mercoledì 27 dicembre 2017

Blog: Abbiamo Sbagliato Tutto? (Una mela che costa un'iradiddio)




Qui sopra, vedete una foto che ho fatto in questi giorni di un prodotto in vendita in un negozio vicino a casa mia. Sono circa 10 fettine di mela essiccate dentro un barattolo di plastica trasparente per un peso netto di 30 g. Il prezzo lo vedete sull'etichetta, Eur 3,50.

Scusate se ho fatto uno smudge sul nome del prodotto. In ogni caso, se per caso il produttore ritenesse che il suo prodotto è comunque riconoscibile, mi affretto a dire che questo post non deve essere visto come una critica alla bontà del prodotto stesso e neppure inteso a scoraggiare i lettori dall'acquistarlo (viviamo nell'era del "disclaimer")

Ciò detto, facciamoci un ragionamento sopra. Dai dati di etichetta vediamo che queste fettine costano quasi 120 Euro/kg. Sono sicuramente mele di altissima qualità (disclaimer), ma mi sa che forse queste fettine di mela sono un po care considerando che le mele si vendono a meno di 1 Euro/kg al supermercato. Fa venire in mente la barzelletta di Adamo ed Eva, quando una mela costava un'iradiddio.

D'altra parte, è anche vero che ognuno compra quello che gli pare e se vuol comprare delle fettine di mela a 120 euro al chilo, sono scelte sue (dopotutto, per una mela, Adamo ed Eva ci hanno rimesso il loro appezzamento di terra). Quello che veramente non va in questa confezione è il barattolo di plastica. Un caso classico di "iperimballaggio", questo barattolo è un costo non solo per chi lo compra, ma per tutti quanti. Se finisce in un inceneritore diventerà uno di quei gas serra che cerchiamo disperatamente di limitare. Altrimenti, finirà dispersa da qualche parte e andrà lentamente a pezzi che poi potrebbero finire nella catena alimentare e da lì nei nostri piatti. O magari finirà ad aumentare le dimensioni della grande "isola della plastica" nel mezzo dell'oceano.

Tutte queste cose sono ben note, ciononostante nessuna legge regola la vendita di questi prodotti iperimballati. E questo è uno solo dei tantissimi casi di follia in cui si continuano a produrre cose del tutto inutili, costose, inquinanti, e che fanno danno a tutti.

E allora com'è che stiamo dicendo queste cose da anni e nessuno muove un dito in pratica? Serve a qualcosa tenere un blog come "Effetto Cassandra" dove un gruppo di brave persone (Corna,  Migliorino, Molfese, Simonetta, Rupalti, e tanti altri) fanno del loro meglio per raccontare cose che ritengono utili per vivere meglio e fare meno danni? Come sta che il dibattito sui media è su tutto, salvo che sulle cose veramente importanti (ovvero, quelle che ci fanno vivere)?

Queste sono domande per i lettori di "Effetto Cassandra". Cosa ne dite? Vale la pena continuare con questo blog? Con l'Internet che sta diventando sempre di più un triumvirato (Facebook/Google/Amazon) ha ancora senso tenere un blog, o dovremmo pensare a qualche altra forma di comunicazione? E se si, che tipo di comunicazione? E come potremmo essere più efficaci nel muovere qualcosa?

Se avete un minuto, fatevi sentire. I commenti del blog sono riaperti dopo la pausa di riflessione.




sabato 23 dicembre 2017

Piccola Storia Natalizia





Questa non è proprio una storia natalizia, ma ha qualche caratteristica di un'"operetta morale" che la rende proponibile come tale. L'autrice, Elena Corna, ha una notevole capacità di vedere il mondo da punti di vista diversi, anche non umani. Per esempio, un racconto precedente, è scritto dal punto di vista dei batteri, mentre qui sono i cani a parlare. E' una capacità di cui avremmo molto bisogno - mettersi nei panni (o magari, "nel pelo") delle creature che ci circondano. Sarebbe il modo di evitare di distruggere l'ecosistema e, nel process, noi stessi. Ma non sembra che molti di noi siano in grado di vedere il mondo con occhi diversi da quelli dell' "homo economicus" che non trova nessun valore in un animale vivo, soltanto in uno ucciso e servito in tavola. (UB)


