venerdì 14 giugno 2013

Rotta di collisione

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR

di Antonio Turiel

Cari lettori,

In un post recente concludevo che uno dei problemi più grandi che abbiamo è l'incapacità di fare un progetto intelligente fin dal primo momento ed al posto di questo adottiamo soluzioni evoluzionistiche. Ciò che facciamo, pertanto, è adottare soluzioni che qui e ora vanno bene anche se non andranno bene in futuro e quando le circostanze cambiano e i problemi emergono. Così, facciamo variazioni a partire dalle soluzioni vigenti per trovare nuove soluzioni che affrontino il nostro problema in modo soddisfacente. Tale approssimazione, per quanto logica possa apparire, ci può portare solo verso un'inevitabile collisione contro uno scoglio che si trova alla fine della catena evoluzionistica che abbiamo seguito. E se avessimo potuto vedere il problema nel suo complesso avremmo potuto scegliere un'altra soluzione seguendo una direzione del tutto diversa. 

Questo tipo di logica evoluzionistica (o meglio, di fuga in avanti) è presente in molti problemi che affrontiamo oggi con la tecnologia. Introduciamo tecnologie che risolvono i problemi senza renderci conto che quelle stesse tecnologie introducono altri problemi, per i quali proponiamo più tecnologia e così di seguito, fino a che non ci scontriamo contro i limiti del nostro ingegno e delle risorse disponibili. Questo problema è compreso all'interno del cosiddetto Principio delle Conseguenze  Inaspettate, che è stato introdotto dal sociologo Robert Merton il secolo scorso. Vediamo ora un esempio pratico.  

Sappiamo che ad oggi c'è un grave problema col diesel: la produzione del diesel potrebbe essere giunta al suo massimo nel 2008 perché, nonostante questi surrogati del petrolio che chiamiamo “altri liquidi” siano riusciti a dissimulare la caduta della produzione di petrolio greggio, il fatto è che per fare diesel manca il petrolio greggio e inoltre la miscela usata per raffinare il diesel deve avere una certa percentuale di petrolio leggero, del quale ce n'è sempre di meno (l'Iran non lo produce già più, il Venezuela molto poco e in Arabia Saudita comincia a scarseggiare). Tutto ciò ha fatto sì che la produzione di diesel ne stia già risentendo. Alcune raffinerie nel mondo occidentale stanno facendo grandi investimenti per adattarsi alla mancanza di petrolio leggero ed agli alti costi della materia prima e dell'energia (vedete qui un esempio nel Regno Unito), mentre molte altre raffinerie chiudono direttamente (potete trovarne un elenco su questa pagina Web). Insomma, il finalmente riconosciuto arrivo del peak oil ha generato molti effetti non lineari nel nostro mondo complicato, fra questi la chiusura di raffinerie e la diminuzione anche maggiore dell'accesso ai combustibili. 

Uno degli aspetti riconosciuti che hanno reso più grave questa crisi del diesel è lo storico cambiamento delle auto a benzina con auto diesel in Europa durante gli ultimi due decenni. Tale movimento ha risposto ad una logica evoluzionistica, di mercato: dato che in modo naturale si produceva una certa quantità di diesel nelle raffinerie e il diesel da trazione è più economico della benzina, in modo naturale il mercato ha avuto la tendenza a trovare un posto al carburante relativamente più abbondante ed economico; il diesel. Come vedete, tutta logica evoluzionistica e tutto libero mercato. 

Tuttavia, per le ragioni spiegate prima, l'arrivo del picco del diesel è stato anticipato rispetto a quello del picco della benzina ed ora ci rende conto dell'errore di aver fomentato tale 'dieselizzazione' massiccia del parco automobilistico. Arrivati a questo punto, cosa possiamo fare? Tornare alla benzina non è facile: i motori diesel non sono compatibili con la benzina e forzare un cambiamento massiccio di veicoli privati nel bel mezzo di una crisi che sta giustamente portando ad una caduta delle vendite di auto, non sembra né facile né molto popolare. D'altro canto, lasciare che il libero mercato regoli questa situazione non è a sua volta la migliore opzione, visto che il trasporto su gomma e le macchine in generale usano lo stesso tipo di gasolio. Stiamo già avendo problemi col trasporto su strada, che sta collassando a causa degli alti costi di trasporto e della caduta della domanda di prodotti per permettere che si aggravi ancora di più e finisca per far schizzare l'inflazione, cosa che porterebbe una maggior caduta del consumo e l'aggravamento della crisi. Insomma, siamo giunti ad una strada senza uscita. Qualsiasi opzione che venga scelta provocherà molte conseguenze sgradevoli. Stiamo andando nella direzione di una collisione inevitabile. 

