per questo:
decroissance (letteralmente “decrescita”); qui nel mondo anglosassone tutto ciò che possiamo fare è borbottare “double-dips”. Forse Geithner e Bernanke possono venir fuori con una danza per illustrarla.

Guardiamola in un altro modo. Come ho accennato, la teoria del Picco del Petrolio è stata molto buona nel predire il profilo dell'esaurimento di alcune nazioni e provincie prospere. Ma queste previsioni diventano senza senso se estrapolate dal mondo nel suo complesso, per una ragione molto ovvia: il mondo non può importare petrolio. Lasciatemelo dire ancora, questa volta come titolo, centrato e in grassetto per enfatizzare il significato di questa affermazione:

Il pianeta terra non può importare Petrolio

Di fronte all'insufficiente produzione nazionale di petrolio, un paese industrializzato non ha che due scelte:

1. Importare petrolio

2. Collassare

Ma di fronte all'insufficiente produzione globale di petrolio, un pianeta industrializzato ha solo una scelta: la seconda.

Qualcuno potrebbe contestare che c'è una terza scelta: cominciare ad usare meno petrolio subito. Tuttavia, in pratica questo si rivela essere equivalente alla seconda scelta. Utilizzare meno petrolio consiste nel fare qualche cambiamento radicale, spesso tecnologicamente impegnativo, politicamente impopolare e quindi costoso e che richiede tempo. Questi cambiamenti potrebbero essere tecnologicamente avanzati (e non realistici), come rimpiazzare l'attuale flotta di veicoli a motore con veicoli alimentati a batteria ed un gran numero di centrali nucleari per ricaricarne le batterie, oppure semplice (e molto realistico) come muoversi verso luoghi che siano a distanze percorribili a piedi o in bicicletta dal tuo lavoro, coltivare gran parte del tuo cibo in un orto e allevarlo in un pollaio e così via. 

Ma qualsiasi cosa siano questi passi, tutti richiedono una certa dose di preparazione e spesa ed un tempo di crisi (come quello in cui gli approvvigionamenti di petrolio si assottigliano improvvisamente) è notoriamente un periodo difficile per lanciarsi in attività di pianificazione a lungo termine. Quando una crisi arriva, o una nazione si è già preparata più che ha potuto o voluto (ritardando così l'inizio del collasso), o non lo ha fatto, anticipando la crisi e rendendola più dura. Lo spesso citato Rapporto Hirsch afferma che potrebbero servire 20 anni per prepararsi al Picco del Petrolio in modo da evitare una dura e prolungata scarsità di carburanti per il trasporto, e così, dato che il picco è stato nel 2005, ci rimangono meno di 5 anni per le sciocchezze prima di dover cominciare a prepararsi. Secondo Hirsch et al., abbiamo già fallito la preparazione.

Alcuni potrebbero anche chiedersi perché una carenza di petrolio dovrebbe automaticamente far scattare un collasso. Si palesa il fatto che, in una economia industrializzata, ad un calo dei consumi di petrolio corrisponde un generale calo proporzionale dell'attività economica. Il petrolio è la materia prima usata per produrre la stragrande maggioranza combustibili per il trasporto – che sono usati per spostare i prodotti e offrire servizi attraverso l'economia. Negli Stati Uniti in particolare c'è una correlazione molto forte fra il PIL e i chilometri percorsi dai veicoli a motore. Così, si può dire che l'economia statunitense corre sul petrolio, in un modo piuttosto diretto ed immediato: meno petrolio implica un'economia più piccola. A che punto l'economia si contrae così tanto da non essere più in grado di conservare i requisisti per sostenersi? Per continuare a funzionare, ogni sorta di infrastruttura, impianto ed apparecchiatura dev'essere mantenuta e rimpiazzata in modo tempestivo, o smette di funzionare. Una volta raggiunto questo punto, l'attività economica diventa forzata non solo dalla disponibilità di carburanti per il trasporto, ma anche dalla disponibilità di equipaggiamenti funzionanti. Ad un certo punto l'economia si contrae al punto da invalidare i presupposti finanziari sui quali è basata, rendendo impossibile continuare ad importare petrolio a credito. Una volta raggiunto quel punto, la quantità di combustibili per il trasporto non è limitata solo dalla disponibilità di petrolio, ma anche forzata dall'impossibilità di finanziare le importazioni di petrolio.

La carenza iniziale dei combustibili per il trasporto non deve essere grande per attivare questi eventi a cascata, perché anche una piccola carenza attiva un certo numero di cicli di feedback economicamente distruttivi. Molto carburante viene sprecato dal funzionamento in linea al minimo nelle poche stazioni di servizio che rimangono aperte. Più carburante viene sprecato dal rabbocco mantenendo così il serbatoio sempre il più pieno possibile, non sapendo quando e dove lo si potrà riempire di nuovo. Ancora di più ne scompare dal mercato perché la gente se lo accaparra mettendolo in taniche e contenitori di fortuna. Mentre le carenze si trascinano e si diffondono, il combustibile viene accaparrato e si sviluppa un apposito mercato nero: il carburante deviato dai canali ufficiali e sottratto dai serbatoi diviene disponibile sul mercato nero a prezzi gonfiati. E così anche l'effetto di una carenza iniziale minore può facilmente ingrandirsi e trasformarsi in una rottura economica sufficiente per spingere l'economia oltre soglie economiche e finanziarie e verso il collasso.