DIALOGO FRA IL CANE COLTO E IL GIOVANE CANE
(…una aspirante operetta morale)

di Elena Corna


Il cane colto: “ Sniff… Sento odore di tristezza. Perchè queste orecchie basse? “

Il giovane cane: “ Pensavo…Pensavo a cosa successe quando il cane incontrò l’uomo…”

Il colto : “ Non per essere pignolo, ma il titolo giusto è L’uomo incontrò il cane …Grande uomo, l’autore; una sensibilità quasi canina…Comunque l’uomo, se vuoi saperlo, incontrò il cane e grazie a lui divenne un cacciatore migliore, un pastore migliore, un cercatore migliore…Avrei voluto vederlo, l’uomo, a cavarsela senza il cane!”

Il giovane: “Lo so questo, ma intendevo il contrario: il cane incontrò l’uomo e cosa divenne?”

Il colto : “Oh bella, lo sanno tutti. Divenne,come si suol dire, il miglior amico dell’uomo!”

Il giovane : “E allora perché si suol dire anche solo come un cane? Cosa rappresentiamo noi? Amicizia o solitudine?”

Il colto : “Già, si contraddicono un po’… Comunque direi amicizia, senza dubbio! Gli umani infatti dicono fedele come un cane.”

Il giovane : “ Sì, ma dicono anche “cane infedele”! L’ho sentito in un sacco di film. Perché? E perché ci associano con l’idea del freddo e del gelo? Fa un freddo cane,dicono!”

Il colto : “Beh, ma ci associano anche con l’idea del caldo. La felicità è un piccolo cane caldo, dicono sempre nei fumetti di Charlie Brown. Certo,ora che ci faccio caso, gli umani sono un po’ incoerenti…Dev’essere perché non sanno mettere d’accordo quei due emisferi del loro cervello…Non ci pensare…”

Il giovane : “Ma io sto a disagio! Mi trattengo anche dall’abbaiare alla luna, perché gli umani dicono sempre canta come un cane:..”

Il colto : “Vedi? Non sanno quel che dicono. I primi can-tanti siamo stati noi cani, si sa. Guarda le parole: “cane” e “cantare” hanno la stessa etimologia. Infatti, quando un antico romano chiedeva a un altro antico romano di cantare, che gli diceva? -Cane!- , gli diceva.* Questo è latino, piccolo, mica robetta.”

Il giovane : “Sarà…Fatto sta che se gli uccelli, o addirittura i ranocchi, strepitano tutti insieme, lo chiamano concerto. Se lo facciamo noi cani, lo chiamano cagnara. Ma la cosa che mi spaventa di più non te l’ho detta ancora…E’ così terribile che mi fa paura pensarci…Perché dicono l’ha ucciso come un cane, ti ucciderò come un cane, eccetera? Dimmi: com’è che uccidono i cani?”

Il colto : “Ah, questo te lo so spiegare. Vedi, è un modo di dire antico, di quando gli uomini erano più come noi animali, e quindi non uccidevano facilmente i propri simili. Perciò “ti ucciderò come un cane” significava “come se tu fossi tutt’altro che un mio simile. Mi segui?”

Il giovane : “Come un cane poliziotto. E quindi?”

Il colto : “E poi gli umani hanno imparato a farsi fuori fra loro nei modi più impensabili (impensabili per noi animali, intendo): si bombardano, si avvelenano, si torturano…Non esistono modi peggiori di uccidere che quelli che usano anche per sé, perciò stai tranquillo. Noi cani di città, poi, moriremo di vecchiaia…”

Il giovane : (con un sospiro di sollievo)“Meno male! Ma, vedi, non è solo la morte che mi preoccupa! E’ la vita! Perché si dice giornata da cani, o vita da cani? Perché?”

Il colto : “Perché gli umani fanno fare a molti cani una vita da cani, ecco perché! Cioè, gli fanno fare tutto quelle cose che non hanno voglia di fare loro: recuperare chi si perde in montagna, fiutare la droga, guidare i loro simili che non ci vedono..”

Il giovane: (con aria pensierosa)“Ma…se gli umani sono così tremendi, com’è che siamo diventati loro amici ?”