Rispetto a questo problema, è significativa l'evoluzione del governo francese. A metà dello scorso hanno c'è stato un certo sommovimento e dibattito pubblico all'interno dei mezzi di comunicazione sulla convenienza di accantonare il diesel, almeno nelle grandi città. Secondo la relazione ripetuta come un mantra dai media gallici, un nuovo rapporto dell'Organizzazione Mondiale della Salute ratificava quanto nocivi fossero per la salute i gas di scarico dei motori diesel e ciò apriva il dibattito “urgente” sulla necessità di cambiare. In realtà, si sa da vari decenni che i motori diesel sono più inquinanti di quelli a benzina, nonostante le numerose e significative migliorie fatte nella sua ingegneria. Dall'altra parte, in Francia come nell'insieme dell'OCSE (e non parliamo della Spagna), il traffico su ruota è diminuito, come conseguenza della crisi, il che riduce relativamente l'urgenza di questo dibattito (almeno da un punto di vista politico; il tema dell'inquinamento da diesel è certamente serio ed avrebbe dovuto essere affrontato seriamente molti anni fa). Pertanto, da più l'impressione che questo dibattito, spronato dai media, obbedisca alla necessità di passare alla cittadinanza la necessità di disfarsi del diesel anche se i motivi reali di questa necessità svengono presentati camuffati. 

Quasi un anno dopo, il governo francese continua ancora a sfogliare la margherita, senza sapere tanto bene dove andare. Sanno di volersi disfare del diesel, ma all'interno del governo gallico ci sono sensibilità contrapposte e nessuno è in grado di proporre un piano realistico e fattibile per realizzare questo abbandono. Tale empasse ha portato alcuni a prendersi gioco della soppressione radicale del diesel in Francia (ridicola rispetto a quella di cui io stesso mi sono fatto eco). Nel frattempo, la disponibilità di diesel continua a diminuire, si prevedono nuove chiusure di raffinerie quest'anno e la situazione è sempre più frenetica... ma non si fa un solo passo avanti. 

Un governo debitamente informato avrebbe avuto 40 anni per anticipare questo problema e la società avrebbe potuto adattarsi gradualmente e con un certo successo. Tale strategia è quella conosciuta come “progettazione intelligente”: si guarda il problema nella sua globalità e si progetta la risposta migliore, con un monitoraggio costante del risultato. Tuttavia, la strategia che abbiamo seguito è quella della risposta evoluzionistica: continuare a dare risposte ai problemi che si presentavano man mano, uno per uno, fino ad arrivare ad una strada senza uscita (come quello che si potrebbe presentare ora in Venezuela ed Egitto). E' la strategia del breve periodo, del beneficio immediato. E' il prodotto della logica di ciò che chiamiamo libero mercato (anche se in realtà è mercato naturale, come abbiamo già discusso). 

La strategia evoluzionistica può essere paragonata ad una scala che costruiamo aggiungendo un piolo alla volta, una scala che continuiamo a salire senza nessuna garanzia di arrivare concretamente da nessuna parte. E a volte queste scale finiscono improvvisamente, facendoci precipitare nel vuoto. Questo succede anche con l'evoluzione delle specie, che a volte arriva a punti morti e le specie associate si estinguono. Qui si vede, ancora una volta, la logica perversa di imporre una certa concezione del darwinismo alla sfera sociale, cioè che la selezione del più adatto in ogni momento non è una garanzia di successo, ma che a volte lo è di un fallimento totale e definitivo. La cosa più crudele di questo fallimento totale – l'estinzione – è che è il coronamento di una lunga serie di successi. 

Se vogliamo sopravvivere come specie, se vogliamo dare una continuità all'esperimento umano, dobbiamo provare a superare la logica del breve termine ed affrontare i problemi globalmente. Tutta le gente che propone piccole toppe (questa nuova fonte di energia qui, questa nouva fiscalità qua...) per “risolvere il problema” non si rende conto che la chiave è “ripensare il problema”. E il primo passo è dire la verità, cruda, in faccia. Il secondo, passare all'azione

Saluti.
AMT

giovedì 13 giugno 2013

La realtà ci sta sommergendo?




Da “The frog that jumped out”. Traduzione di MR


Non so quale sia la vostra impressione; forse sono prevenuto, ma ho questa sensazione di accelerazione, di qualcosa che sta bollendo nella mente delle persone. Sempre più persone stanno entrando nella mischia e lo stanno facendo con forza e con argomenti robusti. E non solo scienziati: persone con diversi background e capacità si stanno facendo avanti. L'ultimo articolo nel quale mi sono imbattuto è di Gaius Publius. Ancora una volta non si tratta di uno scienziato climatico. E' scritto molto bene ed è un esempio di come comunicare il pericolo del cambiamento climatico. La verità ci sta finalmente sommergendo?


Di Gaius Publius 01.05.2013 

Mi sto preparando a ritornare sulla crisi climatica, cominciando con qualche riformattazione dei primi post delle Serie Climatiche — il passaggio a Wordpress non è stata gentile con loro – e l'organizzazione di questo materiale in forma di libro (nel lavoro c'è anche un racconto sul tema del clima; fan del thriller, restate in ascolto). Di conseguenza sto facendo uno studio serio per affinare entrambi i concetti (o, piuttosto, la spiegazione degli stessi) e la datazione degli eventi in arrivo (la crisi ai suoi vari livelli).