Se a questo punto cominciate a sentirvi abbattuti, sono spiacente di dover dire questo, ma c'è dell'altro, molto altro da considerare. Lo Scenario Rosy del Picco del Petrolio potrebbe sembrare bello, ma anche una rosa ha le sue spine. E c'è un mucchio di altre questioni che necessitano di considerazione e di cui tenere conto all'interno di una visione unica ed integrata.

Primo; il profilo della produzione globale dello scenario post-picco Roseo è basato su numeri che sono stati sopravvalutati. La maggior parte del petrolio rimasto è in Medio Oriente, nei paesi dell'OPEC, e quelle nazioni hanno sopravvalutato le loro riserve di parecchio durante la “guerra delle quote” negli anni 80. Mentre altri membri dell'OPEC rimestavano con imbarazzo numeri fasulli che sembravano vagamente reali, Saddam Hussein, che era sempre parte del teatrino, arrotondava le riserve irachene fino alla cifra tonda di 100 miliardi di barili, Così le riserve dell'OPEC risultavano gonfiate di grandi quantità – almeno un terzo come minimo. E l'OPEC non è la sola ad aver sovrastimato i numeri delle proprie riserve. Le compagnie energetiche negli Stati uniti fanno lo stesso gioco per far piacere a Wall Street. Mettete via le vostre ciabatte da piscina; per avere a che fare con la pendenza discendente del Picco del Petrolio avrete bisogno di un buon equipaggiamento da alpinista.

Secondo; c'è un fenomeno chiamato Effetto dell'Esportazione: le nazioni esportatrici di petrolio, quando la loro produzione comincia a vacillare, hanno una forte tendenza a tagliare le esportazioni prima di tagliare i consumi interni. Per la verità, ci sono delle nazioni che hanno alienato la propria sovranità alle compagnie energetiche internazionali ed hanno perso il controllo sulle loro politiche di esportazione. Ci sono anche alcuni regimi dispotici che affamano i loro consumatori interni per continuare a guadagnare dalle entrate dell'export necessari per alimentare il regime. Ma la maggior parte delle nazioni esporteranno solo il loro surplus di produzione. Questo significa che diventerà impossibile importare petrolio internazionalmente molto prima che i pozzi si asciughino, lasciando le nazioni importatrici di petrolio fuori al freddo. Così, se vivete in una nazione che importa petrolio e pensavate di poter venire a patti con la pendenza discendente del Picco del Petrolio coi vostri scarponcini da escursione, metteteli via. Avete bisogno di un paracadute.

Terzo; sebbene le quantità di petrolio prodotte nel mondo erano in crescita fino al 2005, le quantità dei prodotti basati sul petrolio (benzina, gasolio, ecc.) consegnati ai loro punti di utilizzo hanno raggiunto il picco anni prima, in termini di energia derivata utilizzabile. Questo perché sempre più energia è richiesta per tirare fuori un barile di petrolio dalla terra e per raffinarlo. Le forniture di petrolio greggio hanno avuto la tendenza a diventare più difficili da estrarre, più pesanti e più cariche di zolfo, più la richiesta di maggiore benzina (al contrario di distillati o di combustibili) con meno piombo per aumentare gli ottani, ha aumentato lo spreco di energia. L'Energy Returned on Energy Invested - EROEI – (Ritorno di energia da energia investita) è passato da un rapporto 100:1 all'alba dell'era del petrolio, quando dei ragazzi dalla schiena forte potevano scavare un pozzo di petrolio con pale e picconi, ad un rapporto di 10:1, ora che la produzione del petrolio richiede piattaforme marine di alta profondità (che a volte esplodono ed avvelenano interi ecosistemi), perforazioni orizzontali e tecniche di fratturazione, recuperi secondari e terziari che utilizzano acqua e iniezioni di azoto, impianti di separazione petrolio/acqua ed ogni sorta di altra complessità tecnica che consuma sempre di più quell'energia che produce. Mentre l'EROEI diminuisce da 10:1 verso 1:1 l'industria del petrolio pare rassomigliare ad una obesa ma affamata balia che succhia voracemente il proprio seno vicino alla culla di un bambino affamato. Ad un certo punto non sarà più possibile economicamente consegnare il gasolio o la benzina ad una stazione di servizio. Quando questo accada è incerto, ma ci sono alcune indicazioni che 3:1 sia il minimo EROEI che l'industria petrolifera richieda in modo da potersi sostenere. L'effetto dell'EROEI che decresce è quello di rendere la pendenza gentile dello Scenario Roseo molto più ripida. La pendenza non sembra più un monticello di ciottoli, ma più un flusso di lava che scende verso il mare e che si solidifica fra nuvole di vapore. Potrebbe essere rimasta tantissima energia, ma gran parte di essa andrà nel dimenticatoio e non sarete in grado di avvicinarvici abbastanza da arrostire le vostri frittelle. 
 