Il colto : “Che ti devo dire? Però, di’ la verità: vedere un umano che si abbassa per raccattare i tuoi escrementi dà una certa soddisfazione, non trovi?” Il colto sorride sotto i baffi.

Il giovane “ Ecco…C’è un’ultima cosa che mi angoscia…Non te l’avrei chiesto, è una cosa un po’…personale, ma, di già che hai parlato di escrementi…” Guaisce .

Il colto : “Spara, piccolo.”

Il giovane : “Ecco. Mi sento inibito….”

Il colto agita una zampa in segno di noncuranza.

Il giovane “No, aspetta, non per il fatto di cantare…E’ che gli umani dicono sempre, quando qualcosa fa schifo, che è fatta a cazzo di cane. Allora io non oso nemmeno tirarlo fuori, che so, per dargli una leccatina, capisci? Ma…è davvero così brutto?”

Il colto (ridendo):”Ah, questo è facile! “ Il colto abbassa la voce: “ E’ tutta invidia. Ma l’hai visto, il loro? Tutto grinzoso e penzoloni, con quella specie di pelo ispido! E’ così brutto che lo tengono sempre nascosto. Anche al mare, stanno tutti nudi ma quello lo tengono dentro a un “costume” fatto apposta. Gli piacerebbe, averlo come noi!” 

Il colto avvicina il muso a quello del giovane:” Pensa che nemmeno le femmine della loro specie lo trovano bello. Poveretti…”

Il giovane appoggia il muso alle zampe con aria sollevata.

Il colto : “Ti senti meglio ora?”

Il giovane : “Non sai quanto! Però… a proposito di femmine, com’è che quando vogliono parlar male di una donna dicono che è una cagna? Il mio umano non dice mai alla sua fidanzata cagnolina mia, però la chiama gattina, topolina…Come se poi sapesse qualcosa del comportamento sociale delle tope!”

Il colto : “Boh, questo è davvero incomprensibile. E poi, mi risulta che le tope sono più facili delle cagne. Le nostre femmine non la danno mica a tutti! Ecco, ad esempio: vedi la barboncina che sta passando? “ Sospira. “Eh, l’ho corteggiata, ma mi ringhiava sempre…”

Il giovane : “Eh, sì, è proprio carina…”

Il colto : “E allora smettila di pensare agli umani e vai! Sei un bel cane giovane, buttati!”

Il giovane : “Magari…Però non la lasciano mai sola, la fanno uscire poco…”

Il colto : “Ecco, lo vedi che gli umani non sono molto intelligenti! La vedono mogia e che fanno? La portano dallo psicanalista per cani! Quella avrebbe solo bisogno della compagnia di cani come noi, te lo dico io! ” Sorride.

Il giovane : “Ma davvero? La portano da un umano psicanalista? Mi dispiace per lei… Ma dimmi: la cura sta funzionando, almeno?”

Il colto : “ No che non funziona. Ne sono sicuro perché ieri ho sentito i suoi umani che dicevano: -Certo che quello psicanalista è proprio un cane!“




* “Cane” è l’imperativo del verbo cànere, che significava, appunto, cantare.












mercoledì 20 dicembre 2017

Il dilemma del campeggiatore



Immaginiamo di affrontare un orso in mezzo a una foresta, insieme a un amico. Siete entrambi disarmati e l'orso può correre più velocemente di voi. Qual è la strategia migliore, cooperare o tradire? Potrei chiamare questa situazione il "dilemma del campeggiatore", in analogia con il ben noto "dilemma del prigioniero"



Tu e un amico siete accampati in una foresta abitata da orsi affamati.Immaginate che per qualche motivo avete perso il contatto con il mondo civile e che dovete cavarvela da soli per tornare a casa. Siete entrambi disarmati e gli orsi possono facilmente uccidervi. Qual è la migliore strategia per sopravvivere? Ecco alcune considerazioni sul "Dilemma del Campeggiatore" in base al livello di pericolo.

1. Il pericolo è basso: collaborazione. Sai che ci sono gli orsi nella foresta, ma non hai alcuna prova che ce ne sia uno vicino. Tu e il tuo amico siete d'accordo sul fatto che dovreste cooperare per fare il meno rumore possibile, non lasciare residui di cibo, non dare prova della vostra presenza.

