martedì 9 luglio 2013

Il cambiamento climatico in una cultura perversa








Da “The frog that jumped out”. Traduzione di MR


"Impegnarsi per il cambiamento climatico", edito da Sally Weintrobe, è un bel libro scritto da persone si interessano al mondo, alla natura e al benessere degli esseri umani. Una lettura rinfrescante in un dibattito basato sull'odio e gli attacchi personali. Va dritto al cuore del problema, al modo in cui la mente umana reagisce alle prospettive del cambiamento climatico, come mostrato in questo estratto dal capitolo di Paul Hoggett.


Pensiero perverso

di Paul Hoggett – estratto da “Impegnarsi per il cambiamento climatico” (Rutledge 2013) (grassetto della “Rana”)


Un problema che affrontano i cittadini nel mondo sviluppato è la maledizione che deriva dalla nostra capacità di conoscenza. L'informazione satura il mondo in cui viviamo e di conseguenza non possiamo che sapere cose delle quali non vorremmo sapere. Cose come l'ineguaglianza e la povertà globale, o i massacri e i progrom, alcuni dei quali, come in Bosnia, avvengono proprio sull'uscio di casa. Nel suo avvincente libro “Stati di Negazione”, Stan Cohen sostiene fortemente che nella società post-olocausto, il negazionismo organizzato è divenuto un meccanismo cruciale per sostenere l'apatia del cittadino di fronte alla violenza, all'ingiustizia e al disastro. Noi “sappiamo” e tuttavia sembriamo male equipaggiati per sopportare il dolore di ciò che sappiamo. Nello stato mentale di perversione, la realtà non viene rifiutata immediatamente, ma viene simultaneamente riconosciuta e sconfessata.

Hoggett poi continua a descrivere gli stati mentali “perversi” che conducono all'apatia: scetticismo, chiudere un occhio, propaganda interna ed altro. E conclude che:

... il pensiero perverso... è stato grandemente facilitato dalla diffusione della virtualità nella vita sociale ed economica. Ho ipotizzato che tale perversità potrebbe aver infettato la pratica delle politiche stesse, portando a una specie di politica virtuale o del “e se”, nella quale viene immessa un'enorme energia nella specificazione degli obbiettivi, dei traguardi e degli indicatori e la relativa dimostrazione che la prestazione di qualcuno si sta muovendo verso tali traguardi. … i tentativi di raggiungere un accordo internazionale sul cambiamento climatico, prima rappresentato dal Protocollo di Kyoto e più recentemente dal fallito Summit di Copenhagen, in qualche modo ha una sconcertante somiglianza a tali forme di politica perversa, come se gli attori governativi stessi non sappiano più se stanno o no simulando.




lunedì 8 luglio 2013

Il clima della Calabria Regia … e ora ?!

Incursione storico-letteraria di un agrimensore

Di Silvano Molfese


E’ diffusa l’idea che in Calabria faccia ed abbia fatto sempre molto caldo: ciò è vero sulla costa in estate. Ma in realtà, sull'arco montano calabro un tempo la neve rimaneva perlomeno quattro mesi all'anno come ci raccontano i viaggiatori del passato.

Il 6 marzo scorso ho presentato questa ricerca storico-letteraria al circolo culturale Augusto Placanica (CZ) cominciando con la definizione di clima per la quale rimando ad alcuni siti come  www.sdasr.unict.it/.../EA_2_... Attraverso questa raccolta di brani letterari, che partono dalla fine del 1700 fino ai primissimi anni del XX secolo, ritengo sia possibile fare un confronto con il clima attuale.

Inizio con l’edizione critica curata da Augusto Placanica del “Giornale di viaggio in Calabria” scritto nel 1792 da Giuseppe Maria Galanti (Società editrice Napoletana,  1982). Augusto Placanica fece un notevole lavoro di ricerca storica ricostruendo fin nei dettagli i documenti prodotti quasi due secoli prima da Galanti.

