martedì 17 aprile 2012

Perché gli Scettici del Riscaldamento Globale sbagliano

Di William D. Nordhaus
Traduzione dall'originale sul New York Review of books a cura di Massimiliano Rupalti

William Nordhaus è uno dei più grandi economisti viventi; certamente non un catastrofista fanatico. Il fatto che qui prenda posizione con grande forza sulla questione del cambiamento climatico è una buona indicazione su come si stia prendendo coscienza del pericolo che corriamo in settori sempre più ampi della scienza e della politica.

Olaf Otto Becker

Iceberg nella laguna di Jökulsárlón in Islanda, laguna che si sta costantemente allargando mentre il ghiacciaio Vatnajökull – Il più grande d'Europa -  si scioglie. Fotografia di Olaf Otto Becker dal suo libro Sotto la Luce del Nord: un viaggio nel tempo, Islanda 1999-2011, che è appena stato pubblicato da  Hatje Cantz


La minaccia del cambiamento climatico è un problema sempre più importante per il globo. A causa del coinvolgimento di questioni economiche ha ricevuto un'attenzione relativamente scarsa. Avevo scritto un libro non tecnico per la gente che volesse vedere come gli approcci di mercato potevano essere usati per formulare politiche sul cambiamento climatico. Quando ho mostrato una prima bozza ai colleghi, la loro risposta è stata che avevo lasciato fuori gli argomenti degli scettici sul cambiamento climatico e di conseguenza li ho affrontati a lungo.
Ma una delle difficoltà che ho trovato esaminando le visioni degli scettici climatici è che essi sono sparpagliati ampiamente in blog, conferenze e pamphlet. Poi ho visto un articolo di opinione sul Wall Street Journal del 27 gennaio 2012, di un gruppo di sedici scienziati, intitolato “Non c'è alcun bisogno di allarmarsi per il riscaldamento globale”. Il che è molto utile, perché contiene molte delle critiche standard in una dichiarazione succinta. Il messaggio di base dell'articolo è che il globo non si sta scaldando, che le voci dissidenti vengono soppresse e che le politiche di ritardo per rallentare il cambiamento climatico per i prossimi cinquanta anni non avranno nessuna conseguenza seria sull'economia e sull'ambiente.

La mia risposta è progettata principalmente per correggere la loro descrizione fuorviante della mia ricerca, ma è anche diretta in modo più ampio al loro tentativo di discreditare gli scienziati e la ricerca scientifica [1]. Ho identificato sei problemi chiave che vengono sollevati nell'articolo e vi fornisco commenti sulla loro sostanza e precisione. Essi sono:

• Il pianeta si sta davvero scaldando?
• Le influenze umane contribuiscono al riscaldamento?
• l'anidride carbonica è un inquinante?
• Stiamo vedendo un regime di paura per gli scienziati scettici?
• Le visioni degli scienziati climatici mainstream sono guidate dal desiderio di guadagno economico?
• E' vero che maggior anidride carbonica e riscaldamento aggiuntivo saranno benefici?

Come indicherò sotto, su ognuna di queste questioni i sedici scienziati forniscono risposte non corrette o fuorvianti. In un tempo in cui abbiamo bisogno di chiarire le confusioni pubbliche sulla scienza e l'economia del cambiamento climatico, essi hanno intorbidito le acque. Descriverò i loro errori e spiegherò le scoperte dell'attuale scienza ed economia del clima.

1.

La prima affermazione è che il pianeta non si sta riscaldando. Più precisamente, “Forse il fatto più scomodo è la mancanza di riscaldamento globale per ben più di 10 anni”.

E' facile perdersi nei più piccoli dettagli qui. Molta gente trarrà beneficio a tornare sui propri passi e guardare le registrazioni delle reali misurazioni delle temperature. La figura sotto mostra i dati dal 1880 al 2011sulla temperatura media globale calcolata da tre fonti differenti [2]. Non abbiamo bisogno di nessuna complicata analisi statistica per vedere che le temperature stanno salendo e inoltre che sono più alte nell'ultimo decennio di quanto non fossero nei tre precedenti [3].



Uno dei motivi per cui trarre conclusioni sulle tendenze di temperatura è difficile è che la serie storica delle temperature è molto volatile, come si può vedere nella figura. La presenza di volatilità a breve termine richiede di guardare le tendenze a lungo termine. Un'analogia utile è quella degli stock market. Supponete che un analista dica che a causa dei veri stock i prezzi sono diminuiti durante l'ultimo decennio (il che è vero), ne segue che non c'è alcuna tendenza alla crescita. Qui, ancora, un esame dei dati di lungo termine mostrerebbe rapidamente che questo non è corretto. L'ultimo decennio di temperature e stock market non è rappresentativo delle tendenze di lungo termine.

La scoperta che la temperatura globale sta aumentando durante l'ultimo secolo o più, è una delle scoperte più solide della scienza del clima e della statistica.

2.

Un secondo argomento è che il riscaldamento è inferiore da quanto predetto dai modelli: La mancanza di riscaldamento per più di un decennio – in effetti, il riscaldamento più piccolo del previsto durante 22 anni da quando l'IPCC ha iniziato a pubblicare le proiezioni – suggerisce che i modelli computerizzati hanno grandemente esagerato il riscaldamento che la CO2 può provocare.

Quali sono le prove sulle prestazioni dei modelli climatici? Prevedono le tendenze storiche accuratamente? Gli statistici affrontano d'abitudine questo tipo di domande. L'approccio standard è quello di fare un esperimento in cui (caso 1) i modellatori inseriscono i cambiamenti nella concentrazione di CO2 ed altre influenze climatiche in un modello climatico e valutano il corso delle temperature risultanti, poi (caso 2) i modellatori calcolano cosa accadrebbe nella situazione controfattuale dove i soli cambiamenti erano di origine naturale, per esempio il Sole o i vulcani, senza alcun cambiamento di origine umana. Poi confrontano i reali aumenti della temperatura del modello (caso 1) con le previsioni di origine solo naturale (caso 2). Questo esperimento è stato fatto molte volte usando i modelli climatici. Un buon esempio è l'analisi descritta nella Relazione sulla Quarta Valutazione dell'IPCC (per la figura, vedere il materiale di accompagnamento online [4]). Diversi modellatori hanno fatto funzionare entrambi i casi 1 e 2 descritti sopra – uno che includeva i cambiamenti indotti dall'azione umana ed uno con le sole origini naturali. Questo esperimento ha mostrato che le proiezioni dei modelli climatici sono coerenti con le temperature registrate durante gli ultimi decenni solo se sono inclusi gli impatti di origine umana. La divergenza nella tendenza è particolarmente pronunciata dopo il 1980. Dal 2005, i calcoli che tengono conto delle sole origini naturali non prevedono il reale aumento della temperatura di 0,7°, mentre i calcoli che includono le origini umane si accordano alla vera tendenza della temperatura molto bene. Revisionando i risultati, il report dell'IPCC concludeva: “nessun modello climatico che usa forze naturali (per esempio fattori di riscaldamento naturale) da sole, ha riprodotto la tendenza al riscaldamento globale osservato nella seconda metà del ventesimo secolo”. [5]

3.