La prima parte di questo ritorno comprende include due apparizioni sui media questa settimana. Sarò presente a 'Virtually Speaking With Jay Ackroyd' questo martedì 2 maggio alle 9 di sera (ora dell'est) per discutere della crisi climatica per un'ora intera, seguita da un'apparizione domenicale con Avedon Carol come parte del gruppo mediatico di 'Virtually Speaking Sundays'. E' la discussione sul clima sulla quale mi voglio concentrare qui e mi piacerebbe farlo concentrandomi su 3 grafici ed alcuni riferimenti ai miei precedenti articoli sul clima.

La catastrofe climatica ci proietterà in una nuova era geologica

La storia della Terra è suddivisa in Eoni, poi Ere e poi Periodi. Ma di fatto, prima del periodo Cambriano, quando la vita sulla Terra è esplosa in numero e specie, la storia della Terra è la storia della non vita o della vita mono o multicellulare. E a partire dal periodo Cambriano, c'è comunque un solo “eone”. Sono le sue ere e periodi che ci interessano.

Quindi, cominciamo lì, col Periodo Cambriano e lo sbocciare della vita sulla Terra. Prendete in considerazione il grafico qui sotto:


La divisione in alto sono i periodi geologici, a partire dal Cambriano (“Cm”). Il periodo della “vita visibile” - vale a dire una proliferazione delle specie dal guscio duro. E' la grande esplosione della vita sulla Terra. I numeri in basso sono i milioni di anni fa. I picchi mostrano eventi estintivi, con la percentuale di specie marine estinte espresse sull'asse verticale delle ordinate (y). Il grafico non le sottolinea, ma a partire dal periodo Cambriano abbiamo avuto 3 ere geologiche (le divisioni più grandi).

Era Paleozoica — “vita primeva”
Era Mesozoica — “vita mediana” o l'Era dei Rettili (i giorni dei dinosauri)
Era Canozoica — “vita nuova” o l'Era dei Mammiferi (noi compresi)

L'Era Paleozoica va dall'inizio del grafico al grande picco di 250 milioni di anni fa sull'asse delle ascisse (X). Essa comprende sei periodi geologici ed è terminata nel più grande evento estintivo di massa del pianeta – i geologi lo chiamano la “Grande Moria”.

L'Era Mesozoica va dalla Grande Moria di 250 milioni di anni fa al grande picco di 65 milioni di anni fa, l'evento che ha spazzato via i dinosauri – ed ogni altra specie grande. Ciò ha spianato la strada ai mammiferi ed ha loro permesso di crescere in dimensioni e di prosperare. 

Ora ci troviamo nell'Era Cenozoica. Tenete a mente queste transizioni - quando le estinzioni di massa cambiano i gruppi di specie che possono evolvere e dominare, è la fine di un'era e l'inizio di un'altra. Ora guardate di nuovo il grafico. L'intero grafico mostra 540 milioni di anni e tre sole ere geologiche. Il prossimo evento estintivo sulla scala di quello di 250 milioni di anni fa, o quello di 65 milioni di anni fa, cambierà la forma della vita sulla Terra e sfocerà in una nuova era. Siete pronti per questo?

[Aggiornamento: per un grafico che mostra ere geologiche, periodi e le loro suddivisioni in un luogo, cliccate qui. Si apre in una nuova scheda.]

Quand'è che si inserisce l'uomo?

Grande domanda – quand'è he si inserisce l'uomo? Risposta: siamo arrivati molto tardi. Prima di tutto, notate gli ultimi 3 periodi geologici in alto a destra del grafico sopra. Il periodo segnato come “K” è il Cretaceo, il periodo alla fine dell'Era Mesozoica. Il periodo successivo (“Pg”) è il Paleocene, quello che segna l'inizio dell'Era Cenozoica (vita nuova). Il periodo successivo (“N”) è il Neogene, che si è concluso solo 2 milioni di anni fa. Il periodo ancora successivo, non visibile, è il Periodo Quaternario, quello attuale nostro. 

Il confine Neogene-Quaternario è l'inizio del tempo dei grandi ghiacciai ed il modo migliore per vederlo è con il grafico sotto, che mostra le temperature terrestri mappate attraverso i periodi geologici (in fondo a sinistra)

Cliccate qui per aprire la versione completa in un'altra scheda. E' un grafico grande e interessante (qui la fonte).

Prima di tutto, orientiamoci. Sull'asse Y c'è la temperatura globale che usa il cambiamento – in °C – rispetto alla temperatura globale nell'anno 1800 come normalità o punto zero (la temperatura globale prima della Rivoluzione Industriale è generalmente il punto dal quale vengono misurate le altre temperature, salvo dove diversamente indicato. Per convertire °C in °F, raddoppiate semplicemente il numero; ci andrete molto vicini). 

Sull'asse X, la prima grande divisione – da 542 milioni di anni fa a 65 milioni di anni fa – rappresenta le prime due ere geologiche, Paleozoico e Mesozoico (che purtroppo non vengono nominate in questo grafico). “K” in cima e in fondo è sempre il Periodo Cretaceo, e la fine del Periodo Cretaceo è anche la fine dei dinosauri e la fine dell'Era Mesozoica. 

A questo proposito, i grafici sono gli stessi. L'uomo non c'era ancora – i nostri antenati mammiferi erano l'equivalente di topi di campagna in quel mondo, piccole prede con deboli corazze è capacità di nascondersi. 