Quarto; dobbiamo considerare il fatto che la nostra industria petrolifera globale è altamente integrata. Se avete bisogno di qualcosa di speciale per le vostre operazioni di perforazione, c'è la possibilità che possa essere fornite solo da una o due compagnie multinazionali. È probabile che questa azienda abbia alcune operazioni molto importanti ed altamente tecniche in una nazione che per caso è importatrice di petrolio. 

Il significato di tutto questo diventa chiaro quando si considera cosa accade alle operazioni di questa compagnia quando l'Effetto di Esportazione comincia a farsi sentire. Supponete di essere una compagnia petrolifera nazionale in una nazione ricca di petrolio che abbia ancora abbastanza petrolio per il consumo interno, sebbene fosse stata recentemente forzata a liquidare tutti i suoi clienti internazionali. I vostri giacimenti di petrolio sono enormi ma vecchi e potete tenerli in produzione solo continuando a perforare nuovi pozzi orizzontali appena sopra il sempre crescente livello dell'acqua e mantenere la pressione dei pozzi iniettando acqua di mare sotto. Se fermate o anche mettete in pausa questa attività, il vostro petrolio, alla sommità del pozzo, cambierà rapidamente nella composizione da petrolio leggermente acquoso ad acqua leggermente oleosa, che potreste anche ributtare sottoterra. E ora esce fuori che l'apparecchiatura di cui hai bisogno per continuare a perforare pozzi in orizzontale provenga da una di queste sfortunate nazioni che è solita importare il tuo petrolio, ma che ora non può, ed i tecnici che costruivano la tua apparecchiatura hanno smesso di cercare il petrolio sufficiente per guidare fino al loro posto di lavoro ed ora stanno zappando i loro cortili urbani per coltivare patate. In poco tempo, le operazioni di perforazione si troveranno a corto di ricambi, la vostra produzione di petrolio collassa e la maggior parte delle vostre riserve rimaste saranno lasciate sottoterra, contribuendo ad una importante categoria: riserve che non saranno mai estratte. 
 
Quando questi 4 fattori sono presi in considerazione insieme, diventa difficile immaginare che la produzione mondiale di petrolio possa scendere giù gentilmente dalle altezze elevate in una curva liscia e continua che copre decenni. Piuttosto, il quadro che si presenta è quello di graduali declini che succedono in molti luoghi e, infine, che comprendono l'intero pianeta. Chiunque voi siate e ovunque vi troviate, verosimilmente ne farete esperienza come un processo in tre stadi:

Stadio 1: avete il vostro attuale accesso ai combustibili per trasporto ed ai servizi

Stadio 2: vedrete severamente limitato il vostro accesso ai combustibili per trasporto ed ai servizi

Stadio 3: non avrete alcun accesso ai combustibili da trasporto e restrizioni severe alle opzioni di trasporto.

Quanto possa durare il secondo stadio varierà da un posto all'altro. Alcuni posti potrebbero passare direttamente allo stadio 3: le autocisterne di benzina smettono di passare dalla vostra città, tutte le stazioni di servizio locali chiuse e questo è quanto. In altri posti, un fiorente mercato nero potrebbe garantirvi un qualche accesso alla benzina per qualche anno in più a prezzi che favoriranno alcuni usi, come far girare un generatore di corrente in un pronto soccorso. Ma la vostra capacità di far fronte allo stadio 2 e di sopravvivere al 3 sarà determinata largamente dalla preparazione e dai cambiamenti che siete in grado di fare durante lo stadio 1.

Ci si dovrebbe aspettare che la stragrande maggioranza della gente non avrà fatto nulla per prepararsi, rimanendo pressoché inconsapevoli che questo è qualcosa che avrebbero dovuto fare. Ci si aspetta che poche persone facciano piccoli passi in una direzione sensibile, tipo installare una stufa a legna, isolare termicamente la propria casa o in una direzione apparentemente sensata, ma alla fine inutile, come investire il proprio denaro in una nuova auto ibrida o sprecando la propria energia tentando di fondare un nuovo partito politico o di influenzarne uno di quelli esistenti. Alcuni si compreranno una fattoria, la equipaggeranno per sopravvivere fuori dalla rete, cominceranno a coltivare tutto il loro cibo (forse trasportandone il surplus deperibile in un vicino mercato di produttori con la bici, col carretto o via barca) e faranno scuola in casa ai loro figli enfatizzando i classici e l'agricoltura, l'allevamento di animali ed altre conoscenze perennemente utili. Alcuni vorranno fuggire in un luogo dove i trasporti sono già scarsi e dove un motorino è considerato un dispositivo salva fatica, per il tuo somaro o per il tuo cammello.