I sedici scienziati in seguito attaccano l'idea che la CO2 sia un inquinante. Scrivono: “il fatto è che la CO” non è un inquinante”. Con questo, probabilmente essi intendono che la CO2 non è in sé tossica per gli umani o altri organismi in una gamma di concentrazioni che è probabile incontrare, e infatti concentrazioni più alte di CO” possono essere benefiche. Tuttavia, questo non è il significato di inquinamento sotto la legge degli Stati Uniti o nell'economia standard. Il Clean Air Act degli Stati uniti definiva un inquinante dell'aria come “ogni agente che inquina l'aria o combinazione di tali agenti, compresa ogni sostanza o materia 'fisica, chimica, biologica, radioattiva... che venga emessa nell'aria o che vi entri in qualche altro modo”. In una decisione del 2007 su questa questione, la Corte Suprema ha legiferato chiaramente su questo tema: “Anidride carbonica, metano, ossido di azoto e idrofluorocarburi sono senza dubbio [e] sostanze...chimiche che [vengono] emesse nell'aria'... I gas serra si adattano bene all'interno della ampia definizione del Clean Air Act di 'inquinante dell'aria' “. [6] In economia, un inquinante è una forma negativa di esternalità – cioè un sottoprodotto dell'attività economica che causa danni ad astanti innocenti. La questione qui è è se le emissioni di CO2 ed altri gas serra causeranno danni reali, ora ed in futuro. Questa questione è stata intensamente studiata. La più recente indagine approfondita da parte dello studioso leader nel settore, Richard Tol, trova una vasta gamma di danni, in particolare se il riscaldamento è maggiore di 2°. [7] La principali preoccupazioni sono l'innalzamento del livello dei mari, uragani più intensi, perdita di specie ed ecosistemi, acidificazione degli oceani, così come le minacce all'eredità naturale e culturale del pianeta. In breve, la contesa se la CO2 sia o no un inquinante è un artificio retorico e non è supportato dalle leggi americane, dalla teoria economica o dagli studi.

4.

La quarta contestazione dei sedici scienziati è che gli scienziati del clima scettici vivano sotto un regime di terrore riguardo alla loro sopravvivenza professionale e personale. Scrivono:

“Malgrado il numero di scienziati che dissentono pubblicamente sia in crescita, molti giovani scienziati dicono che mentre nutrono seri dubbi sul messaggio del riscaldamento globale, essi temono di esporsi per la paura di non essere promossi – o peggio....

Questo non è il modo in cui dovrebbe funzionare la scienza, ma lo abbiamo visto in precedenza – per esempio nel periodo spaventoso quando Trofim Lysenko aveva sequestrato la biologia in Unione Sovietica. I biologi sovietici che avevano rivelato di credere nei geni, che Lysenko considerava una finzione borghese, sono stati licenziati dal loro lavoro. Molti sono stati spediti nei Gulag ed alcuni condannati a morte”. 

Mentre dobbiamo sempre fare attenzione all'istinto del gregge, questa storia lurida è fuorviante all'estremo. Qualche notizia su Lysenko sarà utile. Era il leader di un gruppo che rifiutava la genetica standard e sosteneva che le caratteristiche acquisite di un organismo potevano essere ereditate dai loro discendenti. Ha sfruttato l'ideologia sovietica sull'eredità, la necessità di produzione agricola ed il favore di un potente dittatore – Stalin – per attrarre accoliti alla sua teoria. Sotto la sua influenza, la genetica è stata ufficialmente considerata non scientifica. Una volta ottenuto il controllo della biologia russa, le ricerche genetiche sono state proibite e migliaia di genetisti sono stati licenziati. Molti importanti genetisti sono stati mandati in esilio nei campi di lavoro in Siberia, avvelenati o fucilati. La sua influenza è cominciata a svanire dopo la morte di Stalin, ma ci sono voluti molti anni alla biologia russa per superare l'affare Lysenko. [8] L'idea che gli scienziati del clima scettici siano stati trattati come i genetisti russi nel periodo stalinista di fatto non ha alcun fondamento. Non c'è alcun dittatore politico o scientifico negli Stati Uniti. Nessun scienziato climatico è stato espulso dall'Accademia Nazionale delle Scienze degli stati Uniti. Nessuno scettico è stato arrestato o rinchiuso in un gulag o equivalente moderni della Siberia. Infatti, gli autori dissenzienti sono nelle più grandi università del mondo, compresa Princeton, MIT, Università di Cambridge e Università di Parigi. Posso parlare personalmente del vivace dibattito sulla politica del cambiamento climatico. Ci sono controversie su molti dettagli della scienza e dell'economia del clima. Mentre alcuni affermano che non possono pubblicare i propri saggi, i documenti di lavoro ed Internet sono aperti a tutti. Penso il contrario di quanto i sedici scienziati affermano essere la verità: le voci dissidenti e le nuove teorie sono incoraggiate perché sono fondamentali per acuire la nostra analisi. L'idea che la scienza e l'economia del clima siano state soppresse da un moderno Lysenkismo è pura fantasia.

5.
Un quinto argomento è che gli scienziati del clima mainstream beneficiano del clamore sul cambiamento climatico:

Perché c'è così tanta passione sul riscaldamento globale...? Ci sono diverse ragioni, ma un buon punto di partenza è la vecchia domanda “cui bono” (a chi giova)? O l'aggiornamento moderno “Segui i soldi”.

L'allarmismo sul clima è di grande beneficio per molti, fornisce finanziamenti per la ricerca accademica ed un motivo per crescere alle burocrazie dei governi. L'allarmismo offre anche una scusa ai governi per aumentare le tasse, i sussidi finanziati con le tasse per le aziende che capiscono come lavorarsi il sistema politico e un'esca per grandi donazioni a fondazioni caritatevoli che promettono di salvare il pianeta.

Questa argomentazione è inesatta come storia scientifica e non è sostenuta da alcuna prova. C'è l'insinuazione che le teorie standard sul riscaldamento globale siano state messe insieme dall'equivalente del Madison Avenue (forse in riferimento ad un famoso negozio di moda di Manhattan, ndT) per raccogliere fondi dalle agenzie governative come la National Science Foundation (NSF). Il fatto è che i primi calcoli accurati sull'impatto dell'aumento delle concentrazioni di CO2 sulle temperature di superficie della Terra sono stati fatti da Svante Arrhenius nel 1896, più di cinque decenni prima che venisse fondata la NSF. Il racconto degli scettici fraintende anche gli incentivi nella ricerca accademica. Gli autori dell'IPCC non sono pagati. Gli scienziati che prestano servizio nei gruppi dell'Accademia Nazionale della Scienza lo fanno senza compenso monetario per il loro tempo e sono soggetti ad attento esame per i conflitti di interesse. Gli avanzamenti accademici avvengono principalmente con le pubblicazioni di ricerche e contributi all'avanzamento della conoscenza, non dal sostenere la visione “popolare”. Infatti, gli accademici sono spesso oggetto di duri attacchi politici quando i loro punti di vista cozzano con gli attuali dettami politici o religiosi. E' il caso dell'economia di oggi, dove gli economisti keynesiani vengono attaccati per il loro appoggio allo “stimolo fiscale” per promuovere la ripresa da una profonda recessione. Ed in biologia, dove i biologi evoluzionisti vengono attaccati come atei perché perché sono fermi sulle loro scoperte che la Terra è vecchia di miliardi di anni, piuttosto che di migliaia.

Infatti, l'argomentazione sulla venalità dell'accademia è sostanzialmente un diversivo. I soldi grossi nel cambiamento climatico riguarda società, industrie e singoli individui che si preoccupano che i loro interessi economici possano essere minacciati dalle politiche per rallentare il cambiamento climatico. Gli attacchi alla scienza del riscaldamento globale sono una riminiscenza della resistenza ben documentata delle compagnie del tabacco alle scoperte scientifiche sui pericoli del fumo. A cominciare dal 1953, le più grandi compagnie del tabacco hanno lanciato una campagna di pubbliche relazioni per convincere il pubblico ed il governo che non c'era nessuna solida base scientifica per l'affermazione che fumare fosse pericoloso. La parte più ambigua della campagna è stata la sottoscrizione da parte di ricercatori che avrebbero sostenuto la rivendicazione dell'industria. L'approccio è stato descritto appropriatamente da uno dei dirigenti delle compagnie del tabacco: “il dubbio è il nostro prodotto perché è il mezzo migliore per competere col “corpo dei fatti” presente nelle menti del pubblico. E' anche il modo per introdurre una controversia”. [9] Uno degli aspetti più preoccupanti della distorsione della scienza del clima è che la posta in gioco è enorme qui – anche più grandi delle poste in gioco economiche per tenere in vita l'industria del tabacco. La vendita del tabaco oggi negli Stati Uniti sono al di sotto dei 100 miliardi di dollari. Per contro, le spese per tutti i beni energetici e per i servizi sono vicini ai 1000 miliardi di dollari. Le restrizioni sulle emissioni di CO2 abbastanza consistenti da far ridiscendere la curva delle temperature dalla sua attuale traiettoria ad un massimo di 2° o 3° avrebbero effetti economici grandi su molte aziende. Scienziati, cittadini ed i nostri leader avranno bisogno di essere estremamente vigili per prevenire l'inquinamento del processo scientifico propugnato dai mercanti di dubbio.