Ma prima di guardare al resto dell'asse X, notate che nella parte più a sinistra del grafico, l'asse Y mostra un cambiamento enorme della temperatura globale rispetto a quelle pre industriali. E' un picco mostruoso, specialmente il primo, non è vero?

Il picco della temperatura del Cambriano è di 6-8 °C (circa 11-14 °F) maggiore dei livelli pre industriali. E' anche la temperatura verso la quale siamo diretti per il 2100. Ma non distraiamoci. Stabiliamo dei riferimenti in questo grafico lungo la dimensione orizzontale (il tempo). Tutto il resto del grafico – la parte successiva al periodo chiamato “K” - mostra l'Era Cenozoica (“vita nuova” o l'Era dei Mammiferi).

Da questo punto verso destra, le suddivisioni del grafico mostrano le Epoche, che sono sottoparti dei Periodi. 

[Aggiornamento: per un grafico che mostra la relazione fra ere, periodi ed epoche, cliccate qui. Vi aiuterà a rimanere orientati].

Saltate le successive 5 divisioni – le epoche segnate come “Pal” attraverso il “Pliocene”. Ciò vi porta nel Periodo del Neogene (“N” nel primo grafico) ed all'inizio del moderno Periodo Quaternario, quello in cui ci troviamo, e quello che ci interessa. 

L'epoca del Pleistocene, che da inizio al Periodo Quaternario (guardate ancora il grafico), è la grante età dei ghiacciai. L'Homo Habilis si evolve in quel tempo, poco più di 2 milioni di anni fa. L'Homo Erectus si evolve poco dopo. Tutto comincia in Africa – ora potete indovinare il perché – e tutto lascia l'Africa e si diffonde sul globo (l'Homo Erectus, a proposito, dura per un lungo periodo sulla Terra. Di parecchio più lungo del nostro). 

L'Homo Sapiens si è evoluto molto più tardi, nel Pleistocene – l'età dei ghiacciai, ricordate – solo 250.000 anni fa, si è quasi estinto in Africa, ma si è poi ricostituito in numero per poi diffondersi oltre l'Africa come i nostri cugini. Siccome quella era l'età dei ghiacciai, siamo ancora cacciatori-raccoglitori come il resto dei nostri cugini. I grandi animali della Terra sono creature come pelosi mammut e tigri dal dente a sciabola e noi viviamo in un pianeta piuttosto gelato con ghiacciai che vanno e vengono.   

Alla fine del Pleistocene c'è un altro evento estintivo. Mentre i ghiacciai recedono (vedete il grafico), i grandi mammut e le tigri (et al) si estinguono. Simultaneamente ad un notevole cambiamento del clima, ha inizio ciò che chiamiamo “civiltà umana”. Lo potete vedere sopra, circa 10-12.000 anni fa [corretto] quando la temperatura planetaria si è stabilizzata. Da allora a quasi adesso, la temperatura è molto stabile. Notate che ci vuole appena un'oscillazione per determinare la “Piccola Era Glaciale”.  

Solo due ulteriori punti da fare in questo articolo ed ho finito.

Prima la cattiva notizia

Gente, questo piccolo aumento di temperatura che vedete vicino al margine destro del grafico sopra è solo l'inizio. Ricordate il picco del Cambriano al margine sinistro del grafico? Date un altro sguardo e notate l'aumento – circa 7 °C. Ora, ecco la Figura 21 dalla Copenhagen Diagnosis, un rapporto preparato da... ehm... tutti i migliori scienziati del clima del mondo a beneficio dei “leader” del mondo, che si sono incontrati nel 2009 per discutere come rinviare ancora una volta il problema climatico: 




Ciò che vedete sono le temperature da 500 dopo Cristo a circa il 2000, con alcuni scenari di previsione per il futuro. Vedete lo scenario chiamato “A1F1”? E' quello in rosso. E' quello nel quale ci troviamo se non smettiamo sputare carbonio. Io lo chiamo lo scenario “non facciamo niente” - detto anche lo scenario “Fate felice David Koch” (delle Koch Industries, famoso negazionista e finanziatore della comunicazione negazionista del clima, ndt.). Tutto ciò che dovete sapere? Siamo sulla strada di un aumento di 7 °C – il picco della temperatura del Cambriano – per il 2100.

Ora la buona notizia

Nonostante questa morte-e-distruzione, non è ancora finita. Davvero. Secondo i miei calcoli, abbiamo una finestra di 5-10 anni per evitare la catastrofe. Non sarà facile – abbiamo superato il punto critico e qualsiasi transizione non sarà morbida – ma possiamo fare la transizione e sopravvivere come specie civilizzata, esseri umani in un mondo riconoscibile.

Ma servono 2 cose:

1. Questa dev'essere la nostra prima priorità, il che significa che voi e tutti quelli che conoscete dovete essere pienamente consapevoli e pronti alla battaglia (come riferimento, viene chiamato, “abbracciare il mostro”).