2. Il pericolo è elevato: inganno. Hai visto l'orso e l'orso ti ha visto, ma il tuo amico non lo ha visto. Non dici al tuo amico quello che hai visto, anzi neghi di aver visto un orso in giro. Alla prima occasione, dici al tuo amico che farai una breve passeggiata nella foresta, alla ricerca di frutti di bosco, mentre lui dovrà occuparsi del campo fino che non torni. Appena si è fuori dalla vista, cominci correre il più velocemente possibile, lasciando l'amico ad affrontare l'orso, da solo.

3. Il pericolo è immediato: emergenza. L'orso improvvisamente appare davanti a voi, attaccando. Non c'è che lottare disperatamente per sconfiggerlo.


Probabilmente conoscete una storia abbastanza diffusa sul Web con il titolo "i due campeggiatori e l'orso." Viene raccontata in uno stile fra il serio e il faceto e si conclude con uno dei due campeggiatori che dice all'altro "ma cosa ti allacci le scarpe a fare? L'orso corre più velocemente di noi." E l'altro gli risponde "Si, ma a me basta correre più velocemente di te!" Questa storia è stata una delle fonti di ispirazione per questo post. 

L'altra storia che ha ispirato questo post è il "Dilemma del Prigioniero". È un gioco operazionale in cui ognuno dei due giocatori deve scegliere se collaborare o tradire l'altro, senza sapere quale strategia l'altro sceglierà. Il tradimento porta un vantaggio a uno dei giocatori solo se l'altro giocatore coopera. Se entrambi tradiscono, entrambi soffrono pesanti penalità. 

Il dilemma del prigioniero è stata analizzata in profondità e il risultato è che non ha una strategia ottimale; Gli studi empirici hanno dimostrato che la strategia semplice chiamata "tit per tat" è quella che si comporta meglio nel lungo periodo, ma non c'è garanzia che funzionerà sempre. Quindi, il gioco del prigioniero riflette bene la complessità e l'imprevedibilità del mondo reale, anche se in forma semplificata.

Il dilemma del campeggiatore, come descritto qui, è molto simile al dilemma del prigioniero, con la differenza che il risultato non è solo una penalità: se perdi la partita, muori. Il dilemma del campeggiatore è anche "graduale" nel senso che la migliore strategia dipende dal livello di pericolo. In una situazione di pericolo basso, entrambi i giocatori possono capire facilmente che la collaborazione è la strategia migliore. Ma, come il pericolo diventa sempre più evidente e immediato, il tradimento comincia a sembrare una strategia migliore.

Non mi sembra (ma posso sbagliare) che i teorici abbiano esaminato questo tipo di gioco, per cui per ora queste considerazioni devono rimanere qualitative. Tuttavia, mi sembrano illuminanti quando applicate alla situazione mondiale attuale, in particolare se pensiamo all'orso come "cambiamento climatico", mentre i campeggiatori sono intere popolazioni o strati sociali.

Ad esempio, il trattato sul clima di Parigi può essere visto come parte di una strategia di collaborazione, ma considerando che si è sempre saputo che non è sufficiente per evitare il disastro climatico, può anche essere visto come parte di uno sforzo di inganno. Allo stesso tempo, alcuni governi hanno preso una posizione più o meno esplicitamente negativa; Per esempio gli Stati Uniti, il Canada e la Russia. Questi governi possono credere che la loro situazione geografica possa permettere loro di sconfiggere l'orso climatico o, comunque, di avere risorse sufficienti per evitare il peggio, almeno per una frazione della loro popolazione. Come ho discusso in un post precedente, è possibile che alcune delle élite planetarie siano già arrivate alla conclusione che l'orso climatico sta arrivando e che per loro la migliore strategia è il tradimento, spostandosi verso nord e lasciando i poveri al loro destino; affogare, morire di fame o, al limite, finire bolliti vivi .

Naturalmente, questa interpretazione non può essere dimostrata e potrebbe essere sbagliata. È anche vero che c'è ancora spazio per una strategia collaborativa che potrebbe risolvere il problema climatico attraverso una rapida transizione energetica. Tuttavia, il gioco del dilemma del campeggiatore offre una prospettiva della situazione attuale che non darei come impossibile, e nemmeno improbabile. .

