mercoledì 7 marzo 2012

E' il momento della geoingegneria?



La situazione climatica sembra ormai completamente fuori controllo e non si riesce a ottenere una sufficiente attenzione dai politici e dai decisori per ridurre le emission. Quindi, potremmo essere in una situazione nella quale non ci rimangono più che soluzioni drastiche: la geoingegneria. Ma siamo in grado di intervenire sul clima senza fare danni peggiori? Ne discute questo articolo recente sul "New Scientist" (traduzione di Massimiliano Rupalti)

Appello per mettere a punto una geoingegneria artica il più presto possibile

The New Scientist - 12 Dicembre 2011

di Peter Aldhous

E' l'appello più urgente mai fatto nel campo della geoingegneria.: cominciare a raffreddare l'Artico oppure far fronte all'accelerazione dei cambiamenti climatici. Ma l'avvertimento – da ambienti scientifici – potrebbe essere prematura, secondo gli esperti contattati dal New Scientist. John Nissen, ex ingegnere informatico che si è allarmato di fronte alla possibilità di raggiungere un “punto di non ritorno (tipping point)” climatico, ha sostenuto la necessità di una geoingegneria artica il più presto possibile in un manifesto di presentazione all'incontro dell' American Geophysical Union la scorsa settimana a San Francisco.

“Dobbiamo eliminare tutti gli ostacoli per prevenire una situazione fuori controllo”, dice Nissen. Egli suggerisce di usare l'areosol stratosferico per raffreddare la superficie e la parte sottostante oppure aumentare le riflettenza delle nuvole degli strati bassi pompandoci dentro uno spray sottile o acqua salata.

Sebbene l'opinione di Nissen non sia presente nel mainstrem scientifico, ha l'appoggio di un esperto del ghiaccio marino, Peter Wadhams dell'Università di Cambridge, che ha recentemente suggerito che l'oceano Artico potrebbe essere libero da ghiaccio alla fine di ogni estate dal 2015 in poi. Wadhams dice che l'accelerazione del cambiamento climatico nell'Artico lo ha costretto ad abbandonare il suo scetticismo riguardo la geoingegneria. “Bisogna pensare di fare qualcosa”, dice.

Fuoriuscita di Gas

Quando l'Artico perde il suo schermo di ghiaccio nei mesi estivi, le acque poco profonde della piattaforma artica della Siberia orientale continentale si riscaldano fino a parecchi gradi sopra lo zero. Questa è la piattaforma continentale più grande del pianeta, che ricopre 2,1 milioni di chilometri quadrati, ed il mare sottostante è profondo mediamente soltanto 50 metri. Il fondo marino consiste in gran parte in Permafrost ricco di metano, che cominciò ad essere sommerso circa 8.000 anni fa, quando il livello del mare aumentò dopo l'ultima era glaciale. Senza una cappa protettiva di ghiaccio marino sull'acqua poco profonda, il permafrost si riscalderà rapidamente e rilascerà quantità enormi di metano. Questo è il timore di Niessen.
Il timore di Niessen circa i catastrofici rilasci di metano deriva in parte dalle scoperte di un team condotto da Natalia Shakhova del Centro Internazionale di Ricerca dell'Artico all'Università di Fairbanks, Alaska. Lo scorso anno ha riportato grandi quantità di metano che fuoriuscivano dalla piattaforma artica della Siberia orientale.


Quando rimarremo senza ghiaccio?

Tuttavia, sia sulle proiezioni sul ghiaccio marino, sia sulle paure circa catastrofici rilasci di metano, regna l'incertezza. Wieslaw Maslowski della Scuola Navale Postlaurea di Monterey, in California, ha sviluppato un modello regionale che suggerisce un Oceano Artico libero da ghiaccio dalla fine dell'estate 2016 in poi. Ma i modelli del clima globale suggeriscono che questo non accadrà fino al 2030 come minimo.

Un collaboratore del blog Artic Sea Ice, nel frattempo, ha adattato curve esponenziali ai dati sul volume del ghiaccio e li ha proiettati in avanti ottenendo la data del 2015 come possibile per una perdita completa del ghiaccio a fine estate. Il problema è che altre curve adattano i dati in modo simile, ma producono date molto più lontane se estrapolate per il futuro. “Perché scegliere una curva piuttosto che un'altra? Mi piacerebbe veddere un buon motivo per farlo”, dice Axel Schweiger dell'Università di Washington a Seattle.


Incertezza delle analisi

Non è nemmeno chiaro quanto metano, in totale, stia fuoriuscendo dalla piattaforma Artica della Siberia orientale – e se il rilascio di metano osservato dalla Shakhov ed i suoi colleghi sia dovuto al riscaldamento attuale o sia il risultato del lento sciogliersi del Permafrost dall'epoca in cui fu inondato iniziata otto millenni fa. "Ci sono ancora più domande che risposte”, dice Igor Semiletov, un membro del team.

Per di più, dice Euan Nisbet del Royal Holloway, Università di Londra, sembra che il più grande rilascio di metano attualmente provenga dai tropici dell'emisfero meridionale, piuttosto che dall'Artico. Date le incertezze, sembra improbabile che la proposta di Niessen possa aver successo. Tuttavia, essa aumenta la necessità dei governi di sviluppare linee guide per una futura geoingegneria, che potrebbe diventare necessaria. “C'è un bisogno urgente di indirizzare la gestione dei problemi”, dice Tim Kruger dell'Università di Oxford, membro di un team che ha sviluppato un "codice di condotta" per le ricerche di geoingegneria.