Sfortunatamente è dura prevedere quali cambiamenti ed adattamenti avranno successo e quali falliranno, perché molto dipende dalle circostanze, che sono sicuramente imprevedibili e variano da luogo a luogo e da persona a persona. L'incertezza è semplicemente troppo grande. Ma c'è una cosa di cui possiamo essere sicuri: lo Scenario Rosy del Picco del Petrolio, che progetta un lungo e graduale declino della produzione globale di petrolio, è una fesseria. Sapere questo fatto potrebbe determinare un senso di urgenza. Se useremo questo senso di urgenza stupidamente o saggiamente dipende da noi ed il nostro successo potrebbe essere questione di fortuna, ma avere un senso d'urgenza non è tutto male. Se ci volessimo preparare, più verosimilmente noi avremmo pochi mesi, potremmo avere qualche anno, ma di certo non abbiamo alcuni decenni. Anche coloro che vorrebbero far credere il contrario, prima considerino le questioni che ho sollevato in questo articolo.
 
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Questo articolo è un'esclusiva di CultureChange.org per due mesi. Non può essere ripubblicato fino al 1° Novembre 2010 ed anche in questo caso solo con attribuzione, notifica ed un link all'articolo completo su CultureChange o su ClubOrlov. Nel frattempo sono permesse citazioni fino a 50 parole. Dmitry Orlov ha pubblicato molti articoli su Culture Change che possono essere ripubblicati con attribuzione e notifica. Il suo sito web è cluborlov.blogspot.com.

Ulteriori letture:

La curva post picco a elle del collasso petrolifero è spiegata in contrasto con la curva di Hubbert e quella a gradini del declino post-picco di John Michael Greer nel nostro Our Post-Peak Oil Future, Con tre grafici semplici di Baylocalize.org, creati da Aaron Lehmer e Jan Lundberg nel Settembre 2009.

Traduzione a cura di Massimiliano Rupalti

domenica 4 settembre 2011

Effetto Seneca: perchè il declino è più rapido della crescita


"Sarebbe una consolazione per la nostra debolezza e per i nostribeni se tutto andasse in rovina con la stessa lentezza con cui si produce e, invece,l'incremento è graduale, la rovina precipitosa.”
Lucio Anneo Seneca, Lettera a Lucilius, n. 91

Da "Cassandra's Legacy", Traduzione di Andrea Schenone e Massimiliano Rupalti



Non vi capita mai, di tanto in tanto, di trovare qualcosa che sembra avere molto senso ma non sapete dire esattamente perché? Per lungo tempo ho avuto in mente l'idea che quando le cose cominciano ad andar male, vanno male alla svelta. Potremmo chiamare questa tendenza “Effetto Seneca” o il “dirupo di Seneca”, dallo scritto di Lucio Anneo Seneca che scrisse che “l'incremento è graduale, la rovina precipitosa”.

Potrebbe essere che è proprio il dirupo di Seneca quello che stiamo affrontando ora? Se fosse così, saremmo davvero nei guai. Con il picco della produzione di petrolio arrivato (o vicino) è dura pensare che vedremo un dolce pendio in discesa dell'economia. Piuttosto, potremmo vedere un declino così rapido che potremo chiamarlo solamente “collasso”. I sintomi ci sono tutti, ma come provare che questo è quello che realmente ci aspetta? Non è abbastanza citare un filosofo romano vissuto duemila anni fa. Abbiamo bisogno di capire quali fattori potrebbero condurci a cadere più velocemente di quanto siamo cresciuti fino ad ora. Per questo, abbiamo bisogno di elaborare un modello e vedere come i vari elementi del sistema economico potrebbero interagire fra loro per generare il collasso.

Ho lavorato su questa idea per un bel po' e adesso penso di poter realizzare un modello del genere. Questo è ciò di cui tratterà il resto di questo post. Vedremo che un dirupo di Seneca può effettivamente essere parte del nostro futuro se continuiamo ad agire come abbiamo agito finora (e probabilmente lo faremo). Ma entriamo nei dettagli.


Modelli di crescita e declino

Il paradigma di tutti i modelli di crescita e declino è il modello di Hubbert. Qui è come apparve la prima volta in un saggio pubblicato da Marion King Hubbert nel 1956 dove mostrava le sue previsioni per il petrolio greggio nei 48 stati più meridionali degli Stati Uniti.


Se siete interessati a questo argomento, probabilmente avrete visto questa figura molte volte e saprete anche che funziona bene come predizione. La produzione di petrolio negli Stati Uniti raggiunse il picco quando Hubbert disse che lo avrebbe fatto, nel 1970. Il modello di Hubbert è mostrato qui perché è una buona descrizione di molti casi storici di regioni produttrici di petrolio, come riportato, per esempio da Adam Brandt nel suo saggio del 2007 "Testing Hubbert". Funziona non solo per il petrolio, ma anche per altre risorse minerali e per risorse biologiche lentamente rinnovabili come le balene (Bardi, 2007).