Nota: questo post è stato ispirato da una storia raccontata da Filippo Musumeci, pubblicata in italiano sul blog "Effetto Risorse"

giovedì 14 dicembre 2017

Disoccupazione, Lavoro e Reddito



Un post di Gianni Gatti
da "Parole Libere" per gentile concessione dell'autore


Le rivoluzioni di trasformazione sociale sono almeno tre : 1) dell’agricoltura intensiva, 2) il passaggio alla prima rivoluzione industriale e la manifattura (con elettricità e lavorazioni in serie , 3) la trasformazione da industria di massa a tecnologica fatta di elettronica e digitalizzazione dagli anni 70 in poi con accelerazione indotta nel nuovo secolo.

Esaminiamo alcune possibilità reali di interpretazione dell’ultimo periodo, l’attuale :

1) Il premio del trionfo nella classifica delle cause della disoccupazione, sicuramente spetta all’introduzione di tecnologia , aspetti materiali che negli ultimi cento anni a velocità variabili hanno cambiato modi di produzione dall’agricoltura al manifatturiero (dove l’Italia era uno dei top ten al mondo), all’artigianato, alla comunicazione , ai trasporti , ecc . Non mi pare il caso di spiegare perchè , ma per chi vuole approfondire consiglio “La fine del lavoro” di Jeremy Rifkin , scritto nel 1995 come economista ricercatore negli USA , ma con una preveggenza di analisi davvero sconcertante , come laboratorio del sistema economico-sociale .

Questo tecnologizzazione ha davvero creato benessere ed efficienza nel senso di ricaduta anche indotta sulle masse (ovvio non solo in Italia), cioè la tecnologia che all’origine aveva il compito di “alleviare la fatica”, ha davvero raggiunto lo scopo a distanza di tempo ?

Il reddito e la vivibilità sociale generale sia dal punto di vista della P.A., sia dal punto di vista privato, ha avuto effetto positivo sulla vita di tutti con questa, considerata la” terza rivoluzione industriale” ? 

Ovunque si analizzi aspetti di lavoro pubblico o privato, i numeri dicono che è peggiorato il rapporto in quantità e qualità, fra beni prodotti e livello di vita comune e soprattutto non ha implementato l’occupazione che se una volta era direttamente collegata con il diritto ad un reddito certo , costante anche ai livelli bassi, ora non lo è più affatto con la normalità delle varie formule utilizzate di precarietà e provvisorietà . Si consideri la distruzione o il forte impatto ambientale di tante scelte con unico obiettivo di incrementare guadagno considerando l’uso ad es. della chimica nella dinamica dell’agricoltura e degli allevamenti , beni primari attraverso la diffusione di sementi geneticamente modificati insensibili a diserbanti e pesticidi , anzi appositamente previsti per l’esclusività mondiale che comportano . Oppure di allevamenti giganti in batteria di polli , maiali, bovini, ecc , con cariche di ormoni diluiti nel cibo animale per prevenzione infezioni, che si ritrovano poi nella catena alimentare sotto forma di anticorpi ormai immuni ad ogni contrasto di malattia insorgente agli umani

Qualche banale esempio :

negli anni 1920 alla Ford negli Usa , per fare un auto servivano circa 4.500 ore di lavoro. Oggi la media dei grandi stabilimenti automatizzati va da 12 a 20 ore di media. Per l’operaio o impiegato standard da 1.200 euro/mese acquistare un auto significa debito difficile da pagare, oggi come allora con l’aggravante di altri fattori negativi per danni collaterali connessi a questa attività sia ambientali, sia sociali.

Nel 1920 gli addetti all’agricoltura erano dal 15 al 22 % del totale , oggi si parla complessivamente del 4-5 % e qualcosina è cambiato nella produttività dall’aratro ai trattori multiuso moderni … mentre gli aranci e le ciliege rimangono sulle piante perché pagate un nulla , mentre sui banchetti si trovano prodotti di altre nazioni importati. Mentre la Monsanto e proprietari di semi per vendere la loro merda tossica di Glifosato o simili, hanno creato il vuoto della catena del lavoro, in più costruendo sovranità sul prodotto in intere aree del pianeta