2. Siamo noi contro David Koch e tutti i suoi amici e sostenitori. Affrontare ogni altro nemico significa prendersela con un finto nemico. Sensibilizzate i vostri amici e buttate una chiave inglese negli ingranaggi della macchina dei Koch. Come potrebbe non essere un beneficio?

Se i fratelli Koch continuano ad arricchirsi, andiamo indietro. Se Barack “Speranza di Cambiamento” Obama approva il Keystone, andiamo indietro. Se gli Stati Uniti sviluppano le risorse interne di petrolio, andiamo indietro. Per ogni nuova automobile (“sistema di diffusione del carbonio nell'atmosfera”) venduta, andiamo indietro. La gente deve sapere questo e pensare così. Possiamo fermare la crisi, ma solo se fermiamo il carbonio. E' così semplice. E così netto.

Ma è anche fattibile e noi siamo la specie più attrezzata per il “fattibile”. E ciò per cui servono i nostri grandi cervelli.

Scriverò ancora nelle prossime settimane e mesi. Non mi sono arreso, non sul lungo termine. Ma non puoi tirarti fuori da una spirale se non ammetti di esserci dentro. Io credo che possiamo tirarci fuori.

[Aggiornato per chiarezza e corretto due errori di battuta, uno di nome ed uno nell'età della nostra specie. Noi siamo vecchi di 250.000 anni, non di 250 milioni. Aggiornato anche per aggiungere i link al grafico che mostra tutte le ere, i periodi e le epoche collegate le une alle altre].

GP


mercoledì 12 giugno 2013

"Il pianeta saccheggiato" - una recensione

(da greenreport)

Il saccheggio del Pianeta, il nuovo rapporto del Club di Roma 


Il 6 di giugno sarà presentato ufficialmente a Berlino il nuovo rapporto del prestigioso Club di Roma, stilato questa volta dal prof. Ugo Bardi, docente di chimica presso l’Università di Firenze e, come riporta la sua biografia su wikipedia, “autore di molteplici contributi in vari campi della scienza, divulgatore scientifico, nonché blogger assai attivo in tale ambito: il suo blog (Effetto Cassandra) è uno dei più letti tra la comunità scientifica italiana.

Il rapporto si intitola PLUNDERING THE PLANET, HOW TO MANAGE THE EARTH’S LIMITED MINERAL RESOURCES, in cui il prof. Bardi offre un’indagine unica e affascinante della storia geologica del nostro pianeta. L’ispezione ci fa rabbrividire per le gigantesche forze che muovono le placche tettoniche e come si formano i depositi di minerali, metalli, combustibili fossili.  È in questo contesto geologico che l’umanità deve riflettere  sul modo di trattare i tesori limitati del nostro pianeta.

Nelle prime fasi della storia umana, queste risorse sono apparse senza limiti. Limitata erano piuttosto le capacità umane per accedervi. Si può interpretare la storia umana come la crescente capacità di accedere a queste risorse naturali. Dopo secoli di sempre più successo di prospezione e di sfruttamento dei tesori minerarie, siamo giunti al punto in cui dobbiamo trattenerci perché, ormai è noto, le risorse non sono infinite.

Una pietra miliare in questo dibattito è stata la pubblicazione del primo rapporto del Club di Roma nel 1972, “I limiti dello sviluppo” (è anche noto che la traduzione italiana di questo studio fu errata, in quanto si sarebbe dovuto dire “I limiti della crescita”,  dettaglio non da poco poiché crescita e sviluppo non sono proprio la stessa cosa). Questo studio presentò gli scenari di possibili percorsi di sviluppo tra il 1972 e il 2100. Per la prima volta fu presentato un modello quantitativo del percorso della civiltà industriale mondiale come funzione della ridotta disponibilità di risorse minerali.

Come già affermato in I limiti dello sviluppo, non stiamo andando a “corto” di minerali nel prossimo futuro, ma siamo di fronte a un aumento dei costi per l’estrazione e lo sfruttamento. Anche la quantità di energia necessaria per una tonnellata di metallo puro è in aumento, come dobbiamo fare affidamento sui minerali in concentrazioni minori. Quindi, i limiti reali possono risiedere soprattutto nella disponibilità di energia.

I combustibili fossili (carbone, petrolio e gas naturale) sono le risorse minerarie (di origine biologica), ma anche rappresentano le risorse energetiche che ci permettono di estrarre minerali inorganici. I combustibili fossili sono stati la nostra principale fonte di energia per gli ultimi due secoli e sono stati il ​​fattore principale che ha creato la nascita della rivoluzione industriale e lo sviluppo della nostra attuale civiltà.

Il buon senso suggerirebbe che si dia inizio alla gestione delle risorse naturali in modo sostenibile spostandoci dai combustibili fossili alle fonti energetiche rinnovabili e per dissociare la crescita economica dal consumo di risorse. Faremmo meglio a evitare di essere ingannati dalla campagna pubblicitaria corrente di gas di scisto, scisti e sabbie bituminose. Essi possono rinviare il momento di reale scarsità di una trentina d’anni, ma allo stesso tempo, essi aggravano il problema del riscaldamento globale e rischiano di bloccare sempre più in profondità i processi industriali, infrastrutture e abitudini di consumo insostenibili nel lungo periodo.