6.

Il punto finale concerne l'analisi economica. I sedici scienziati argomentano, citando la mia ricerca, che l'economia non sostiene le politiche per rallentare il cambiamento climatico nel prossimo mezzo secolo:

Uno studio recente di una vasta gamma di opzioni politiche dell'economista di Yale  William Nordhaus ha mostrato che è stato quasi raggiunto il più alto rapporto costo-beneficio per altri 50 anni di crescita liberi dal controllo dei gas serra. Questo beneficerebbe particolarmente per le zone meno sviluppate del mondo che vorrebbe condividere alcuni degli stessi vantaggi del benessere materiale, della salute e dell'aspettativa di vita delle quali le aree del mondo pienamente sviluppate godono. Molte altre risposte politiche avrebbero un ritorno negativo dell'investimento. Ed è probabile che più CO2 ed il modesto riscaldamento che potrebbe derivarne sarebbe complessivamente un beneficio per il pianeta.

Su questo punto, non ho bisogno di ricostruire come gli scienziati del clima hanno fatto le loro proiezioni, o rivedere le persecuzioni dei genetisti sovietici. Ho fatto la ricerca e scritto il libro su cui essi basano le loro dichiarazioni. La sintesi degli scettici è basata su una analisi povera e su un lettura non corretta dei risultati. 

Il primo problema è un errore elementare nell'analisi economica. Gli autori citano il “rapporto costi-benefici” per sostenere la loro argomentazione. Costi-benefici elementari ed economia aziendale insegnano che questo è un criterio non corretto per scegliere investimenti e politiche. Il criterio appropriato per le decisioni in questo contesto è quello dei benefici netti (cioè, la differenza fra e non il rapporto di costi e benefici). 

Questo punto può essere visto in un semplice esempio che si applicherebbe in caso di investimenti per rallentare il cambiamento climatico. Supponete che abbiamo0 pensato due politiche. La politica  A ha un investimento piccolo nell'abbattimento delle emissioni di CO2. Costa relativamente poco (diciamo 1 miliardo di dollari) ma ha benefici sostanziali (diciamo 10 miliardi di dollari), per un beneficio netto di 9 miliardi di dollari. Ora comparatela con un investimento molto efficace e più grande, la politica B. Questo secondo investimento costa di più (diciamo 10 miliardi di dollari) ma ha benefici sostanziali (diciamo 50 miliardi di dollari), per un beneficio netto di 40 miliardi di dollari. B è preferibile perché ha un beneficio netto maggiore (i 40 miliardi di dollari di B in confronto dei 9 di A), ma A ha un rapporto costi benefici maggiore (un rapporto di 10 per A e di 5 per B). Questo esempio mostra perché dovremmo, nel progettare le politiche più efficaci, guardare ai benefici sottraendo i costi, non ai benefici divisi per i costi.

Questo ci porta al secondo punto, cioè che gli autori sintetizzano in modo non corretto i miei risultati. La mia ricerca mostra che ci sono di fatto benefici netti sostanziali nell'agire ora piuttosto che aspettare 50 anni. Uno sguardo alla Tabella 5-1 nel mio studio Una Questione di Equilibrio (2008) mostra che il costo di aspettare 50 anni per cominciare a ridurre le emissioni di CO2 è di 2,3 trilioni di dollari in prezzi del 2005. Se aggiorniamo quella somma ai prezzi ed all'economia di oggi , la perdita sarebbe di 4,1 trilioni. Le guerre sono iniziate da somme più piccole. [10] Il mio studio è solo uno dei tanti studi economici che rilevano che l'efficienza economica dovrebbe puntare al bisogno di ridurre l'emissione di CO2 ed altri gas serra adesso e non aspettare per mezzo secolo. Aspettare non è solo costoso economicamente, me renderà anche la transizione molto più costosa quando alla fine avrà luogo. Gli attuali studi economici suggeriscono che la politica più efficiente è quella di aumentare il costo delle emissioni di CO2 in modo sostanziale, o attraverso il “cap-and-trade” (limitazione e scambio) o con tasse sul carbonio, per fornire incentivi appropriati per le imprese e le famiglie per potersi riconvertire ad attività a basso-emissive. Si potrebbe argomentare che qui abbiamo molte incertezze e che dovremmo aspettare finché queste non vengano risolte. Sì, ci sono molte incertezze. Ciò non significa che si dovrebbe ritardare l'azione. Infatti, la mia esperienza nello studiare questo soggetto per molti anni è che abbiamo scoperto ulteriori puzzles ed incertezze più grandi quando i ricercatori scavato più a fondo. Ci sono di continuo grandi domande sul futuro delle grandi piattaforme di ghiaccio della Groenlandia e dell'Antartico Occidentale; lo scongelamento di vasti depositi di metano congelato; cambiamenti negli schemi di circolazione del Nord Atlantico; la potenziale perdita di controllo del riscaldamento e gli impatti della carbonizzazione ed acidificazione degli oceani. Inoltre, i nostri modelli economici hanno grandi difficoltà ad includere questi grandi cambiamenti geofisici ed i loro impatti in modo attendibile. Le politiche messe in atto oggi servono da argine contro inaspettati pericoli futuri che emergono improvvisamente a minacciare le nostre economie ed il nostro ambiente. Quindi, se non altro, le incertezze punterebbero a politiche più decise piuttosto che il contrario – e che cominci prima piuttosto che dopo – per rallentare il cambiamento climatico. 

Il gruppo dei 16 scienziati sostiene che dovremmo evitare l'allarmismo sul cambiamento climatico. Io sono ugualmente preoccupato da coloro che affermano che incorreremo in una catastrofe economica se intraprendiamo passi per rallentare il cambiamento climatico. L'affermazione che la legislazione di limitazione e scambio o le tasse sul carbonio sarebbero rovinose o disastrose per le nostre società non si appoggiano su analisi economiche serie. Abbiamo bisogno di affrontare i problemi con mente fredda e cuore caldo. E col rispetto della logica e della scienza seria.

22 febbraio 2012

1. L'autore è Professore Sterling di Economia all'Università di Yale. Ha ricevuto sostegno per la ricerca sull'economia del cambiamento climatico durante l'ultimo decennio dalla National Science Foundation, dal Dipartimento dell'Energia e dalla Galser Foundation. Cosa diversa dalla ricerca associata a qualsiasi futuro sovvenzionamento, gli autori non dichiarano alcun conflitto di interesse.

2. Le tre serie sono state prodotte dallo UK Headly Center, dall'US Goddard Institute for Space Studies (GISS) e dallo US National Climate Data (NCDC). Per coloro che chiedono se le serie sulle temperature medie globali sono esse stesse i prodotto di una cospirazione scientifica, ecco un ulteriore controllo. Insieme al mio collega Xi Chien, ho costruito già un altro indice della temperatura media globale. Lo abbiamo fatto ottenendo i dati delle temperature dalla griglia di cellule ed aggregandole ad una media globale usando i pesi della superficie territoriale della nostra ricerca. Per essere anche più conservatori, abbiamo anche fatto una revisione della griglia di cellule intorno al mondo (come Dakar, Albuquerque, Casablanca, Llasa, Yunchuan e Yellowknife). La serie storica di temperature che abbiamo costruito si comportavano in modo molto simile a quelle costruite dagli scienziati del clima.