“Dopo la Rotonda si passa il fiume fornito sopra di un buon ponte. Questo fiume divide la Basilicata dalla Calabria. Si sale dolcemente sugli Appennini per lungo tratto, ed in questa salita si stava lavorando per la costruzione della nuova strada. Salito gli Appennini  si trova un vasto piano detto Campotenese. È tutto cinto di monti che sono le cime degli Appennini.  Vi è un convento di Cappuccini (questo convento non è sulla strada), i quali hanno l'obbligo di suonare la campana quando vi è neve  ed i venti formano de' vortici e de' turbini. Spesso vi resta nell'inverno gente seppellita sotto la neve. Vi si potrebbero formare de' villaggi. È senza acque, sebbene formi una conca cinta di alti monti carichi di neve.” (13 aprile,  p.  98 -99)

Auguste De Rivarol, 1817  - Nota storica sulla Calabria – Managò Editore – pag. 50

“La strada che conduce da Rotonda a Castrovillari è importante per Campotenese, una piccola pianura su un pendio elevato, soggetta a frequenti tormente di neve e ai rigori dell'inverno anche in piena estate. Gli antichi avevano segnalato questo terribile passo, che credevano abitato da uno spirito maligno, tanto che quando citavano un luogo di difficile accesso aggiungevano, come per un sinistro presagio, aderit genius Temesis (*).” 
(*)  Comparirà lo spirito di Temesa

Horace Rilliet - Colonna mobile in Calabria  -  Rubbettino, 2008
( Sabato 2 ottobre – pag. 70-71 )

E’ la testimonianza del 1852 di un ufficiale medico svizzero, Horace Rilliet, arruolato nell’esercito borbonico, che descrive un tratto della strada per Campotenese nel comune di Morano (CS):

 “La strada è fiancheggiata da ogni lato da alti piloni in muratura destinati, a non crederci, a indicare in inverno il tracciato della strada che in questa stagione è completamente immersa nella neve come quella del San Bernardo o del Sempione.”


Eugenio  Arnoni, 1874 - La Calabria illustrata - pag. 314 - 315

“ Nel punto più alto siede Campotenese,   …  Nell’ampia distesa di ben 7408 chilometri, nel cui mezzo è la strada maestra, due lunghe righe di colonnette, messe là in bell’ordine, a circa 30 metri l’una dall’altra, attirano gli sguardi del passaggiero. Vi furon collocate per additare la via che, in tempo d’inverno, per lo più va coperta di alto strato di neve.
Ivi l’uomo più di una volta è costretto a contrastare con gli elementi congiurati tra loro: deve lottare con piogge stemperate, coi venti più impetuosi, col più nero degli uragani, con le più infuriate tempeste, coi fulmini, coi tuoni, e con tutto quanto altro l’uomo si può immaginare di nefando.
Ivi, la forza gigantesca dei venti, spezzata o rattenuta dagli alti monti circostanti, sbuffa impetuosamente e romoreggia tra le nubi torreggianti, mugghia fra le titaniche creste dirupate, gagliardamente sibila tra le forre, avvalla monti di neve, ne costruisce di nuovi, e … quanti passaggieri non restan vittime inconscie di quella furia infernale!? … “


Foto n. 1 - Dallo Spiazzo Cappella del Carmine il 4 Gennaio 2013

Lo Spiazzo Cappella del Carmine si trova a 1.081 m s.l.m. nel comune di  Morano (CS). 


Significativa è la testimonianza di Duret De Tavel, che, in quanto ufficiale dell’esercito di occupazione napoleonico, rimase per tre anni consecutivi in Calabria.  Ho riportato questo brano per evidenziare che a quell’epoca, anche se in condizioni straordinarie, la percezione della dura realtà era condivisa tra uomini di differente estrazione sociale.


Duret De Tavel 1807 – 1810  Lettere dalla Calabria -  Rubbettino Editore 1985 Cosenza 6 dicembre 1807  Pag. 9-11

La mattina del 2 dicembre.