Possiamo prendere il modello di Hubbert come primo passo per la descrizione di un sistema economico basato sullo sfruttamento di risorse non rinnovabili. L'idea che c'è sotto il modello è che lo sfruttamento comincia con le risorse a più alto ritorno economico. Poi, l'esaurimento lentamente forza l'industria a spostarsi verso ritorni minori. I profitti crollano e la capacità dell'industria di investire in nuove estrazioni crollano di conseguenza. Questo rallenta la crescita e, alla fine, causa il declino della produzione (Bardi et al., 2010). Quindi è un modello molto generale che è in grado di descrivere non solo casi locali ma l'intera civiltà. La maggior parte delle civiltà agricole del passato erano basate su risorse esauribili e suolo fertile come ho scritto in un mio post nel 2009.

Tuttavia, il modello di Hubbert non genera l'effetto Seneca. Non solo la curva di produzione è normalmente ritenuta simmetrica, ma ci sono diversi casi storici nei quali è inclinata all'indiero; qualcosa che si potrebbe chiamare l'effetto “Anti-Seneca”. La prevalenza di questi casi nella produzione di petrolio portò Brandt (2007) a sostenere che (p. 27) ".... non esistono prove nei dati storici che i tassi di declino siano generalmente più evidenti dei tassi di crescita. Questo dovrebbe essere preso come una buona notizia per coloro che sono preoccupati da un veloce declino della produzione che causerebbe un'ulteriore rottura oltre a quella già anticipata per la transizione dal petrolio convenzionale ai sostituti del petrolio convenzionale”.

Bene, ma c'è un problema. I risultati riportati da Brandt sono tutti riferiti a casi regionali e non potrebbe essere altrimenti. Ma in un caso regionale, quando i costi di estrazione aumentano gli operatori si spostano semplicemente dove i costi sono più bassi. Cosa accade quando non ci sono nuove regioni verso cui spostarsi? Ovvero, cosa accade quando esaminiamo l'andamento globale? Si smette semplicemente di estrarre come implicitamente postulato nel modello di Hubbert o si prova a farlo più intensamente? E nel secondo caso, cosa succede?

Naturalmente, non abbiamo dati storici riferiti al ciclo completo della produzione di petrolio di tutto il mondo. Ma esistono modelli che sono più sofisticati di quello di Hubbert e che possono dirci di più sugli andamenti globali. Uno di questi è “World3”, il modello usato nello studio “I Limiti dello Sviluppo”, originariamente pubblicato nel 1972. Il modello è basato su ipotesi non dissimili da quelle che stanno alla base del modello di Hubbert (Vedete questo mio post dove confronto i due modelli), ma considera l'economia mondiale nel suo complesso. Qui sotto abbiamo i risultati per lo scenario “caso base” della versione del 2004.




Qui, vediamo chiaramente che le curve della produzione di cibo e della produzione industriale sono inclinate in avanti. E' l'effetto Seneca; qualcosa che sembra essere una tendenza generale di questi modelli. Per una visione ancora più chiara di questa tendenza, ecco un grafico proveniente dalla copertina principale dell'edizione del 2004 de “I Limiti dello Sviluppo”.





Ora, cos'è che crea l'effetto Seneca in un modello complesso come “World3” ma non in uno più semplice come quello di Hubbert? Per poter comprendere questo punto, proverò ora a costruire modelli del mondo semplici (“a portata di mente”) per vedere quali parametri siano la causa delle curve che pendono in avanti. Vedremo che l'asimmetria è causata principalmente da un fattore che possiamo chiamare “inquinamento”.


Modelli del mondo a portata di mente (Mind sized)


"Mind Sized" è un termine inventato da Seymour Papert nel suo libro “Mind Storms” (Tempeste Mentali, 1980). L'idea è che, per convincersi che un certo fenomeno sia reale, o che potrebbe realmente accadere, c'è bisogno di capire cosa lo rende reale. A questo scopo, il modello deve essere abbastanza semplice da permettere che ce ne si possa fare una ragione all'interno delle nostre menti. Questo era uno dei problemi dello studio “I Limiti dello Sviluppo” nel 1972; il modello era così complesso che la gente tendeva a non credere ai suoi risultati, principalmente perché non capiva come funzionasse il modello, come analizzo nel mio libro su questo argomento (Bardi 2011). Così, vediamo se possiamo realizzare dei modelli del mondo a portata di mente, cercando di esplicitare le loro relazioni con la termodinamica. Questo era il nocciolo della conferenza che ho tenuto in Spagna quest'anno, Entropia, Picco del Petrolio e Filosofia Stoica.

Per costruire questi modelli, userò la “dinamica dei sistemi” (System dynamics), lo stesso metodo usato per lo studio de “I Limiti dello Sviluppo”. E' un metodo di simulazione basato sulla descrizione di sistemi composti come “riserve” collegate l'una con l'altra da “flussi” e controllate da “valvole”. L'esempio classico di questo tipo di sistemi è quello della vasca da bagno. La vasca è la riserva; la possiamo riempire per mezzo di un flusso d'acqua oppure la possiamo svuotare lasciando fuoriuscire l'acqua da dentro. E' chiamato “dinamica della vasca da bagno” ad è possibile leggere un bel saggio su questo tema di Linda Sweeney e John Sterman. Non dovrebbe essere necessario dire che una vasca da bagno deve obbedire alle leggi della fisica, ma a volte lo è. Bisogna ricordare che la massa dev'essere conservata in modo da capire come una vasca si riempia o si svuoti. Più in generale, l'energia deve essere conservata – questa è la prima legge della termodinamica. Bisogna anche ricordare la seconda legge della termodinamica che dice che qualsiasi cosa accada spontaneamente, l'entropia deve aumentare. In definitiva, il fatto che l'acqua fuoriesca dallo scarico di una vasca da bagno ha a che vedere con l'aumento dell'entropia dell'universo.