3. Per quelli a cui piacerebbe avere un campione di come gli statistici si approcciano al problema delle temperature crescenti, eccone un esempio. Molti scienziati del clima credono che il riscaldamento indotto dalla CO2 è diventato particolarmente rapido dal 1980. Quindi possiamo usare un'analisi statistica per testare se la tendenza della temperatura media globale è più accentuata nel periodo 1980-2011 che durante il periodo 1880-1980. Un'analisi di regressione determina che la risposta è sì, l'aumento della temperatura è di fatto più rapida. Una analisi del genere procede in questo modo: Le serie “TAVt” è la media fra le medie annuali di GISS, NDCD e Hadley. Stimiamo una regressione della forma TAVt = α + β Annot + γ (Anno dal 1980)t + εt. In questa formula “Annot” è semplicemente l'anno , mentre (Anno dal 1980)t è da 0 a 1980 e quindi (Anno-1980) per gli anni dopo il 1980. Le lettere greche ( (α, β, and γ) sono coefficienti, mentre εt è un errore residuale. L'equazione stimata ha un coefficiente sull'Anno di 0.0042 (t-statistico = 12,7) ed un coefficiente sull'(Anno dal 1980) di 0.00135 (t-statistico = 8,5). L'interpretazione è che le temperature nel periodo 1880-1980 sono cresciute di 0.0042 °C all'anno, mentre nel periodo successivo sono cresciute di 0.0135°C all'anno più rapidamente. La statistica-t nelle parentesi indica che il coefficiente sull'(Anno dal 1980) era 8,5 volte il suo errore standard. Usando gli standard per la significanza statistica, questo grande coefficiente-t potrebbe essere ottenuto con una possibilità su un milione. Possiamo usare altri anni come punti di rottura, dal 1930 al 200, e la risposta è la stessa: c'è stata una più rapida crescita della temperatura media globale nel periodo più recente che non in quelli precedenti.

4. Uso questo esempio per illustrare un esperimento che è stato condotto per determinare la consistenza dei modelli climatici e dell'osservazione delle temperature. L'esperimento è iniziato con 14 diversi modelli climatici. I modellatori climatici hanno calcolato la traiettoria delle temperature sul periodo 1900-2005 se con che senza la CO2 e gli altri fattori di origine umana. Nella figura in basso dal quarto rapporto di valutazione dell'IPCC, la parte bassa mostra i calcoli che contemplano solo le forze naturali come i le eruzioni vulcaniche ed i cambiamenti nell'attività solare. La linea marcata nera è la registrazione della reale temperatura, mentre la linea marcata blu è la media dei modelli di temperatura calcolata globale con le sole forze naturali (“senza GHG” - greenhouse gases; gas serra, ndT). Le diverse linee blu sottili sono il risultato dei singoli modelli, mentre le linee grigie verticali rappresentano i maggiori eventi di raffreddamento dovuti ad eruzioni vulcaniche.


La parte alta mostra i calcoli che includono sia le forze naturali sia le concentrazioni di gas serra stimati e le forzanti. Inoltre, la linea marcata nera è la reale registrazione della temperatura, mentre la linea marcata rossa è la media del modello della temperatura complessiva calcolata con la CO2 ed altri gas serra così come con le forze naturali (“Con GHG”). La nuvola di linee gialle sottili rappresenta i risultati dei modelli individuali.

Questo esperimento mostra che i modelli climatici sono coerenti con la tendenza della temperatura durante gli ultimi anni solo se vengono tenute in considerazione le stime indotte dall'accumulo di CO2 ed altri gas serra. La fonte è Cambiamento Climatico 2007:  Le Basi della Scienza Fisica. Contributo del Gruppo di Lavoro I al Quarto Rapporto di Valutazione dell'IPCC edito da S. Solomon ed altri (Cambridge University Press, 2007), p. 685f.

5. S. Solomon ed altri,Cambiamento Climatico 2007, p. 687.

6. Opinione della Corte in Massachusetts v. Environmental Protection Agency, 549 U.S. 497 (2007).

7. Richard S. J. Tol, “Gli Effetti Economici del Cambiamento Climatico”, rivista di Prospettive Economiche, Vol. 23, No. 2 (Spring 2009).

8. Un racconto agghiacciante della storia si trova in “Le conseguenze della Dittatura Politica per la Scienza Russa” di Valery N. Soyfer, Nature Reviews Genetics, Vol. 2 (settembre 2001).

9. Brown & Williamson Tobacco Corporation, “Proposta per il fumo e la salute” 1969, disponibile presso la Legacy Tobacco Documents Library (legacy.library.ucsf.edu). C'è una vasta letteratura sulla strategia dell'industria del tabacco per distorcere le prove scientifiche e promuovere opinioni favorevoli al fumo. Vedete “I saggi sulle sigarette” di Stanton Glantz (University of California Press, 1996) e Le Guerre del Cancro:come la Politica plasma ciò che sappiamo e non sappiamo sul Cancro (Basic Books, 1995). La storia è aggiornata all'era moderna e agli attacchi dell'industria alla scienza ambientale  in Mercanti di Dubbi di Naomi Oreskes e Eric Conway (Bloomsbury, 2010).

10. La stima proviene da Una Questione di Equilibrio: valutare le Opzioni delle  Politiche sul Riscaldamento Globale (Yale University Press, 2008), p. 82. Il numero aggiornato è calcolato come segue. Aggiorniamo i prezzi dal 2005 al 2012 usando l'indice dei prezzi PIL degli Stati Uniti, che è stimato come il 15,6% più alto nel 2012 che nel 2005. Poi il numero viene messo nell'economia del 2012 usando un reale tasso di sconto del 6% all'anno.





sabato 14 aprile 2012

Un po' di paglia in fondo al dirupo

Guest post di Dmitri Orlov
Traduzione a cura di Massimiliano Rupalti da Club Orlov




C'è un vecchio detto russo che dice: “Se avessi saputo dove sarei caduto, ci avrei messo sotto un po' di paglia” (“Знал бы, где упаду—соломки бы подостлал”). E' uno delle migliaia di detti che sono i depositari dell'antica saggezza popolare. Normalmente viene utilizzato per esprimere l'inutilità di tentare di anticipare l'inatteso. Qui, gli do un'accezione scherzosa, per sottolineare la follia del rifiuto di anticipare l'inevitabile.

Ho cominciato a pensare a queste righe quando sono stato invitato a parlare alla conferenza annuale di ASPO (Association for the Study of Peak Oil) che si è tenuta a Washington nell'ottobre dello scorso anno. Si profilava come qualcosa tipo un giro d'onore per il movimento del Picco del Petrolio, ora che il momento in cui il petrolio convenzionale globale aveva raggiunto il suo picco storico è veramente ben alle nostre spalle, mentre le più recenti risorse non convenzionali di combustibili liquidi si sono rivelate non abbastanza abbondanti e troppo costose sia per il portafogli che per l'ambiente. Vorrei usare questa opportunità per provare ancora a correggere quello che vedo come il maggior difetto della narrativa sul Picco del Petrolio: l'idea di un declino gentile e geologicamente gestito della produzione di petrolio, che sembra molto irrealistico, come ho detto nei dettagli nel mio articolo “Il Picco del Petrolio è Storia passata” più di un anno fa. Ma volevo anche guardare oltre a questo, abbozzare qualche piano che funzionasse, dopo che la produzione di petrolio si sarà tuffata da un dirupo, e cosa servirebbe per farli decollare.

E' cosa buona e giusta presentare argomenti verbali, ma le parole non valgono contro i numeri e le curve, quindi ho cominciato a guardarmi intorno in cerca di un modello che cogliesse l'essenza di ciò che avevo stabilito. Ho chiesto alla gente di contattarmi se volevano collaborare e sono stato molto felice di ricevere una email dal Prof. Ugo Bardi dell'Università di Firenze che mi chiedeva cosa avessi in mente. Ugo è un'autorità sul modello, tanto calunniato ma ora vendicato, de “I limiti dello Sviluppo”, avendone fornito un aggiornamento in un suo recente libro.




Ho risposto ad Ugo:

“Vorrei argomentare che, mentre il metodo usato per modellare il Picco del Petrolio usando una curva Gaussiana è ragionevole per quanto riguarda specifici giacimenti petroliferi, provincie e nazioni, non è ragionevole se guardiamo all'intero pianeta, perché, diversamente da provincie e nazioni che hanno un declino della produzione, il pianeta non può importare petrolio, mentre gli shock petroliferi causano il collasso delle economie industriali piuttosto del loro declino graduale lungo una curva geologica forzata. Nel mio articolo, ho fatto un lungo elenco di effetti come declino dell'EROEI, l'effetto dell'esportazione della terra, ecc., per avvalorare l'ipotesi di un declino rapido piuttosto che uno graduale”.