“Dopo di che il battaglione si inoltrò nelle gole dell'alta montagna di Campotenese, la cui sommità era coperta di neve e di nebbia. Man mano che avanzavamo, una pioggia freddissima sferzava le nostre membra già intirizzite per l'attraversamento del torrente; alla pioggia si unì ben presto un vento gelido; e arrivati su un vasto altipiano che corona la montagna, scoppiò una tremenda tormenta.

Avanzammo dunque con molta fatica, lottando contro un vento violento che ci sbatteva sul viso un nevischio sottile e penetrante. Molti soldati, esausti, vinti dal freddo, caddero stremati e rimasero morti sulla neve senza che fosse possibile portare loro alcun soccorso. 

Inoltre, l'avanzare della notte rendeva la situazione più critica. Infine, dopo aver lottato per tre ore contro la morte, raggiungemmo l'altro versante di questa funesta montagna, da dove attraverso un ripido pendio discendemmo ben presto nella pianura.  ……L'ufficiale che comandava la scorta ci disse che …. Il giorno dopo, attraversando le montagne, trovò ventidue soldati del nostro battaglione morti sulla neve. “

28 maggio 1808  pag. 48

“Quante perdite abbiamo subito prima di conoscere questo clima mille volte più omicida del ferro dei briganti! “

San Giovanni in Fiore  26 ottobre 1809  pag. 94

“… poiché San Giovanni in Fiore può essere considerata la Siberia della Calabria. La stagione comincia a diventare terribile in questa regione montuosa, dove una densa nebbia e, ben presto, abbondanti nevicate ci terranno nel più triste isolamento, separati dal resto del mondo.”


Cosenza 5 febbraio 1810  (pag. 97-98)

“Il 21 gennaio partii con settantaquattro uomini azzoppati, la maggior parte dei quali, non essendo in grado di camminare, cavalcava degli asini.
La mia carovana si mise in cammino alle nove del mattino. Pioveva da molto tempo.  ….  Fui quindi obbligato a far sistemare il distaccamento in aperta campagna. La pioggia, violenta, non cessava di cadere e fu impossibile accendere qualche cespuglio, il solo combustibile a nostra disposizione. 
Così, circondati da torrenti insuperabili, bagnati fino alle ossa, intirizziti dal freddo e sprovvisti di viveri, passammo una lunga e terribile notte di sofferenze, specie i miei soldati, parecchi dei quali avevano febbri ostinate e delle ferite non ancora cicatrizzate. Mettemmo in comune tutto il pane per dividercelo tristemente e attendemmo il giorno che sembrava rifiutarsi alle nostri voci.”


Una testimonianza sul clima della Sila si trova nella relazione che Zurlo fece per i Borboni ( “Dello Stato della Regia Sila liquidato nel 1790 da Giuseppe Zurlo Giudice della Gran Corte della Vicaria” Napoli – dalla Stamperia Nazionale, 1862).

Nel primo volume, comincia con la “Descrizione geografica della Regia Sila”

“ …Per una singolarità sorprendente l’elevate montagne, che vi si distinguono, sono una certa divisione fabbricata dalla natura tra le due opposte stagioni dell’inverno e dell’estate, non conoscendosi in tal luogo né la primavera né l’autunno.

La stagione de’ bei giorni vi ha cortissima durata, perché comincia dopo il mese di giugno, ed a guisa della terra situata sotto i tropici quella delle nevi succede dopo la metà di settembre. Da quella parte dell’anno in poi le nubi tirate dal sole dal grembo de’ due mari Jonio verso Levante, e Tirreno verso Ponente, e spinte con violenza da venti contro le montagne medesime, si aprono e si sciolgono in piogge accompagnate da frequenti tempeste, in guisa, che dopo le prime acque si veggono subito per la rigidezza del clima ricoperte di neve.”

Norman Douglas, Vecchia Calabria – Giunti-Martello,1978 – pag. 331, reduce da viaggi effettuati in Calabria tra il 1907 ed il 1911 descrive la Grande Sila :

 “L’aria di queste alture è vibrata e pungente: qualche anno fa, in cima al Monte Nero nel'ultima settimana di agosto, non riuscimmo a far sciogliere al sole un blocco di neve offertoci da un pastore quale contributo al nostro pasto.”