Gli anni ’80 hanno rappresentato il boom della comunicazione dove si sono moltiplicati nuovi mestieri . A quel tempo sono nati colossi della carta stampata e dei media (Mediaset, grandi gruppi editoriali, ecc) moltiplicando addetti alle rotative, alla scrittura dei testi , a tutte le procedure necessarie, nel secolo attuale le tecniche digitali e l’eccessiva concorrenza con ulteriore salto di concentrazioni aziendali multidisciplinari hanno ridotto al minimo gli addetti e un trafiletto di un giornalista su uno dei giornali come Repubblica oggi vale meno di un buon pranzo (a parte pochi personaggi legati al sistema politico). Chi ancora lavora nel settore dei media nella comunicazione deve adeguarsi a tenere i piedi in “dieci” scarpe per campare e su più livelli anche internazionali , innescando fenomeni di assoluta obbedienza ai criteri editoriali senza discrimine personale .
Huber la più grande azienda di noleggio trasporti mondiale è senza la proprietà di un solo mezzo meccanico di trasporto, solo un App…che sviluppa algoritmi che a loro volta mettono in relazione persone. Piaccia o no, è già fra di noi in Italia e nel mondo “buttando a mare” intere categorie di tassisti e noleggiatori.

Siamo vicini al momento, come previsione di sviluppo a breve-medio periodo, in cui scompariranno persino grandi magazzini tipo Ikea. La gente da casa sceglierà prodotti da un catalogo sul web e attraverso punti locali nel territorio, i prodotti verranno ricostruiti, resi fruibili e vendibili attraverso stampanti 3D senza grandi costi di trasporto e magazzinaggio con conseguenze ovvie sull’occupazione ulteriore. Chi ha chiaro come si muovono protocolli, regolamenti tecnici e commerciali fra stati sul software e sulle reti di comunicazione sa che i 6 milioni di lavoratori che scompariranno nei prossimi 10 anni non saranno sostituiti se non in minima parte da forme di operai con preparazioni specialistiche elevate che faranno lavori poco remunerativi e ripetitivi . Inoltre chi controlla i passaggi strutturali di dipendenza delle reti e dei server controlla tutta una catena di conseguenze sociali come vertice della catena operativa degli scambi , delle produzioni e sono accordi politici fra paesi che li decidono.

2 ) Un altro aspetto che ha indotto sicuramente un incremento della disoccupazione, anche se più composito, è la mancanza di infrastrutture e la burocrazia frenante della P.A. , ma non solo. Pensiamo a quante aziende de-localizzano perché non riescono ad abbassare costi di produzione per il livello di tassazione , per la mancanza di reti di comunicazione decenti compreso il trasporto delle merci prodotte , per la mancata applicazione di un vero sistema di supporto al business, per la burocratizzazione tecnica soffocante nei legami politici , alla mancanza di strutture rivolte sia al commercio sia alle fondamentali produzioni in agricoltura e industria .

Difendere il Made in Italy (come per ogni paese) è gridare alla luna !

Ogni merce nata per essere diffusa nel mondo deve avere servizi infrastrutturali complessivi adeguati o cessa di essere competitiva e data la velocità di evoluzione della finanza e del commercio scompaiono altrettanto in tempi brevi.

3 ) l’accesso al credito ha strozzato centinaia di aziende dopo un periodo di “rilascio incontrollato” e produzioni pur con buon mercato non hanno retto alla sfida globale . Le banche facevano affari con la finanza e mescolando titoli tossici e raccolta commerciale hanno creato il vuoto pneumatico attorno soprattutto alle piccole, medie imprese che hanno chiuso in quantità . Pensiamo a quante aziende sane produttive che si sono quotate in borsa per cavalcare il momento che pareva oro e si sono trovate coinvolte in speculazioni che l’hanno messa in ginocchio . Anche con recente formazione in categorie di punta (aerospaziale, ecc), ed ora devono licenziare addetti pur con mercato fiorente davanti ,ma senza liquidità evaporata in titoli tossici o altro similare .