Così, proviamo a fare un modello semplice e a portata di mente che descriva come un sistema economico sfrutta una risorsa non rinnovabile. Cominciamo con una riserva che chiamiamo “Risorse”. Assumiamo che sia una riserva di energia sulla base dell'idea che l'energia può essere trasformata in altri tipi di risorse (come i metalli) ma non il contrario. La risorsa potrebbe essere, per esempio, “petrolio greggio”, che è la risorsa principale sulla quale si basa la nostra civiltà. Poi, abbiamo un altro contenitore che chiamiamo “Capitale” che rappresenta l'energia stoccata in forme utilizzabili. Potremmo dire che questa riserva è una sezione dell'economia; chiamarla “l'industria del petrolio” o che rappresenta un'intera civiltà. Poi disegniamo i flussi di energia dalla riserva di risorse alla riserva di capitale ed alle dissipazioni sotto forma di calore a bassa temperatura, come prevede la seconda legge della termodinamica. Ed ecco il modello.



Questo è lo stesso modello che ho mostrato in post precedenti (per esempio qui,) ma qui l'ho girato di 90 gradi in modo da enfatizzare il fatto che l'energia va "verso il basso" da potenziali termodinamici più alti verso potenziali termodinamici più bassi, proprio come fa l'acqua in una vasca da bagno o in una fontana. A differenza del caso di una fontana o una vasca da bagno, qui il flusso è governato dal feedback; le risorse si trasformano in capitale in proporzione all'ammontare sia delle risorse sia del capitale. Notate anche che la risorsa decade in parte senza produrre niente (Rate3). Questo è dovuto all'inefficienza del processo produttivo, immaginatevi come esempio le perdite di petrolio nel mare o il gas naturale bruciato alla bocca del pozzo.

Come vedete, la curva di produzione (Rate1 nella figura) è a campana e simmetrica. Infatti, questo modello è equivalente a quello di Hubbert (Bardi and Lavacchi 2009).Il problema è che potete giocherellare quanto volete con il modello, cambiando i valori delle tre costanti; ma le curve non mostreranno l'effetto Seneca; ovvero, la discesa non sarà più veloce della salita. Allora, ci manca qualcosa?


Sembra che, in effetti, ci manchi un elemento che, invece, è presente nei modelli di mondo dello studio "I limiti dello sviluppo". Ciò che ci manca è l'inquinamento o, per meglio dire, gli effetti dell'inquinamento. Nel modello semplice descritto sopra, l'energia degradata è dissipata nello spazio in modo innocuo: non ha alcun effetto sugli altri elementi del modello. Ma sappiamo che, nel mondo reale, questo non è vero. L'inquinamento ha un costo: devono essere spesi denaro e risorse per combatterlo, sia esso l'avvelenamento delle acque o dell'aria o siano effetti come il riscaldamento globale.

Al fine di simulare gli effetti dell'inquinamento, possiamo definirlo come un terzo blocco che drena energia dal capitale sociale in proporzione alle dimensioni sia del capitale sia della quantità di inquinamento. Si noti che, poiché ci sono diverse costanti, ho raggruppato con il nome di "l" (dal termine “loss" (perdita in inglese)), quelle che vanno direttamente da un blocco allo spazio esterno (l1, l2, l3). Ho usato la lettera "k" per i flussi che vanno da un blocco all'altro. Ecco il modello. Vi sto mostrando un esempio di output in cui ho scelto i parametriche mettono in risalto l'effetto Seneca.


I parametri per questo esempio sono k1=0.03. k2=0.3, l1=0, l2=0.01, l3=0.015, Risorse (t0)=1, Capitale(t0) =0.001, Inquinamento(t0)=0.001

Questa è la curva della produzione, per un altro esempio.


Quindi, il modello può generare una curva di produzione di “tipo Seneca” che mostra chiaramente il "dirupo di Seneca". Sale lentamente, poi crolla rapidamente. Come dice Seneca, "la via verso la rovina è rapida."

Ora, possiamo dire a parole ciò che genera il dirupo Seneca? Sì, possiamo. Funziona in questo modo: in primo luogo, considerate che l'effetto dell'inquinamento è quello di drenare capitale economico. In secondo luogo, considerate che il blocco dell'inquinamento cresce alimentandosi dal blocco dell'economia - quindi deve aspettare che l'economia sia cresciuta prima che possa crescere. E' questo ritardo che causa un aumento della quantità di energia sottratta all'economia quando il processo va avanti. Poiché la dimensione della riserva dell'economia determina il tasso di produzione, vediamo anche che il parametro scende rapidamente dopo il picco. Questa è l'essenza dell'effetto Seneca.