Lo scrittore Corrado Alvaro ne “La Calabria – Libro sussidiario di cultura regionale” (scritto nel 1925 - Carabba Editore), riporta tra i proverbi del mese di novembre due detti che fanno riferimento al clima locale:

 “Per San Clemente (23 novembre) il verno mette un dente”
 “Per Santa Caterina (25 novembre) la neve alla collina”.  Pag. 27
 Più avanti, quando Alvaro descrive il paesaggio di dicembre si legge:
 “ Il tempo è divenuto rigido; sui monti ha già nevicato. Arrivano nella pianura folate di neve.”  Pag. 46

Achille Curcio –  La Catanzaro degli Altri   - Fucina Jonica, 1989
Calendario  storico  Catanzarese   -  p. 169

24  gennaio 1600
... tanto in Catanzaro quanto in tutte le marine circonvicine
 cadde tanta neve che la meno era di 8 palmi ed in alcune parti 
fu osservata di 10 palmi; morì gran bestiame e nelle campagne
 si perderono tutti i seminati».

Luigi  Settembrini (in La Catanzaro degli Altri, pag. 43)


“Io le voglio un gran bene a quella città di Catanzaro … La città è sita sovra un monte in mezzo della Calabria: dietro le spalle le van sorgendo altri monti sino alla gran giogaia della Sila, che di verno si vede coperta di neve,  e su la neve sorgono nereggianti i pini: dinanzi le sta un vastissimo terreno ondulato di colline  che sono sparse di giardini, di orti, di case, di vigne di oliveti, d’aranceti …”.


Foto n. 2 – Scattata dal centro di Catanzaro il 31 gennaio 2013

Settembrini vedrebbe cosi  “La gran giogaia della Sila” in pieno inverno da Catanzaro:  con qualche chiazza di neve.

Astolphe De Custine –   Lettere dalla Calabria 1812  pag. 85

Reggio Calabria, 14 giugno, alle nove di sera

“Tra tutte le montagne che si scorgono da Reggio, l'Etna è la sola che si presenti davvero con una maestà stupefacente.   ….

Tutto il lato settentrionale della montagna verso Taormina è coperto di neve, anche se siamo in questo periodo dell'anno!”

G.M. Galanti -25 Maggio  1792

 “La situazione di Reggio è amenissima sotto di un cielo felice.  La terra è sterile ma abbondante di acque eccellenti colle quali s'inaffiano gli agrumi, per cui vi danno un gran prodotto.” (p. 209)

H.  Swinburne - A cavallo in Calabria tra antiche rovine Da Montegiordano a Reggio -  6-22 maggio 1777

“I dintorni di Reggio sono incantevoli …Feci parecchie bellissime passeggiate sulla spiaggia. Dovunque si pratichi un buco nella sabbia, anche se a un passo dal mare, vien fuori gorgogliando dell'acqua dolce e fresca.”  (p. 101)

Da Reggio Calabria  a Napoli  -  8-22 febbraio 1778 Da  Nicastro sulla strada per Cosenza

“Le montagne formavano una delicata curva su ambedue i lati racchiudendo una pianura ricca delle migliori varietà dei prodotti della natura.
Una corona di monti più bassi correva in linea perpendicolare verso sud, salendo per gradi fino a perdersi nelle cime nevose dell'Aspromonte.”  (p. 128)

Memorie Geognostiche – Geografiche sulle Calabrie. Note di viaggio del Prof. Gerhard vom Rath , pubblicazione del 1874, pag. 65

Il prof. Gerhard vom Rath , geologo, fece un viaggio di studio in Italia nel 1871 e nel 1872.

“Veduta da Messina, la vetta dell’Aspromonte si presenta quale una imponente piattaforma, coperta fino a tutto Maggio completamente di neve. Quelle montagne si abbassano verso la spiaggia di Reggio, con leggere pendenze, interrotte da un terrazzo.”