4 ) per assurdo la scuola con la parte “alta” legata alle università e al mondo del lavoro dove la ricerca in altri paesi era fattore di crescita è stata spenta pian piano , impedendo soprattutto nel periodo recente di affiancare altri paesi dove università ed impresa marciano in sintonia. Tutti vediamo il livello di basso “servizio” assegnato alla maggioranza di università e poli di ricerca pubblica , con tagli agli incentivi ed alle ricerche proprio per mancanza di progettazione e finalizzazione delle poche risorse . La fuga dei “cervelli” dei giovani i cui genitori si indebitano per dare loro un futuro , ma la cui unica chance post laurea è emigrare in paesi con ancora offerta di lavoro per sopravvivenza , cioè situazioni in cui le spese le facciamo in Italia e i risultati si concretizzano altrove in un crescendo di dipendenza e sfruttamento globale .

5) la disoccupazione è stata favorita ( o non contrastata negli effetti , vedi art. 18 abolito, job act, legge di stabilità, ecc) da una quota importante del sindacato che non ha detto un amen (salvo rari casi) in quanto il principio guida era : difendiamo il lavoro, pazienza per le condizioni , la sicurezza e la quantità degli occupati . Dal caso Ilva in poi hanno fatto scuola esempi di drenaggio soldi pubblici a favore di privati , con rovina colossale dell’ambiente ed espulsione calcolata di migliaia di persone dal ciclo produttivo oltre a disastri ambientali distruttivi permanenti .Risultato niente lavoro e niente reddito.

Se diamo lettura alle banali nude cifre oggi nel nostro paese (ma non solo) il 10-12 % delle persone ha la proprietà del 75% di tutti i beni materiali come risultato dello “sviluppo” degli ultimi dieci anni!

Mentre autorevoli centri universitari nelle loro ricerche sociali prevedono che nei prossimi 10 anni circa sei milioni di posti di lavoro SPARIRANNO !

Qui non c’è una morale da ricavare ma soluzioni da trovare .

Vivere giorno per giorno facendo come gli struzzi con la testa nella sabbia e gloriandosi di pochi posti di lavoro ottenuti in qualche settore , deve farci porre la domanda : cosa succederà a monte ed anche a valle di quei posti ? Cosa rappresenta il valore intrinseco del significato sociale che vi è dietro a certi investimenti in grandi opere ? Penso per stare in zona di Sv , alla presentazione come trionfo dei governanti locali e del sindacato l’annuncio di 450 posti circa, nella gestione al termine della costruzione della piattaforma Maersk a Vado L. (con investimento di circa 400 milioni di euro pubblici dati a concessionari privati) su cui è assolutamente il caso di riflettere.

Non c’è una visione di prospettiva nel far opere pagate con soldi pubblici che consegniamo a privati (caso Maersk appunto) per loro business per far arrivare commesse di merci a basso costo dalla Cina (Cosco) e frutta dai paesi del Nord Africa e non solo . Nel migliore dei casi distruggeranno commercio e produzioni autoctone , al di là del senso delle grandi opere spacciate per utili , mentre quelle davvero di difesa del Made in Italy, del dissesto idrogeologico non trovano un cent di impegno concreto.

Atti decisi da chi ci governa nelle varie istituzioni nel migliore dei casi sono atti di stupida indifferenza , di mancanza di progettualità ad una situazione dove le poche risorse investite creano benessere per pochi e danneggiano la maggioranza, dove il vantaggio del business è solamente di chi le esegue materialmente e pazienza se non sono integrate e utili, però sempre in modo non evidente . 

Le cause della mancanza di lavoro-reddito ci fanno credere siano tutte da addebitare alla crisi finanziaria , che invece ne è solo parzialmente causa , mentre c’è un sistema globale, di cui la finanziarizzazione è parte , pur con differenze di territori nel mondo. Questo fatto è un po’ coltivato ed un po’ va per conto suo e si sviluppa in autonomia …se non cambiano dei paradigmi a monte

Questa quarta rivoluzione tecnologica e finanziaria, aggressiva nelle dimensioni globali di commercio, ha l’effetto dirompente dell’espulsione di milioni di persone dal ciclo produttivo e quindi dall’accesso ai beni primari (mangiare, bere, casa, sicurezza di vita, ecc) e vanno ad aumentare la folta schiera della domanda di lavoro vista come ricatto alle condizioni imposte dal mercato reale.

