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domenica 4 gennaio 2015

L'effetto dei vulcani sul clima

Da “The Guardian”. Traduzione di MR

I vulcani potrebbero essere responsabili di gran parte del rallentamento del riscaldamento della temperatura di superficie



Di Dana Nuccitelli

Un nuovo studio stima il raffreddamento della temperatura di superficie dovuta ai vulcani fra 0,05 e 0,12°C dal 2000




Eruzione vulcanica vista da lontano il 12 settembre 2014 a Holuhraun, Irlanda. Un nuovo studio conclude che le piccole eruzioni vulcaniche sono state un contributo significativo al rallentamento del riscaldamento globale della superficie. Foto:   Einar Gudmann / Barcroft Media/Einar Gudmann / Barcroft Media

Un nuovo studio ha scoperto che quando il particolato di una piccola eruzione vulcanica viene adeguatamente tenuto in considerazione, i vulcani potrebbero essere responsabili di gran parte del rallentamento del riscaldamento globale delle superficie negli ultimi 15 anni. I particolati di aerosol di zolfo immessi in atmosfera da eruzioni vulcaniche causano raffreddamenti a breve termine bloccando la luce solare. Fino a poco tempo fa, gli scienziati del clima pensavano che solo le grandi eruzioni avessero un impatto significativo sulle temperature globali. Non ci sono state grandi eruzioni da quella del Monte Pinatubo nel 1991. Tuttavia, gli studi pubblicati negli ultimi anni hanno scoperto che anche eruzioni vulcaniche moderate possono immettere quantità significative di particolati di aerosol nell'atmosfera. Virtualmente ogni ricerca sull'influenza sul clima degli aerosol vulcanici ha usato misurazioni satellitari dei particolati nell'atmosfera superiore (la stratosfera). Queste misurazioni satellitari monitorano soltanto gli aerosol vulcanici ad altezze di 15 km ed oltre. Il nuovo saggio di David Ridley e dei suoi colleghi, ha studiato la quantità di aerosol vulcanici in parti della stratosfera che si trovano al di sotto dei 15 km.

Per fare questo, i ricercatori hanno unito i dati satellitari, dagli strumenti a terra del programma AERONET e dagli strumenti delle sonde meteorologiche. Lo studio ha avuto come coautori 17 scienziati climatici, compresi alcuni massimi esperti nella ricerca sugli aerosol. Unendo tutte queste misurazioni, gli scienziati hanno scoperto che c'è una quantità significativa di aerosol vulcanici anche in parti della stratosfera al di sotto dei 15 km. Hanno concluso che per le recenti eruzioni, fra il 30 e il 70% della quantità complessiva di aerosol vulcanici nella stratosfera proviene dalla parte al di sotto i 15 km. Dal 2000, lo studio stima che i vulcani abbiano avuto un'influenza raffreddante sulle temperature globali di superficie. La gamma probabile di questa influenza di raffreddamento dei vulcani si trova fra 0,05 e 0,12°C. Come osservano gli autori del saggio, questa influenza di raffreddamento non viene tenuta in considerazione nella simulazioni del modello climatico incorporate nell'ultimo rapporto del IPCC.

“Le simulazioni del modello climatico valutate nel quinto rapporto di valutazione del IPCC [Stocker et al., 2013] ipotizza aerosol stratosferici pari a zero dopo circa il 2000 e quindi trascura qualsiasi effetto raffreddante delle recenti eruzioni vulcaniche”

Anche se i dati della temperatura di superficie sono stati entro la gamma delle simulazioni del modello, sono stati verso l'estremo basso di quei run del modello negli ultimi 10-15 anni.


Figura 1.4 del AR5 del IPCC. Linee intere e quadretti rappresentano i cambiamenti della temperatura globale di superficie media misurati dalla NASA (blu), dal NOAA (giallo) e dall'Hadley Center del Regno Unito (verde). L'ombreggiatura colorata mostra la gamma prevista di riscaldamento di superficie nel primo rapporto di Valutazione del IPCC (FAR, giallo), del Secondo (SAR, verde), del Terzo (TAR, blue) e del Quarto (AR4, rosso).