“Se prendiamo il nostro bel modello Gaussiano semplice del Picco del Petrolio e ci allontaniamo sufficientemente, questo sembrerà un impulso. L'ampiezza del picco e la larghezza non sono tanto  interessanti, ma sappiamo cos'è l'area sotto la curva: il massimo estraibile. Questa è la visione “Gola di Oduvai” del Picco del Petrolio. Tornando indietro, vediamo che la linea in salita è la linea di “crescita”, influenzata dalla crescita economica, miglioramento tecnologico, esplorazioni sempre più ampie e così via, e ci aspettiamo e vediamo la crescita economica. La linea in discesa, dall'altra parte, dominata dall'improvviso collasso delle economie industriali dovuta a tutti i fattori che ho elencato, ci si aspetterebbe che somigliasse ad un declino esponenziale, ma è così ripida che la potremmo paragonare ad una funzione a gradi. Questo è ciò che vediamo in genere quando un processo di crescita raggiunge il suo limite. La produzione della birra è un esempio famoso: la popolazione di lieviti e l'uso di zucchero aumentano esponenzialmente finché collassano”.

“Mentre il petrolio è la fonte di energia “attivante”, che rende possibile esaurire tutte le altre risorse ad un tasso elevato, un graduale declino della disponibilità arresterebbe il processo di esaurimento di (quasi) tutte le altre risorse (la legna da ardere nelle aree rurali e poche altre sono le eccezioni). Quindi, più il collasso viene ritardato, meno rimarrà per ricominciare, rendendo ogni tentativo di prolungare l'era del petrolio vano. Questo è un tema ecologico: più grande è il superamento (overshoot), più la capacità di carico finale è ridotta. Per questo, investire in schemi e imprese “a prova di collasso” è dannoso”.

Un'alternativa è quella di accantonare risorse (forniture, strumenti ed attrezzature, progetti, pacchetti di conoscenze) che possano essere facilmente distribuiti in caso di collasso. L'intera chiave di volta degli schemi d'impresa può essere sviluppata e capitalizzata, nell'aspettativa di collasso. Ciò 1. accelererebbe il collasso attraverso il ritiro di risorse dall'economia pre collasso (un positivo netto) e 2. provvederebbe ad un rapido sviluppo di imprese post collasso praticabili, come l'agricoltura manuale e biologica, trasporti a vela ed altri trasporti non motorizzati e così via (anche questi un positivo netto). Visto che c'è già una distinta mancanza di buone modalità per investire i soldi (Tesoro americano dei “Subprime”? Lingotti d'oro? Terreni agricoli africani colpiti da siccità?) questo potrebbe essere presentato alla comunità degli investitori come un modo per circoscrivere il collasso”.

Ugo ha risposto:

“Hmmm.... vediamo se ho capito quello che intendi: dici che una curva Gaussiana non va bene, che la discesa “dall'altra parte” del picco dovrebbe essere molto più rapida della crescita. Dico bene?

"Se sì, è curioso che io stessi lavorando a questo concetto proprio oggi – e penso di avere decifrato il problema proprio un'ora fa!! Forse era già ovvio ad altre persone, ma non lo era per me. Forse non sono così intelligente, ma almeno ora sono contento. Quindi, posso dirti che hai ragione sulla base del mio modello di dinamica dei sistemi. La discesa E' molto più veloce dell'ascesa!!”

“Quando ho ricevuto il tuo messaggio stavo giusto cominciando a preparare un post per “Cassandra's Legacy” su questo argomento. Così, se puoi aspettare un paio di giorni, completerò il mio post e lo pubblicherò. Quindi gli potrai dare un'occhiata e potremo discutere la cosa più a fondo. E farò in modo di citare il tuo post, perché penso che abbia centrato il bersaglio”.

Poco dopo Ugo ha pubblicato il suo post Effetto Seneca. Il nome proviene dalla citazione seguente di Seneca:

"Sarebbe una consolazione per la nostra debolezza e per i nostribeni se tutto andasse in rovina con la stessa lentezza con cui si produce e, invece,l'incremento è graduale, la rovina precipitosa.”
Lucio Anneo Seneca, Lettera a Lucilius, n. 91 

Ho risposto:

“L'effetto Seneca é eccezionale ed ha un nome azzeccato. (L'inverno scorso ho riletto le lettere di Seneca a Lucilius mentre ero a letto con l'influenza e le ho trovate molto rilevanti). Penso che dovrei essere capace di lavorare su questo modello per includervi alcuni altri effetti”.

Nel post di Ugo c'erano i dettagli di due modelli molto semplici.

Il primo modello riproduce la curva di esaurimento canonica, che è simile ad una curva Gaussiana. E' basata solo su un paio di relazioni intuitivamente ovvie: in primo luogo, il tasso al quale la base della risorsa viene sfruttata è proporzionale sia alla dimensione della base della risorsa stessa, sia alla dimensione dell'economia che è solita sfruttarla; in secondo luogo, l'economia decade nel corso del tempo (deprezzamento, entropia, ecc.). Imposta le condizioni iniziali, fa partire il tempo ed esce fuori la curva attesa.  

Il secondo modello incorpora il concetto di inquinamento, o burocrazia, o sovraccarico: gli inevitabili costi esterni dello sfruttamento delle risorse. Circa un terzo del flusso viene dirottato nel secchio dell'inquinamento, il quale anche decade nel tempo. Il primo modello, risulta, deve riempire il secchio dell' “inquinamento” sfruttando alcune altre risorse, attraverso l'importazione. Ma siccome il Pianeta nel suo complesso non importa nulla, il primo modello non è rilevante per fare un modello del Picco del Petrolio globale e quindi dobbiamo usare un secondo modello al suo posto.

Ho trovato il modello del dirupo di Seneca molto facile da riprodurre, prima usando un foglio di calcolo, poi scrivendo un breve programma su Python:


Ho mostrato i miei risultati ad Ugo e mi ha risposto: “Sì, sembra che funzioni”. Poi ho cominciato ad aggiungere elementi a questo modello, per vedere  cosa potrebbe servire per “riavviare” l'economia in un “sistema operativo” post combustibili fossili e post industriale. Sono partito da un assunto fortemente ideologico e molto ottimista: quando una massa critica di gente si rende conto che il Picco del Petrolio globale è avvenuto e che l'economia globale sta cominciando a collassare senza alcuna speranza di recupero, questa farà la cosa giusta, cioè prendere il 10% del rimanente prodotto industriale, dirottarlo e immagazzinarlo perché venga usato per “riavviare” in modo post industriale, una volta che il collasso avrà largamente fatto il suo corso. 

C'è un problema con questo piano: per un profano, il Picco del Petrolio globale è piuttosto difficile da individuare e porta ad uno stato di confusione e fibrillazione. Fino al collasso finale, sembra un plateau, in cui la produzione di petrolio si rifiuta di aumentare nonostante i prezzi siano storicamente alti.





Ma ignorare questo problema (bisogna idealizzare un po', per amor di chiarezza, quando si lavora con modelli concettuali), se cominciamo col mettere da parte un “Picco del Petrolio piccino” intorno a quando avviene il Picco del Petrolio e se distribuiamo tutto ciò che abbiamo accumulato quando l'economia dei combustibili fossili non ci può più sostenere, il quadro risulta essere questo:




Avvicinandoci, ci sono due inneschi: quando il “piccino” comincia ad accumulare (poco dopo il picco) e quando viene distribuito per costruire un'economia post collasso (quando l'economia dei combustibili fossili è ridotta al 50% del suo picco).


L'economia post collasso che ne risulta è molto più ridotta dell'economia dei combustibili fossili, ma ancora abbastanza grande per sostenere una porzione significativa della popolazione attuale, sebbene ad uno standard di vita molto più basso. Potrebbero non esserci riscaldamento o acqua calda nelle abitazioni, di sicuro niente vacanza ai tropici in inverno o frutta fuori stagione, niente trattamenti medici avanzati e così via. Ma sarebbe ancora meglio dell'alternativa, o, piuttosto, della mancanza totale di un'alternativa. 