Aldo Ferretti

martedì 11 giugno 2013

“Il Pianeta saccheggiato” in pillole

Di Ugo Bardi

Da “Cassandra's Legacy” Traduzione di MR



La presentazione di Berlino del nuovo rapporto al Club di Roma “Saccheggiando il Pianeta” sembra essere andata bene e c'è molto interesse intorno al nuovo libro, almeno per quelli che possono leggerlo in tedesco! Al momento, sto facendo interviste una dopo l'altra con i media tedeschi (in inglese!) e sto maturando un certo “senso” per le cose che i giornalisti trovano utili per i loro articoli. Ho scoperto che devi condensare in singole dichiarazioni concetti che richiedono interi capitoli per essere sviluppati nel libro, Così, ecco una selezione di queste dichiarazioni; si tratta di “Saccheggiando il Pianeta” in pillole.


- Dibattere sulla quantità di riserve minerali rimaste è come preoccuparsi del bilanciamento del tuo conto in banca dopo che sei naufragato su un'isola deserta.

- Finora, abbiamo pensato alle riserve minerali come a dei soldati allineati per la battaglia: più sono e meglio è: Saddam Hussein pensava la stessa cosa quando programmava l'invasione del Kuwait.

- Tutti sanno che prezzi più alti creano più risorse. Maria Antonietta diceva la stessa cosa a proposito di pane e le briosce.

- Il mercato può rendere l'estrazione remunerativa, non può renderla poco costosa.

- Pensare che le tecnologie possano creare risorse minerali è come pensare di poter fare una pizza senza farina; soltanto con un lievito OGM innovativo.

- La più conveniente tecnologia estrattiva è quella che non hai bisogno di usare.

- Perforare di più è inutile (più perfori, prima finisci la risorsa), perforare più in profondità non serve (i depositi minerali esistono solo vicino alla superficie), perforare il fondo del mare non è una buona idea (in gran parte è geologicamente troppo giovane per avere depositi minerali), perforare gli asteroidi è stupido (troppo costoso; inoltre, gli asteroidi non hanno depositi minerali). Ah... anche stampare più soldi non aiuta.

- L'inquinamento è un altro costo della produzione dei minerali, solo che lo pagherà qualcun altro.

- C'è chi dice che esaurire il petrolio ci salverà dal riscaldamento globale. Forse. E forse finire i soldi ti salverà dalla tua dipendenza dal crack. Molto probabilmente, però, comincerai a farti sniffando colla da quattro soldi.

- Dibattere di “transizione energetica” è come dibattere a proposito di invecchiare. Il problema è che non c'è scelta.

- La transizione energetica non è solo una buona idea, è la conseguenza delle leggi della fisica.

- O gestiremo la transizione o saremo gestiti dalla transizione.


- Date combustibile fossile a un uomo ed avrà energia per un giorno. Insegnate a un uomo come produrre energia rinnovabile e avrà energia per sempre.


- La previsione è sempre difficile, specialmente se ha a che fare col futuro. Ma se il futuro non può essere previsto, almeno ci possiamo preparare al suo arrivo.


lunedì 10 giugno 2013

"Il Pianeta Saccheggiato" su "Giornalettismo"


“Il costo del petrolio è già insostenibile per la società”

di - 07/06/2013 - Secondo il Club di Roma l'esplosione dei prezzi degli idrocarburi costringerà ad un ripensamento della società industriale

Il petrolio ed altri fondamentali materie prime stannoraggiungendo la soglia di sostenibilità economica per la civiltà umana. Il loro prezzo è già così alto da rappresentare una minaccia per il benessere della società, e le nuove tecnologie non sembrano in grado di poter aiutare una discesa del loro costo.

ALLARME PETROLIO - Il Club di Roma, uno dei più prestigiosi centri studi specializzati in ricerche sulle politiche energetiche, ha pubblicato un nuovo rapporto che evidenzia la scarsa sostenibilità economica dei prezzi delle materie prime. Il petrolio, così come altri metalli pesanti fondamentali per la lavorazione dell’industria, occidentale e ormai stabilmente anche dei paesi emergenti, hanno raggiunto un costo tale da minacciare in modo esplicito il benessere complessivo della nostra società. La civiltà contemporanea, rimarca il Club di Roma, è ancora dipendente dal petrolio, ma la scarsità delle risorse fossili rendono sempre più difficile una diffusione di questo bene a prezzi sostenibili. L’autore del rapporto del Club di Roma, il chimico italiano Ugo Bardi, ha rimarcato come l’esaurimento del petrolio o delle altre materie prime sia un problema di secondo piano in questo momento, visto che il vero pericolo deriva dall’esplosione del suo costo.
COSTI ESPLOSIVI - Secondo il rapporto del Club di Roma presto si dovrà investire più energia nell’estrazione del petrolio così come del gas rispetto a quanto se ne potrà ottenere. “Già ora l’industria mineraria consuma il dieci per cento dell’utilizzo globale del diesel”. In questa fase storica esistono risorse fossili ampiamente sfruttabili che sono però collocate sempre più in profondità nella Terra, e bisogna impiegare tecnologie sempre più costose ed avanzate, come il fracking, per poterle poi utilizzare a fini industriali o commerciali. Il consumo del “fuoco fossile” come è definito liricamente nel rapporto del Club di Roma, la distruzione degli ecosistemi a causa dell’elevata concentrazione di anidride carbonica così come l’inquinamento degli oceani e le coste vittime di inondazioni trasformeranno il volto del nostro piante. Secondo Bardi questo scenario ci renderà “abitanti di un nuovo mondo, un pianeta con altre condizioni climatiche, e una minore disponibilità di risorse energetiche”.