Il riscaldamento di superficie misurato è stato di circa 0,13°C inferiore della media delle simulazioni del modello dal 2000. Il raffreddamento vulcanico stimato da questo nuovo saggio (0,05 – 0,12°C), non incluso in quei modelli climatici, potrebbe coprire gran parte di quella discrepanza. Unite questo ai circa 0,06°C di raffreddamento della superficie dovuti al maggiore calore immagazzinato negli oceani profondi e il rallentamento è pienamente spiegato e temporaneo. Gli scienziati del clima credono che i cicli oceanici passeranno presto ad uno stato in cui viene trasferito meno calore agli oceani profondi, lasciando più calore a riscaldare la superficie. Come cambierà in futuro l'attività vulcanica naturalmente non si sa, ma gli aerosol vulcanici hanno una vita relativamente breve nell'atmosfera. Se non ci sono altre eruzioni moderate nel prossimo futuro, la quantità di aerosol vulcanici nella stratosfera dovrebbe tornare ai valori di base entro pochi anni. Date le temperature globali record che abbiamo visto nel 2014, il rallentamento potrebbe già essere finito. In ogni caso, sembra che i modelli climatici abbiano difficoltà a valutare il rallentamento perché non hanno incluso né l'aumento di raffreddamento vulcanico né l'accumulo di calore nell'oceano profondo, nessuno dei quali condizionerà il riscaldamento globale a lungo termine. In breve, quando si tiene conto di questi cambiamenti degli aerosol vulcanici e dell'accumulo di calore nell'oceano, il clima si sta generalmente comportando come si aspettano gli scienziati. Abbiamo pochi motivi di mettere in dubbio le proiezioni molto preoccupanti del riscaldamento globale a lungo termine dei modelli climatici.

domenica 18 aprile 2010

Vulcani, supervulcani e clima


  Il vulcano islandese dal nome impossibile di Eyjafjallajokull sta facendo dei discreti danni al traffico aereo e potrebbe farne ancora per un bel pezzo. Ma non ci si aspettano altro che effetti minimali a lungo termine sul clima. Ho già accennato agli effetti climatici di queste eruzioni, in questo post cerco di approfondire un po' la cosa.

I vulcani sono spesso cose molto spettacolari ma, in pratica, che effetto possono avere sul clima terrestre? Una cosa la possiamo dire con buona certezza: il loro effetto diretto - ovvero in termini di calore emesso - è praticamente nullo. I vulcani sono una manifestazione del calore geotermico che viene dall'interno della terra e questo calore è soltanto circa lo 0.01% del calore che arriva dal sole. I "grandi fornelli artici" ai quali qualcuno attribuisce la perdita dei ghiacci polari sono di gran lunga troppo deboli per avere un effetto del genere.

Quindi, l'effetto dei vulcani sul clima è dovuto al pulviscolo emesso ed è sempre di raffreddamento. Un effetto che, ovviamente, dipende dall'intensità dell'eruzione. La potenza di un vulcano si misura su una scala detta VEI (Volcanic Explosivity Index) che va da 0 a 8 e che, come le scale usate per i terremoti, è logaritmica. Ovvero, va su di un fattore 10 per ogni tacca. Il vulcano islandese ha un VEI non molto alto. Da quello che si legge sulla stampa, pare che sia intorno a 2-3. Non è di più di quello di altre eruzioni recenti, tipo quelle dell'Etna di qualche anno fa. Il problema è più che altro nel fatto che il pulviscolo emesso è andato a finire in zone abitate e zone agricole in Europa - queste ultime potrebbero riceverne danni non piccoli. C'è un post recente su The Oil Drum di David Summers ("Heading Out") che va a esaminare la questione. E' probabile, comunque, che se non succede niente di nuovo, questa eruzione non avrà effetti importanti - anche se potrebbe fare grossi danni al traffico aereo.

Tuttavia, ci sono stati dei vulcani ben più potenti del nostro Eyjafjallajokull. Per esempio, il vulcano Laki che è andato in eruzione nel 1783 - sempre in Islanda - ha causato carestie in Europa per via del pulviscolo che ha bloccato la radiazione solare. Potrebbero essere state queste carestie a scatenare la rivoluzione francese, pochi anni dopo. Pare che Laki avesse un VEI=6, ovvero fosse un buon mille volte più potente di Eyjafjallajokull. Sempre in quel periodo, Napoleone era partito per conquistare la Russia proprio nell'anno (1815) dell'esplosione del vulcano Tambora (VEI=7); cosa che ha causato un raffreddamento globale e qualche problema a Napoleone durante la ritirata da Mosca.