Fortunato Lupis-Crisafi – Da Reggio a Metaponto – Tipografia del commercio, 1905

“Passate le gallerie si presenta allo sguardo una pianura con bella e pittoresca vallata, che insieme al fiume, che la percorre, si chiama Laverde, …Non a torto ha così  nome questa valle, perché essendo abbondante d’acqua in tutti i mesi dell’anno è sempre verde.”   (pag. 77)

“A poca distanza si presenta la vallata del Bonamico, bella come quella del Laverde ma più maestosa, perché in fondo da un lato ha Montalto, coperto di nevi da novembre a giugno, e dall’altro i contrafforti delle montagne di Platì, che a semicerchio vanno ad unirsi ad Aspromonte”  (pag. 80)

Michele Tenore, Luigi  Petagna e Giovanni Terrone. Una spedizione botanica in Calabria - ( dal 3 al 16 luglio 1826 )

Alla punta del Cucuzzo arriviamo a mezzo giorno. Calva e denudata di ogni vegetazione è quella vetta del monte, e tutte le dirupate falde occidentali e meridionali sottoposte.

Poco al di sotto ad essa, dal lato Nord-Ovest, gli avanzi della regione boscosa formano alcune macchie, presso le quali si cavano le fosse per le conserve della neve. (10 luglio - pag. 79)

Dal movimento che regna in questo Capoluogo, dalla folla della gente che ne percorre le principali strade, e dalla quantità di ben forniti magazzini, e di eleganti botteghe da caffè e da sorbetti, che vi sono squisitissimi, niuno potrebbe persuadersi, che Cosenza non conti che soli 8 mila abitanti; …  (11 luglio 1826 - pag. 89)

Riporto anche un brano sul clima sociale dell’epoca.

Alle 4 partiamo da Morano, dirigendoci a Lagonegro. Per circa tre miglia ascendiamo sempre per guadagnare la vetta del monte; sul cui fianco è stata praticata questa diabolica strada. Così arriviamo all'alto piano di Campotenese. 
Sul primo ingresso del medesimo, un posto di Gendarmeria, ed alcuni miserandi avanzi di malfattori, a pubblico esempio ivi collocati, ci rammentano quanto per l'addietro ai viaggiatori funesto sia stato questo luogo.” 

(Mercoledì 13 luglio -  pag. 93)

Foto n. 3 - Ghiaccioli

Fino agli anni ’60 del secolo scorso, nei paesi della fascia pedemontana e di alta collina, in inverno era normale vedere i ghiaccioli pendere dai tetti delle case.

Foto n. 4 - Palazzo di giustizia nel 1937 (Catanzaro)

( da “Cara Catanzaro” a cura di Beppe Mazzocca e Antonio Panzarella - Rubbettino )

Foto n. 5 - Palazzo di giustizia: aprile 2013 (CZ)

Sul lato destro della foto (presa da un'altra angolazione), si nota che la strada è stata costruita al di sopra della ferrovia; diversi palazzi sono stati edificati sul fianco del dirupo.

In Italia, nei decenni passati, grazie alla disponibilità di energia fossile a buon mercato, spuntarono come funghi numerosi edifici ben più alti rispetto al passato. All'epoca il petrolio aveva resa energetica, EROEI, molto elevata, da 50 a 100 (1).

Per un palazzo di cinque piani si può calcolare grosso modo l’energia necessaria a costruire un solo pilastro: ci vogliono 172 kg di petrolio e si immettono ben 520 kg di CO2 nell'atmosfera!  (*) . Le rese energetiche dei combustibili fossili stanno diventando sempre più basse: ne consegue che per fare le identiche costruzioni con l’energia fossile, il sistema nel complesso consumerà più petrolio con relativo inquinamento da CO2 .

Figura n. 1 – Convergenza di limiti.  Nel riquadro ho aggiunto anche la popolazione.

(Modificata da Ian T. Dunlop “Climate change: what it means in terms of Energy” - Future of Energy and the interconnected Challenges of the 21 century – University of Basel 19 October 2011)

Nella figura n. 2 ho evidenziato con la freccia rossa il pericolosissimo livello del CO2. A proposito dei livelli di biossido di carbonio (CO2) in atmosfera, Bardi commenta così:  “La perturbazione portata nel sistema è molto grande ed estremamente rapida, se confrontata con qualsiasi evento accaduto nella storia passata della Terra.”