SFIDA ENERGETICA - La graduale ma inevitabile scomparsa di petrolio e gas, che incrementerà la crescita del loro prezzo, potrebbe definitivamente cambiare il volto della nostra società, che secondo la previsione del Club di Roma potrebbe tornare al suo passato agricolo. Un mutamento radicale, che costringerà ad un ripensamento dell’attuale modello di sviluppo. I combustibili fossili, così come l’uranio, stanno di conseguenza diventando un problema sempre più rilevante. Presto sarà superata la quantità massima di petrolio estraibile in modo convenzionale, e anche per gli idrocarburi ci sarà lo stesso esito. Secondo il Club di Roma la conseguenza di questo processo, vista l’arretratezza delle fonti energetiche attuali, sarà un significativo aumento della fonte fossile più disponibile nel Pianeta, ovvero il carbone. La crescita del suo utilizzo però potrà durare solo per poco tempo, visti gli enormi danni ambientali che potrebbe provocare. L’uranio non potrà compensare questo mutamento, anche perchè la sua produzione è significativamente arretrata nel corso degli ultimi anni.

SISTEMA DA RIFONDARE - In un’intervista a Die Zeit, l’autore dello studio del Club di Roma, Ugo Bardi, sottolinea come le accuse di eccessivo pessimismo si basino su un’incomprensione del loro lavoro. “Le risorse energetiche non si esauriranno di colpo, ma stanno diventando così care da non potere essere più utilizzate da un’ampia fetta della nostra società, dai cittadini alle imprese”. Per l’accademico italiano il problema del nostro sistema industriale è rappresentato dalla sua scarsa adattabilità alle fonti rinnovabili, visto che è stato modellato sulle risorse fossili. “Ora il loro costo è ancora sostenibile, ma a breve non sarà più così. Dovremo accettare che l’energia costerà troppo per un consumo ai livelli attuali. Sarà un processo di adattamento che dovrà essere accettato. Già ora le persone comprano macchine meno care visto il caro benzina. Il problema sarà che in futuro si potrebbe essere costretti a muoversi in bicicletta od andare a piedi nelle città, se il prezzo del carburante proseguirà su questa traiettoria”. Secondo Baldi anche l’attuale crisi dell’euro dipende dall’esplosione dei costi energetici: “L’Italia importa la stessa quantità di risorse fossili della Germania, ma ha la metà della sua industria. Tutti i paesi in difficoltà dipendono dall’importazione delle materie prime”.

venerdì 7 giugno 2013

Il pianeta saccheggiato: il nuovo rapporto del Club di Roma



C'è stata ieri a Berlino la presentazione del nuovo libro del modesto sottoscritto, Ugo Bardi, "Il Pianeta Saccheggiato." E' anche il 33esimo rapporto al Club di Roma, con il primo il famoso "I limiti dello sviluppo" del 1972. Qui di seguito, riproduco l'annuncio del nuovo rapporto come è apparso sul "Fatto Quotidiano"


‘Il pianeta saccheggiato’: il nuovo rapporto del Club di Roma

Vi ricordate del Club di Roma? Quello che aveva commissionato il famoso rapporto del 1972 intitolato ‘I limiti dello sviluppo. Quel rapporto che oggi, a distanza di più di 40 anni, si sta rivelando incredibilmente profetico, con la crisi che ci stiamo trovando di fronte, alti prezzi di tutte le materie prime, cambiamento climatico galoppante e tanti altri problemi. Tutte cose che, bene o male, quel vecchio rapporto del 1972 aveva visto (o perlomeno intravisto) ma, come succede quasi sempre con queste cose, si era preferito infamare il messaggero piuttosto che cercare di capire il messaggio.

Ma, nonostante le grandi polemiche create da quel primo rapporto, in tutti questi anni il Club di Roma non è affatto sparito; anzi ha continuato a studiare il problema delle risorse naturali e a produrre rapporti su quello che ci possiamo aspettare per il futuro. Quest’anno, il Club pubblica il suo 33-esimo rapporto con il titolo di Il pianeta saccheggiato’, scritto dal modesto sottoscritto, Ugo Bardi, che ha avuto l’onore di continuare la tradizione.

Il libro riprende molti dei temi dei “Limiti dello Sviluppo;” in particolare il graduale esaurimento delle risorse minerali e le sue conseguenze. E’ una storia completa di come la civiltà umana sia cresciuta sulla base di una disponibilità crescente di risorse minerali che, però, stanno cominciando a diventare costose da estrarre nelle gigantesche quantità di cui la civiltà industriale ha bisogno.