Ho presentato questi grafici alla conferenza ASPO, dove sono stati accolti con un garbato silenzio. C'erano alcuni “investitori” alla conferenza, ma erano occupati a seguire una sessione dedicata a discutere le opportunità di investimento nell'economia dei combustibili fossili. Nessuno ha portato dei contro-argomenti, ma nessuno si è sentito in dovere di agire sulla base di quello che ho detto. Cosa pensate che sia? Perché questi individui ragionevolmente razionali che sono in grado di seguire un argomentazione e, incapaci di confutarla, non sono in grado di fare la transizione dal pensiero all'azione? Cosa li frena? Gli esseri umani sono chiaramente più intelligenti del lievito, ma che differenza c'è se sono incapaci di agire intelligentemente? Cercherò di affrontare questa domanda in un prossimo post.



giovedì 12 aprile 2012

"La Terra Svuotata:" presentazione a Firenze il 13 Aprile.


Quale giorno migliore che un Venerdì 13 per presentare questo libro?




Presentazione del libro "La Terra svuotata, il futuro dell'uomo dopo l'esaurimento dei minerali" 

di Ugo Bardi

Venerdì 13 aprile, ore 17:00
Sala delle Collezioni - Palazzo Bastogi
Consiglio Regionale della Toscana
via Cavour 18 - Firenze

Saluti iniziali:
Mauro Romanelli,
Segretario Questore Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale della Toscana

Intervengono:
Ugo Bardi
Autore del libro
Fabio Roggiolani
Presidente dell'associazione Ecquologia
Eugenio Baronti
Presidente di Zefiro - Ricerca Innovazione

“Cassandra cercò di avvertire i troiani
del pericolo che la città correva; ma non
fu creduta. Allora come oggi, preferiamo le
bugie rassicuranti alle verità scomode.”

[...] Le preoccupazioni sull'esaurimento del petrolio sono all'ordine del giorno, ma sono solo una parte di un problema molto più grande. Quando si esauriranno i minerali? Partendo da questa domanda, Ugo Bardi costruisce un racconto di tutta la storia dell'attività mineraria umana, dall'età della pietra fino al petrolio ai nostri giorni. Abbiamo ancora tante cose da scavare e tanto petrolio da estrarre ma, in tempi non lunghissimi, ci troveremo di fronte al limite della capacità umana di sfruttare il nostro pianeta per le sue risorse minerali. Sarà la “fine del popolo dei minatori” che ci porterà a percorrere strade nuove e sconosciute per tenere in piedi la nostra civiltà. [...


Segreteria organizzativa:
via Cavour 4 Firenze
Tel 055/2387506 - Fax 055/2387662

Ugo Bardi è docente dal 1990 presso il Dipartimento di Chimica dell’Università di Firenze. La sua carriera precedente include periodi di studio e insegnamento presso le università di New York, Marsiglia, Berkeley e Tokyo. Attualmente si occupa di nuove tecnologie energetiche e di politica dell’energia. È membro dell’associazione ASPO, un gruppo di scienziati indipendenti che studiano le riserve di petrolio mondiali e il loro esaurimento. Ha pubblicato: La fine del petrolio, Editori Riuniti, 2003; Il libro della Chimera, Edizioni Polistampa Firenze, 2008; con Giovanni Pancani, Storia petrolifera del bel paese, Edizioni Le Balze, 2006; The Limits to Growth Revisited, Springer Briefs in Energy, 2011.

martedì 10 aprile 2012

Picco? Quale picco? Sta tornando Re Carbone!

Re Carbone potrebbe tornare per salvarci dal picco del petrolio, ma condannandoci ad un peggior destino in termini di riscaldamento globale (immagine dal National Media Museum).

Recentemente, Rembrandt Koppelaar ha pubblicato su the Oil Drum  un riassunto delle tendenze mondiali nella produzione di energia. La relazione ci dice che l'industria del petrolio sta lottando per mantenere l'attuale livello di produzione. Potrebbe non avere ancora raggiunto il picco, ma chiaramente non può riprendere le  passate tendenze ad incrementare. Ciò non sorprende, è stato previsto già nel 1998 da Colin Campbell e Jean Laherrere (link). Ciò che colpisce è il balzo in avanti del carbone. La produzione mondiale complessiva di energia non ha raggiunto il picco e questo a causa della rapida crescita del carbone, come potete vedere qui, dalla relazione di Koppelaar:



Il carbone sembrava aver raggiunto il proprio picco nel 1990, ma era un'illusione. La crescita della produzione di carbone durante il primo decennio del 21mo secolo è stata impressionante: mai vista prima nella storia. Quindi, Re Carbone sta tornando e potrebbe presto reclamare il titolo di sovrano del mondo dell'energia che aveva perso negli anni 60.

Non vediamo niente di simile ad una tendenza a raggiungere il picco per il carbone e questo, sfortunatamente, non è buono per il clima. Ciò è visibile “dall'altra parte” della reazione chimica, che vede i combustibili fossili trasformati in anidride carbonica, CO2, la cui concentrazione in atmosfera sta crescendo più rapidamente in tempi recenti (la figura sotto proviene da "think progress", vedete anche
questo post precedente).



Non possiamo dire se l'esplosione dell'anidride carbonica che stiamo osservando sia dovuta al carbone, ma collima con il picco della produzione di carbone ed è sicuramente ed esso collegato. La situazione del clima globale sembra andare rapidamente fuori controllo e questo rapido aumento delle concentrazioni di CO2 non promette nulla di buono per il futuro. Inchinarsi di nuovo a Re Carbone potrebbe rivelarsi essere la peggiore scelta che abbiamo fatto nella storia.

Traduzione da Cassandra's legacy di Massimiliano Rupalti


giovedì 5 aprile 2012

Il picco delle uova di pasqua: Hubbert e il coniglio pasquale

Traduzione da "Cassandra's Legacy"

Questo è un post pasquale dove cerco di fare un modello della caccia alle uova come se fosse la produzione di una risorsa minerale. Viene fuori che un modello semplice basato sulla dinamica dei sistemi può essere equivalente a quello di Hubbert per l'estrazione del petrolio. Possiamo avere il "Picco delle Uova" e viene anche fuori che il picco può avere la forma asimmetrica del "Picco di Seneca." Così, anche questo modello semplice conferma quello che il filosofo romano ci aveva detto tanto tempo fa: che la rovina è molto più rapida della fortuna. (Immagine da uptownupdate)

Per quelli di voi che non conoscono la tradizione del coniglio pasquale, posso dire che negli Stati Uniti i conigli fanno le uova e non solo. Per Pasqua fanno uova colorate. La tradizione è che il coniglio pasquale sparpaglia queste uova nel giardino e poi i bambini si divertono a cercarle. E' un gioco che piace molto ai bambini e può durare anche a lungo se il coniglio è stato abbastanza cattivo da nascondere le uova molto bene e se il giardino è grande.

Una curiosità della caccia alle uova è che somiglia alla ricerca dei minerali. Con i minerali, proprio come con le uova, bisogna cercare dei tesori nascosti e, dopo che uno ha trovato i minerali "facili" (o le uova), trovare quelli ben nascosti può richiedere un bel po' di lavoro. Così tanto che di solito ci sono delle uova che rimangono nascoste, proprio come ci sono dei minerali che non saranno mai estratti.

Ora, se la ricerca dei minerali è simile alla ricerca delle uova pasquali, forse potremmo imparare qualcosa di molto generale se proviamo a fare un piccolo esercizio di modellizzazione. Possiamo usare la dinamica dei sistemi per costruire un modello che risulta essere capace di descrivere sia la caccia alle uova pasquali, sia il comportamento in stile "Hubbert" della produzione dei minerali. Il modello ci può anche dire qualcosa di come la dinamica dei sistemi può essere usata per fare dei modelli "a misura di mente" (per usare un'espressione coniata da Seymour Papert). Allora, proviamo.