Vediamo ora più in profondità il modello. Che cosa è esattamente questo "inquinamento" che causa così tanti problemi? E' quello che gli autori di "I limiti dello sviluppo" chiamarono "inquinamento persistente" per mostrare che si tratta di qualcosa di diverso dalla radiazione infrarossa che scompare innocua nello spazio. E' un concetto molto generale che comprende tutto ciò che è generato dal capitale e sottrarrà risorse dal capitale. Il disastro di Fukushima è un buon esempio di inquinamento che torna a colpire l'industria che lo ha prodotto. Potrebbe essere l'avvelenamento dell'aria o dell'acqua. Potrebbe essere il riscaldamento globale e potrebbero essere anche delle guerre. Le guerre sono grandi produttrici di inquinamento e una guerra nucleare produrrebbe un effetto di Seneca quasi istantaneo.

Ora che abbiamo capito come funziona il modello, possiamo tornare allo studio di Brandt e spiegare perché nella maggior parte dei casi storici le curve di produzione di petrolio sono simmetriche o mostrano forme "anti-Seneca". Abbiamo detto che l'effetto Seneca è generato dall'inquinamento; quindi, questo risultato significa che l'estrazione del petrolio non produce inquinamento? Niente affatto, naturalmente. Significa solo che coloro che estraggono il petrolio non devono pagare per l'inquinamento che producono. Per fare un esempio pratico, nel caso di estrazione del petrolio dai 48 stati meridionali degli USA, l'inquinamento persistente ha soprattutto preso la forma di CO2 e altri gas ad effetto serra aggiunti l'atmosfera. Questo è un fattore che non ci ha ancora colpito, ma, alla fine, qualcuno dovrà pagare per i danni fatti sotto forma di riscaldamento globale. Quando arriverà il conto - e sta arrivando il momento - potremmo scoprire che è più costoso di quello che possiamo permetterci di pagare.

Potrebbe il progresso tecnologico salvarci dal dirupo Seneca? Beh, non automaticamente. In realtà, potrebbe rendere la discesa più ripida! Un modo per simulare la tecnologia è di assumere che le costanti nel modello non siano costanti, ma che varino con il procedere del ciclo. Per esempio, un aumento del valore della costante "k1" corrisponde ai miglioramenti tecnologici nella capacità di sfruttare la risorsa. Questo aumenterà la quantità totale prodotta alla fine del ciclo, ma genererà anche una caduta più ripida dopo il picco, come ho discusso in un mio lavoro (Bardi 2005). Un'idea più interessante sarebbe quella di modificare il modello rendendo la costante "K2" gradualmente più piccola. Questo simulerebbe lo sviluppo di tecnologie che riducono la produzione di inquinamento. In altre parole, il modello ci dice che una "produzione pulita" è una buona idea, nel senso che tenderebbe a rendere il ciclo produttivo più simmetrico.

Si potrebbero provare altri modi per modificare il modello, per esempio aumentando la sua complessità con l'aggiunta di ulteriori blocchi. Che ne direste di un blocco "burocrazia" che si accumula e poi dissipa energia? Beh, si comporterà esattamente come la riserva dell'"inquinamento", forse potremmo dire che la burocrazia è una forma di inquinamento. Per inciso, comunque, con questo stock aggiunto il modello diventa più simile al modello di Tainter che dice che le civiltà declinano e collassano a causa di un aumento della complessità che porta più problemi che benefici. Se continuiamo ad aggiungere sempre più elementi al modello, alla fine si arriva a qualcosa che può essere simile al modello "World 3" utilizzato nello studio de "I limiti dello sviluppo". Abbiamo visto in precedenza che questo modello genera proprio curve inclinate in avanti.

Ci sono molti modi per modificare questi modelli e l'effetto Seneca non è l'unico risultato possibile. Giocherellando con le costanti si può anche generare il comportamento opposto, cioè la curva "anti-Seneca", con il declino più lento della crescita. Come ci si può aspettare, questo avviene utilizzando costanti che riducono al minimo l'accumulo di inquinamento persistente. Ma, in generale, l'effetto Seneca è una caratteristica "robusta" di questo tipo di modelli e viene fuori per una certa varietà di ipotesi. Si può ignorare il dirupo Seneca a proprio rischio.

Esempi storici

Abbiamo esempi storici dell'effetto Seneca? Si, molti, ma non molti per i quali abbiamo dati quantitativi. La civiltà romana, per esempio, ha richiesto circa sette secoli per arrivare al picco e quasi tre secoli per cadere, almeno nella sua parte occidentale (e Seneca stesso può avere percepito il declino romano a suo tempo). Tuttavia, i dati che abbiamo su parametri quali la popolazione romana non sono abbastanza buoni per vedere l'effetto nella forma di una curva inclinata in avanti. Sembra che abbiamo tali dati, invece, per la civiltà Maya. Ecco un immagine tratta da Dunning et al (1998) La scala orizzontale è molto lunga: 10000 anni dal confine tra Pleistocene e Olocene.