Ma ci sono state eruzioni anche molto più potenti di Tambora e quando si arriva a VEI=8 e oltre, si parla di un "supervulcano." Non c'è stato nessun supervulcano in tempi storici. Il più recente è quello noto con il nome di Ouranui, che ha eruttato in Nuova Zelanda 26500 anni fa. Ancora più potente (circa 5 volte tanto) è stata l'eruzione di Toba, a Sumatra, 74000 anni fa (vedi questo link). Non erano tempi storici, ma i nostri antenati "sapiens" esistevano già. Da quello che sappiamo, Ouranui non ha fatto danni agli esseri umani che sembra non esistessero in Nuova Zelanda. Molto peggio ha fatto Toba, che è stato un evento globale. Il raffreddamento che ne è seguito sembra abbia sterminato gran parte degli umani dell'epoca, riducendone il numero a meno di 10000. Tuttavia, per quanto tremenda sia stata l'eruzione di Toba, il suo effetto si vede appena nei record climatici, come si vede per esempio a questo link.

Insomma, i vulcani hanno brevi effetti di raffreddamento che possono causare gravi danni - specialmente se proprio in quel momento vi state ritirando dalla Russia. Ma non hanno effetti a lungo termine, nemmeno se sono dei supervulcani. Tutto questo ha una sua logica e si spiega molto bene nell'ambito della comprensione che abbiamo del sistema climatico. Quello che ha l'effetto più importante nel clima sono i gas serra, e le eruzioni vulcaniche - per quanto spettacolari siano - contribuiscono pochissimo alla variazione della concentrazione dei gas serra. Questo diagramma chiarisce la cosa molto bene (da un articolo di Lisa Moore):

 

Vedete che i vulcani degli ultimi decenni non hanno nessun effetto sulla curva. E' interessante notare come l'effetto dell'attività umana sia tanto più importante di quella naturale su queste scale di tempo.

Tuttavia, bisogna anche dire che l'attività vulcanica è fondamentale per determinare il clima terrestre - ma su scale estremamente lunghe rispetto a quelle che ci possono interessare. La terra emette ("degassa") CO2 dal suo interno attraverso l'attività vulcanica. Si ritiene (Derrill Kerrick, 2001) che il totale degassamento di CO2 annuale odierno sia intorno a 2x10^12 (duemila miliardi) di "moli" all'anno. Questo è molto poco dato che l'atmosfera contiene circa 6x10^16 moli di CO2, ovvero più di 10000 volte tanto. Invece, l'aumento che vediamo nella concentrazione di CO2 si spiega molto bene con la quantità di combustibili fossili che bruciamo

Ma su scale di tempi molto lunghe, il degassamento del CO2 - ovvero i vulcani - sono fondamentali per mantenere i livelli di CO2 nell'atmosfera a un livello tale da non trasformare il pianeta in un blocco di ghiaccio. Se non ci fossero i vulcani, la reazione del CO2 atmosferico con i silicati lo farebbe sparire completamente in qualche decina o centinaia di migliaia di anni e forse meno. Senza vulcani, la vita sulla terra sarebbe morta appena nata - anzi, probabilmente non sarebbe mai esistita.

Ma è anche vero che ci può essere troppo di una cosa buona: troppi vulcani possono emettere troppo CO2 e scaraventare il pianeta in una fase di surriscaldamento. E' il caso delle "grandi province magmatiche" che sono il "top" della classifica dei vulcani. Sono aree di centinaia di migliaia di chilometri quatrati (per intenderci, dell'ordine dell'area dell'intera Italia) che eruttano per centinaia di migliaia di anni. In queste condizioni, il degassamento di CO2 non è certamente trascurabile e - nel remoto passato - queste eruzioni hanno causato alcuni disastri veramente planetari. Da quello che sappiamo è stata una di queste grandi provincie che si è formata alla fine dell'era Paleozoica in Siberia a causare un riscaldamento planetario che ha portato all'estinzione di forse il 90% di tutte le specie esistenti all'epoca. Questa ed altre estinzioni di massa sono dei malfunzionamenti del ciclo "lungo" del carbonio che equilibra - più o meno - il CO2 che degassano i vulcani con quello che viene rimosso per reazione con i silicati.


Insomma, un argomento molto affascinante quello dei vulcani e dei supervulcani che, fra le altre cose, è una continua conferma delle fondamenta della scienza del clima, ovvero al fatto che i gas serra sono il fattore predominante nel determinare la temperatura dell'atmosfera.

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Si veda anche l'ottimo post di Steph sull'argomento.