Nella dinamica dei sistemi, i modelli si basano sul concetto di "stock," ovvero la quantità delle cose che il modello descrive (in questo caso, le uova). Gli stock non rimangono costanti (altrimenti il modello sarebbe ben poco interessante) ma cambiano col tempo. Diciamo che uno stock "fluisce" in un altro. In questo caso, le uova cominciano nello stock che chiamiamo "uova nascoste" e si trasferiscono nello stock che chiamiamo "uova trovate". Poi, dobbiamo anche considerare un altro stock, il numero dei bambini.

Per fare il modello, dobbiamo fare delle assunzioni. Potremmo dire che il numero di uova trovato per ogni intervallo di tempo è proporzionale al numero dei bambini, che potremmo prendere come costante. Poi, potremmo anche dire che diventa sempre più difficile trovare uova via via che ce ne sono di meno di nascoste. Questo è tutto quello di cui abbiamo bisogno per fare una versione molto di base del modello.

Queste sono tutte considerazioni che potremmo scrivere in forma di equazioni, ma qui possiamo usare un metodo ben noto nella dinamica dei sistemi che costruisce le equazioni partendo da una versione grafica del modello. Tradizionalmente, gli stock sono mostrati come rettangoli ("scatole") e i flussi come frecce a due tratti. Frecce a singolo tratto collegano fra loro le varie scatole e flussi. per questo modello, ho usato un programma chiamato "Vensim," fatto da Ventana systems (freeware per uso personale o accademico). Allora, ecco qui la versione più semplice possibile del modello della caccia alle uova pasquali.



Come vedete, ci sono tre scatole, ognuna col nome della cosa che contiene. La freccia a due tratti mostra come lo stesso tipo di stock (uova) fluisce da una scatola all'altra. L'aggeggio a forma di farfalla è la "valvola" che regola il flusso. La produzione dipende da tre parametri: 1) l'abilità dei bambini nel trovare le uova, 2) il numero dei bambini (qui preso come una costante) e 3) il numero di uova nascoste che rimangono.

Il modello produce un output che dipende dai valori dei parametri. Più in basso, vediamo i risultati per la produzione con 50 uova iniziali, 10 bambini e un'abilità uguale a 0.006. Notate che il numero di uova varia in modo continuo. Ci sono altri metodi per fare modelli che utilizzano numeri interi, ma è così che funziona la dinamica dei sistemi. Come tutti i metodi di modellizzazione, è un'approssimazione della realtà




Qui, la produzione va quasi a zero via via che i bambini esauriscono la loro riserva di uova. In questa versione del modello abbiamo dei bambini-robot che continuano a cercare all'infinito e, alla fine, troveranno tutte le uova. Nella pratica, dei bambini reali si stancheranno e a un certo punto smetteranno di cercare. Ma questo modello può essere una descrizione approssimata di una vera caccia alle uova quando c'è un numero costante di bambini, cosa che si verifica in pratica quando ce ne sono pochi.

Possiamo fare un modello più generale? Immaginiamo che ci siano molti bambini e che non tutti si stanchino allo stesso momento. Assumiamo allora che si stanchino in modo casuale. Poi, possiamo assumere che la caccia alle uova diventa così interessante che attira un numero crescente di bambini? Questo si può simulare. Un modo semplice di farlo è di assumere che il numero di bambini che arrivano è proporzionale al numero di uova prodotte. Ecco allora un modello basato su queste ipotesi (notate le nuvolette. Indicano che non teniamo conto della dimensione degli stock dove i bambini vanno, oppure da dove arrivano) 



Questo modello è un tantino più complicato, ma non tanto. Notate che ci sono due nuove costanti, "k1" e "k2," utilizzate per regolare la variazione dello stock dei bambini. Qui ne troviamo anche una terza (k3) che utilizzeremo più tardi in un modello leggermente diverso. I risultati per la produzione di uova sono i seguenti:



Ora la produzione di uova mostra un bel picco, dalla forma a campana. Questa forma è una caratteristica "robusta" del modello. Ci si può divertire a cambiare i valori delle costanti, ma questo è quello che si ottiene, normalmente: un picco simmetrico. Come probabilmente giù sapete, questa forma è la caratteristica del  modello di Hubbert della produzione petrolifera, dove il picco si chiama di solito "Picco di Hubbert." In effetti, questo semplice modello di caccia alle uova pasquali è equivalente a un modello che ho usato, insieme al mio collaboratore Alessandro Lavacchi, per descrivere casi storici di produzione di risorse non rinnovabili. (si veda questo articolo pubblicato su "Energies" e qui  per un riassunto)

Possiamo giocherellare un altro po' con il modello. Che ne dite di immaginare che i bambini possono imparare a cercare meglio le uova, via via che il tempo passa? Questo si può simulare assumendo che il parametro "abilità" aumenti di una tacca per ogni uovo trovato. I risultati? Beh, ecco un esempio:


Abbiamo ancora un picco, ma adesso è diventato asimmetrico. Non è più il picco di Hubbert ma quello che ho chiamato il "picco di Seneca" secondo quello che ha scritto il filosofo romano Seneca quando ha notato che la rovina è di solito più rapida della fortuna. In questo esempio, la rovina arriva così rapidamente proprio perché si cerca disperatamente di evitarla. E' un classico esempio di "spingere le leve nella direzione sbagliata", come ci ha raccontato Donella Meadows qualche tempo fa. Non è per niente intuitivo ma, quando si sfruttano risorse non rinnovabili, aumentare l'efficienza non è una buona idea.

Ci sono molti modi di spellare un coniglio, per così dire. Così, questo modello può essere modificato in molti modi, ma possiamo fermarci qui. Credo che ci abbia dato una buona illustrazione di come giocherellare con dei modelli "a misura di mente" e come questi modelli basati sulla dinamica dei sistemi ci possono dare qualche interessante idea di come funziona il mondo reale. Detto questo, buona Pasqua a tutti!


(In Italia non si usa molto la ricerca delle uova pasquali, ma se qualcuno avesse voglia di prendere dei dati per questa Pasqua, potremmo provare a confrontarli con il modello!)

mercoledì 4 aprile 2012

Rabbia

Guest post di Antonio Turiel apparso su The Oil Crash il 13 Febbraio 2012. Traduzione di Massimiliano Rupalti


Atene in fiamme, 12 Febbraio 2012. http://t.co/gN46b9JX

Di Antonio Turiel

Cari lettori,

Nel suo documentato ed altamente istruttivo libro “Collasso: come le società scelgono di vivere o di morire” (per chi non abbia il libro e sappia l'inglese, può vedere "il film"), Jared Diamond ripete una domanda che è passata per la testa a dozzine di antropologi quando studiano l'isola di Pasqua ed il suo collasso per eccesso di sfruttamento delle esigue risorse di cui disponeva: che cosa sarà passato per la testa all'uomo che ha tagliato l'ultimo albero? Anche assumendo che una comunità disperata sia incapace di vedere il deterioramento progressivo ed inesorabile dei suoi boschi, quell'ultimo albero significava un punto di non ritorno ovvio anche per coloro che hanno poca capacità di anticipare il futuro. Come è potuto accadere che quell'uomo non vedesse che era l'ultimo albero, che dopo di quello non ci sarebbe più stata legna? Che per un così misero guadagno si condannava?