In questo caso, l'inquinamento prende la forma di erosione del suolo che drena risorse di capitale e genera il collasso della popolazione. Dobbiamo stare attenti a questa interpretazione, perché alcuni altri autori ritengono che il crollo Maya sia stato causato dai cambiamenti climatici. Ma il modello del mondo sviluppato qui sembra essere compatibile con i dati storici.

Per qualcosa di più vicino a noi, qui c'è una figura presa dall'articolo di Dmitry Orlov "Il Picco del Petrolio è Storia Passata". Qui si fa vedere la produzione russa di petrolio.



L'Unione Sovietica era un'economia quasi chiusa prima di crollare: un "mini-mondo" in sé. Notiamo come la produzione di petrolio russo sia scesa rapidamente dopo il picco; un classico dirupo Seneca. Si noti inoltre come la produzione ripresa in seguito. Ad un certo punto, l'Unione Sovietica cessò di esistere come un sistema isolato economico e entrò a far parte del sistema economico di tutto il mondo. A quel punto, il semplice modello che abbiamo usato non funziona più, probabilmente perché la riserva di capitale ha ricevuto un afflusso di risorse proveniente da una regione al di fuori del modello.

Conclusione: un banchetto di conseguenze

Molto spesso, non riusciamo a capire gli effetti ritardati delle nostre azioni. John Sterman ci ricorda questo punto in un intervento sul riscaldamento globale in cui cita Robert Louis Stevenson : "Tutti, prima o poi, si siedono a un banchetto di conseguenze". I modelli mostrati qui ci dicono che il dirupo Seneca è il risultato delle conseguenze ritardate delle nostre azioni.

Come sempre, il futuro è qualcosa che noi costruiamo con le nostre azioni ed i modelli possono solo dirci che tipo di azioni ci porterà, alla fine, ad un certo risultato. Utilizzati in questo modo, i modelli possono essere estremamente utili e possono anche essere applicati a sistemi che sono molto più limitati di un'intera civiltà, ad esempio a una singola azienda o ai nostri rapporti personali con gli altri. In tutti i casi, l'effetto Seneca sarà il risultato del fatto che provare a mantenere con la forza le cose come stanno può esaurire rapidamente la risorsa che mantiene il sistema funzionante: sia che si tratti di una risorsa fisica sia di una riserva di buona volontà. Il modo per evitare questo esito potrebbe essere quello di consentire al sistema di andare dove vuole, senza tentare di forzarlo ad andare come vogliamo che vada. In altre parole, abbiamo bisogno di prendere le cose della vita con qualche stoicismo, come Seneca stesso avrebbe probabilmente detto.

Pensando alla situazione mondiale e ai problemi in questione, il riscaldamento globale e l'esaurimento delle risorse, ciò che i modelli ci dicono è che il dirupo Seneca può essere il risultato inevitabile del fatto di mettere troppa pressione su risorse naturali già gravemente impoverite. Dovremmo cercare, invece, di sviluppare riserve alternative di risorse come le energie rinnovabili (o l'energia nucleare). Allo stesso tempo, dovremmo evitare di sfruttare risorse altamente inquinanti e costose come le sabbie bituminose, gli scisti di petrolio, il petrolio in acque profonde, e, in generale, di applicare la filosofia "drill, baby, drill" (scava, baby, scava). Tutte queste strategie sono ricette per la rovina. Purtroppo, sono anche esempi di ciò che stiamo esattamente facendo.

Non so cosa direbbe Seneca se potesse vedere questo sforzo planetario che stiamo facendo per mettere in pratica l'idea che egli espresse nella sua lettera al suo amico Lucilio. Posso solo immaginare che la prenderebbe con abbastanza stoicismo. O, forse, commenterebbe con quello che ha detto nel suo "De Providentia " Lascia che la natura si accordi con la materia, che è sua, a suo piacimento; siamo allegri e coraggiosi di fronte a tutto, pensando che non c'è niente di nostro che perisce ".

Ringrazio Dmitry Orlov per essere stato la fonte di ispirazione di questo post con il suo articolo “Peak oil is history”.




Bibliografia


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Bardi, U. and Lavacchi, A., 2009, "A Simple Interpretation of Hubbert’s Model of Resource Exploitation” Energies 2009, 2(3), 646-661; doi:10.3390/en20300646

Bardi, U. 2011 "The Limits to Growth Revisited", Springer, ISBN 978-1-4419-9415-8

Bardi, U., Lavacchi, A., Yaxley L., 2011 “Modelling EROEI and net energy in the exploitation of non renewable resources” Ecological Modelling, In Press.

Brandt, A.R. (2007). Testing Hubbert. Energy Policy, 35(May):3074-3088. DOI: 10.1016/j.enpol.2006.11.004

Dunning, N., D. Rue, T. Beach, A. Covich, A. Traverse, 1998, "Human - Environment Interactions in a Tropical Watershed: the Paleoecology of Laguna Tamarindito, Guatemala," Journal of Field Archaeology 25 (1998):139-151.