Il tema centrale del libro è che l’“esaurimento delle risorse” non è qualcosa che avviene all’improvviso; non succederà mai che ci troveremo ad accorgerci tutto ad un tratto che abbiamo “finito il petrolio” o qualcosa del genere. No; l’esaurimento è un problema graduale che ha cominciato a porsi molto tempo fa, che si sta ponendo oggi in modo pressante e che diventerà sempre più pressante nel futuro. Non è una questione di quantità; è una questione di costo e il costo di estrarre una risorsa minerale dipende principalmente dal costo dell’energia necessaria per estrarla. Estrarre sta diventando sempre più costoso, sia perché abbiamo esaurito le risorse “facili” da estrarre, sia perché l’energia che usiamo per l’estrazione ci arriva principalmente da risorse minerali in progressivo esaurimento: i combustibili fossili.

Così, siamo di fronte a un grande problema: quello di adattarsi a un mondo che non sarà più in grado di avere l’abbondanza di risorse alla quale ci eravamo abituati. La transizione verso questo mondo non è una scelta: è un obbligo creato dal progressivo esaurimento. L’unica alternativa che abbiamo è se gestiremo noi la transizione o se sarà la transizione a gestire noi; trascinandoci con la forza. Ma se riusciremo a gestire la transizione sulla base dell’energia pulita e rinnovabile, non è detto che questo mondo verso il quale ci stiamo dirigendo sarà così brutto. Meno abbondante, si, ma anche più tranquillo, più sano e più pulito – e se smettiamo di usare combustibili fossili avremo anche meno problemi con il riscaldamento globale.

Il rapporto al Club di Roma scritto da Ugo Bardi è disponibile per il momento soltanto nella versione in tedesco “Der Geplünderte Planet” pubblicata da Oekom. Il nuovo libro riprende molti degli argomenti di un libro precedente in Italiano è stata pubblicata da Editori Riuniti nel 2011 con il titolo “La Terra Svuotata.” La presentazione ufficiale del nuovo rapporto sarà a Berlino, il 6 Giugno p.v. Per informazioni, vedi questo link


lunedì 3 giugno 2013

Michael Mann sul ruolo degli scienziati nel comunicare le implicazioni del cambiamento climatico






Da “The frog that jumped out”. Traduzione di MR




Il libro del climatologo Michael E. Mann porta il sottotitolo di “Dispacci dalla linea del fronte” perché racconta la storia di una vera guerra di comunicazione. Con la sua ricostruzione del clima del passato, nota con il nome “Mazza da hockey”, Mann è stato scelto come obbiettivo di una campagna di disinformazione diretta a screditare la scienza del clima e la scienza in generale. La campagna ha avuto successo solo in parte, anche perché Mann e molti altri hanno resistito e contrattaccato. Questo è compito di tutti, ora: contrattaccare per ristabilire la verità.



Ecco un estratto dal libro di Mann (p. 253)


Da “La mazza da hockey e le guerre del clima” di Michael Mann


Quando abbiamo pubblicato la nostra 'mazza da hockey' per la prima volta alla fine degli anni 90, credevo che il ruolo di uno scienziato fosse, detto semplicemente, di fare scienza. Sentivo che altri avrebbero dovuto valutare e pubblicizzare ogni implicazione della scienza. Prendere qualsiasi cosa anche lontanamente somigliante ad una posizione riguardo alla politica sul cambiamento climatico era, per me, un anatema. Facendo così, pensavo, avrei compromesso l'autorità della mia scienza. Sentivo che gli scienziati dovessero avere una visione completamente spassionata quando discuteva di cose scientifiche – che dovessimo fare del nostro meglio di affrancarci da tutte le nostre tipiche inclinazioni umane – emozione, empatia, preoccupazione. Nelle interviste che mi sono state fatte, sono stato attento a non addentrarmi nelle acque pericolose dell'espressione di un'opinione personale e di evitare totalmente il tema delle implicazioni politiche.

Tutto ciò che ho vissuto da allora mi ha gradualmente convinto che il mio vecchio punto di vista fosse sbagliato. Sono diventato una figura pubblica mio malgrado quando il nostro lavoro è stato messo sotto i riflettori alla fine degli anni 90. Sono rimasto una figura pubblica da allora, ma sono giunto ad abbracciare, piuttosto che rifuggire, quel ruolo. Nonostante le ferite subite in battaglia per aver servito sulla linea del fronte nelle guerre per il clima – e sono numerose – rimango convinto che non ci sia niente di più nobile di sforzarsi di comunicare, in termini che siano contemporaneamente precisi ed accessibili, le implicazioni sociali della nostra conoscenza scientifica. Infatti, molto del mio tempo e sforzo, durante l'ultimo decennio, è stato dedicato a fare questo.

Posso continuare a convivere con i cinici assalti contro la mia integrità e la mia persona da parte della macchina negazionista finanziata dalle multinazionali. Ciò con cui non posso convivere è sapere che sono rimasto immobile e silenzioso mentre i miei simili esseri umani, confusi e sviati dalla propaganda alimentata dall'industria, vengono involontariamente portati giù per un sentiero che ipotecherebbe le future generazioni.