Mi immagino quell'uomo e medito su quello che gli possa essere passato per la testa. E' salito su per la collinetta a cercare legna per il fuoco, per una canoa o per fare un palo per spostare un Moai. Da bambino aveva visto quella collina ancora coperta da un bosco rado, molto diverso da quello tanto fitto che gli raccontava suo nonno – anche se sicuramente suo nonno coloriva le sue memorie giovanili. Ma era vero che lì rimaneva solo il suo albero. Si è fermato un secondo prima di cominciare ad abbatterlo: quando avesse finito non ci sarebbero più stati alberi in tutta l'isola. Sentiva un peso freddo nello stomaco. "Be'", pensava per tranquillizzarsi, "chi lo dice che non ci sono alberi in tutta l'isola?" Era da molto tempo che non vedeva i territori delle tribù rivali e sicuramente loro stavano preservando i loro alberi per assicurarsi la vittoria, innalzando i Moai più grandi. "Maledetti"; dovrà andare a cercare legna lì. L'ultima guerra non è andata molto bene, ma stavolta potrebbe essere diverso. Sarà diverso. "In realtà stiamo tanto male per colpa loro. Se non ci daranno la loro legna con le buone gliela dovremo strappare. Dobbiamo buttarli a mare questi malnati". Ha esitato ancora un po', ma poi ha pensato: "se non taglio io l'albero, verrà il mio vicino e lo taglierà lui. Che non sia mai". E senza pensarci oltre ha cominciato a tagliarlo.

Noi siamo così diversi? In una conferenza tenuta da un mio collega dell'Istituto delle Scienze del Mare, parlando di eccesso di pesca, l'oratore ha mostrato un lucido con le specie di pesci documentate all'inizio del ventesimo secolo come proprie del Mediterraneo Occidentale che non abbiamo fatto in tempo a conoscere. Erano una trentina solo quelle documentate, che non sono che una frazione infima. I più anziani del mio istituto hanno visto pesci che i giovani non vedranno mai. E anche così continuiamo a spingere sull'acceleratore, a vedere quanto possiamo spremere la popolazione di tonno rosso del Mediterraneo, a vedere se il piccolo aumento registrato l'anno scorso permette di aumentare le quote di pesca. Lo abbiamo già fatto con l'acciuga del Cantabrico perché di fatto l'abbiamo sterminata. E, in realtà, se guardate bene, succede la stessa cosa con tantissime risorse. Siamo realmente diversi da quell'abitante dell'Isola di Pasqua che ha tagliato l'ultimo albero?

Nel suo libro, a partire dagli indizi a disposizione, Diamond medita su come dovessero essere gli ultimi 100 o 200 anni prima dell'arrivo degli esploratori europei, quando la popolazione declinava irreversibilmente e non a causa di estranei. I resti di ossa umane con ferite da arma, alcuni rosicchiati... i Moai deliberatamente demoliti o sfregiati... alcuni retaggi della tradizione orale dei pochi discendenti che popolavano l'isola quando sono arrivati gli europei...

Diamond tesse una trama forse non del tutto realistica, ma in ogni caso molto evocativa. Secondo lui, sembra probabile che nel bel mezzo del cataclisma ambientale e delle risorse, con la gente disperata che moriva di fame, c'è stata una rivolta. La gente si è sollevata contro i suoi vecchi leaders politici e religiosi e l'antica religione (che li portava ad erigere, con gran dispendio di risorse, i pesanti Moai) è caduta nel discredito totale. La gente provava rabbia, entrava nelle case dei ricchi e vedeva come vivessero molto meglio di loro. Le hanno rase al suolo. Hanno distrutto alcuni Moai, gli stessi che poco prima veneravano ed erano motivo di orgoglio per ogni tribù. La pura rabbia, l'impotenza per non sapere come uscire dal buco nel quale si erano infilati da soli, li ha portati ad una voragine di morte e distruzione che li ha lasciati più indeboliti e impotenti di prima.

Siamo tanto diversi? Ieri, il parlamento greco, in una sessione da agonia, ha approvato l'ennesimo pacchetto di misure di aggiustamento, più repressivo e minaccioso dei precedenti, ai quali si va a sommare. Molta gente non lo ha più sopportato ed è scesa in strada, a migliaia, dando vita a gravi scontri. La polizia è rimasta senza lacrimogeni, la folla ha saccheggiato e bruciato decine di edifici del centro di Atene, principalmente banche. I grandi simboli del trionfo di un decennio fa, i banchieri, vengono ora additati, alla stessa stregua dei politici (l'analogia con i leaders religiosi e politici dell'isola di Pasqua è inevitabile, soprattutto tenendo conto della massima per cui l'unico vero Dio è il denaro, che in modo tacito si accettava anche fino a solo 10 anni fa). E tutto questo per ottenere il secondo pacchetto di aiuti economici dalla UE, che permetterà al paese ellenico di venire a capo delle proprie obbligazioni di pagamento del mese di marzo, ma forse non a lungo. Che senso ha prolungare questa agonia quando sappiamo che questa crisi non finirà mai? Che la recessione che sta cominciando ora renderà ancora più complicato non il rientro del debito greco, ma quello della maggior parte dei paesi europei? Che negare di accettarlo ci può portare solo al collasso? Non sarebbe più logico accettare che il modello che tentiamo di conservare non funziona più e che si deve ridefinire? Fare questo non ha forse più senso che, spinti dall'impegno di pagare un debito impagabile, finire per svendere quel poco che ci resta o finire col tagliare l'ultimo albero dell'isola?


Il futuro non è scritto, ma il passato sì. La più grande superbia sta nel crederci migliori dei nostri antenati; lo saremo solo se siamo capaci di apprendere dai loro insegnamenti. Ci serve un piano, e ci serve ora.


Saluti,
Antonio Turiel

domenica 1 aprile 2012

Rivoluzione nell'Energia a costo zero: il B-Cat



In un comunicato stampa di oggi, il prof. Ugo Bardi ha reso noto lo sviluppo di un nuovo sistema che produce energia a costo zero che ha definito come in grado di risolvere tutti i problemi energetici del mondo. Il congegno, chiamato "B-Cat" (mostrato schematicamente più sopra*) genera continue e infinite oscillazioni che possono essere utilizzate per produrre energia.

Il Prof Bardi non ha rivelato i dettagli del meccanismo che fa funzionare il B-Cat, lasciando capire, tuttavia, che è prova di una "nuova fisica" che va ben al di la delle polverose cosiddette "Leggi della Termodinamica". Questi vecchi concetti devono oggi essere abbandonati, nonostante la rigida opposizione della lobby dei combustibili fossili, della lobby delle rinnovabili, degli Gnomi di Zurigo e del Vecchio della Montagna.

Il professor Bardi ha detto che il termine "B-Cat" si riferisce a uno speciale catalizzatore nucleare localizzato all'interno dell'oggetto a forma di cappello in cima al braccio oscillante (e non alla parola inglese "bird", uccello). Questo catalizzatore genera una reazione di fusione fredda fra idrogeno generato dal liquido che sta alla base del braccio (la cui composizione è coperta da segreto industriale) e una massa di kriptonite verde che si trova all'interno del cappello. Il bordo del cappello è in piombo e scherma completamente tutti i raggi gamma generati dal congegno, rendendolo completamente sicuro per applicazioni domestiche, come affettare il salame o dare energia alle sedie a dondolo.

Bardi ha rivelato che la NASA, Siemens, la General Motors e l'ARCI-Caccia hanno tutti espresso interesse nella ricerca e nello sviluppo del B-Cat. I brevetti sono stati richiesti all'ufficio brevetti dello Stato di Transilvania e la certificazione della sicurezza del congegno è in corso di produzione da parte dei Laboratori Elfici S.p.A. Bardi ha anche rivelato che una fabbrica robotizzata in grado di produrre un milione di B-Cat all'anno è in costruzione in una località non specificata al di sopra del Circolo Polare Artico. 

L'attuale modello del B-Cat ha una potenza di 1 kW. Ulteriore ricerche sono in corso in collaborazione con l'università di Paperopoli per migliorare le prestazioni del congegno. Un modello di B-Cat da1 MW è stato sviluppato ed è mostrato in questo filmato


* Il  disegno del "drinking bird" viene dal sito dell'Università di California, Fresno, che è completamente, totalmente e assolutamente estranea a qualsiasi cosa menzionata in questo post del primo Aprile. Se non tutti i punti di questa storia vi sono chiari (ma, in questo caso, dovete essere appena ritornati da un'isola deserta dove siete rimasti abbandonati per più di un anno) potete leggervi questo post di Steven Krivit sull'E-Cat di Andrea Rossi oppure uno dei miei post precedenti, qui, e qui Vedi anche un post su "nuove tecnologie energetiche" dove si spiega come funziona il drinking bird.