E’ un cambiamento epocale che sta avvenendo con lo sviluppo anche qui di una quota importante di popolazione secondo quanto già analizzato nel 1994 da J. Rifkin , che quasi non appare nella comunicazione dei media per la frammentazione , la segmentazione sociale stratificata della massa oggettivamente a livello globale .

Considero cioè la massa importante che va sotto la categoria di “TERZO SETTORE” . Categoria che oggi è stimata ad un terzo della popolazione .Parlo delle migliaia e migliaia (milioni ) di persone che trascinano quello che scompare dai tabulati di spesa dei governi o si riduce sempre più : il volontariato “necessario“.

Quante sono le associazioni, le cooperative , le strutture riconosciute e seminascoste che si occupano di servizi indispensabili, di ogni genere e con vari effetti sociali . Dall’assistenza ai disabili, alla protezione civile, alla gestione dei migranti, dei senza casa, all’alfabetizzazione di quote consistenti oggi di analfabetismo indotto, alla gestione di malattie difficili e uso di droghe o tossicodipendenze , allo studio delle tecnologie informatiche per dare un senso di partecipazione alla società tecnologica inclusiva . Penso a chi studia arti, culture minori e le diffonde , chi protegge il patrimonio culturale, chi opera in cooperative di turismo consapevole , chi si occupa del verde o della vigilanza, chi si occupa degli animali in generale e della loro gestione, chi anche dà il suo contributo alle opere sanitarie negli ospedali, ambulatori, alle campagne di studio per valorizzarle, chi cerca di mantenere memoria di usi e tradizioni, chi sviluppa forme associative per prodotti per l’agricoltura o per allevamenti ecocompatibili, chi dà attraverso partecipazione volontaria possibilità alla terza età, di avere minime forme sostenibili di vita comune, chi è quasi obbligato al termine o durante gli studi all’ultima aberrazione dell’alternanza scuola-lavoro.

Ognuno nella propria esperienza di vita può aggiungere a questo esercito nascosto, ma reale già oggi , fatto di numeri e categorie inquadrabili, ormai indispensabili .

Bene, l’assunto è che in relazione alla mancanza progressiva di lavoro , di mezzi di sussistenza e beni primari pure sanciti dalla Costituzione, nasce spontanea la necessità di un reddito (che ognuno può chiamare aggettivandolo come meglio crede ), ma che dia un freno qui ed ora a questo ecocidio globale in Italia, ma non solo. E perché non vincolarlo al finanziamento strutturato ed organizzato di questo terzo settore attraverso banca pubblica, compreso l’uso modificato del 5 per mille sui redditi, ovviamente in contemporanea a una secca ristrutturazione del modo di tassazione iniquo e soffocante vigente in Italia ?

Perché non usare la tassazione dello stato con la sua indispensabile riduzione e revisione per pagare piccoli , grandi servizi a questo settore lasciando perdere grandi opere, utili solo a caimani di grandi aziende o banche , per far rifiorire i territori in modo diffuso di tanti piccoli lavori e attività, riparando ciò che non si fa più da tempo e dando lavoro dietro minimo compenso alla vita sociale che tornerà valore ?

Ogni euro dato in questo modo, proprio per la parcellizzazione, non andrà in depositi bancari, ma torna in circolo nella società e a strati ognuno fa da sponda ad altri , ma soprattutto risponde alla domanda di fondo : cosa facciamo degli espulsi dal lavoro e dal reddito oggi, non domani in attesa di modifiche strutturali di fondo?

Quindi sovranità monetaria e autonomia decisionale sono decisive .

Non sono un esperto, ma è ovvio che queste poche idee danno la dimensione del lavoro necessario a livello politico e sociale perché questo sia possibile, con passaggi attraverso ai regolamenti, alle leggi, alla giurisdizione per dare regole uguali per tutti (anche quelli che ancora hanno un lavoro) ed eque, compatibili con il sistema complessivo, con l’ambiente, per ritrovare quell’armonia di comunità oggi spezzata da ladri indecenti e cacciatori di futuro.

Sapere verso quale sviluppo va il mondo o almeno quanto è auspicabile socialmente e ragionare sulle specifiche peculiarità per come ingegnerizzare il rapporto fra tempo libero e lavoro, spero nasca anche da queste poche note.

Gianni Gatti 10/11/17