Volendo seguire l’estensione della superficie glaciale artica segnalo il sito:
da cui ho ricavato il grafico sottostante.
Figura n. 3 -  Mar Glaciale Artico: estensione del ghiaccio.

Foto n. 6 – Miniera di diamanti con diametro di circa mezzo km.

Questa foto, tratta  dal libro “La Terra svuotata” di Ugo Bardi, è un esempio di ciò che abbiamo preso dal sottosuolo inquinando la biosfera: i suoli fertili, l’acqua che beviamo e l’aria che respiriamo.  L’energia per fabbricare l’autovettura media nel 1997, limitandoci ad alcuni minerali, era pari a  595  kg di petrolio: oltre quattro barili di petrolio. (2)

Figura n. 4 - Una fitta rete stradale (R. Paone).
Come si vede dalla cartina (figura n. 4 ) il reticolo stradale è molto capillare. 
Se la larghezza media delle strade fosse di soli 6 metri, la superficie sottratta all’agricoltura sarebbe sufficiente ad alimentare annualmente oltre 37 mila persone. 

Figura n. 5 – La rete ferroviaria in Calabria (R. Paone).

Ci sono numerosi doppioni stradali, soprattutto lungo le coste, nonostante siano  attivi i collegamenti ferroviari. Su due binari ferroviari viaggiano in una ora tante persone quante su sedici corsie autostradali. (3)

Note e bibliografia
(figure 4 e 5 elaborate dal Dott. Raffaele Paone - Servizio Agropedologia ARSAC) 

(*)  Per il pilastro in calcestruzzo armato alto 15 m ho calcolato una base quadrata, lato di 0,3 m ; massa volumica di 2500 kg per metro cubo; di cui calcestruzzo 2350 kg ed un consumo energetico di 0,863 MJ/kg  (ripreso da: Sawin J.L. e Hughes K. , 2007 . Dare energia alle città. State of the World 2007.  Edizioni Ambiente , 211.).  Per i rimanenti 150 kg di ferro ho considerato un dispendio di energia pari a 22 MJ/kg : in totale 5328 MJ per mc; la densità energetica del petrolio 41,9 MJ/kg .
Per il petrolio greggio ho usato l’indice di emissione di CO2  pari a 3,037 . 
I quantitativi dei principali minerali usati nell’auto tipo e, tra parentesi, l’energia di produzione specifica (da La Terra svuotata, pag. 90):
di acciaio sono 693 kg (22 MJ/kg); di rame: 8,6 kg (48 MJ/kg ); di alluminio: 42,8 kg (211 MJ/kg ); di piombo: 9,1 kg (26 MJ/kg).
Ho considerato una superficie di 6.780 ettari, una prudenziale resa media del frumento pari a 22 quintali /ettaro ed un consumo pro-capite annuo di 4 quintali come cereali.   

(1)  Bardi U. , 2011. – La Terra svuotata. Editori Riuniti,  195
(2) Lombard P.L. e Molocchi A. 2000 – Produzione, esercizio e smaltimento dei mezzi di trasporto: i costi ambientali e sociali. Franco Angeli, 114-115.
(3)  O’Meara Sheehan  M., 2001 .Ottimizzare i trasporti. State of the World 2001.  Edizioni Ambiente , 149- 173.

domenica 7 luglio 2013

Cambiamento climatico: perché la gente sceglie l'ignoranza



Di Ugo Bardi

Da “The frog that jumped out”. Traduzione di MR



Image above from Benvitalis' blog

Estratto da Yahoo news, grassetto della “Rana”


Perché la gente felice si nasconde dal cambiamento climatico
Takepart.com – mercoledì 22 maggio 2013

L'ignoranza può essere una benedizione, ma la benedizione porta anche all'ignoranza – perlomeno quando si tratta di cambiamento climatico.


Lo studio, pubblicato recentemente nella rivista Science Communication, ha esaminato 763 studenti universitari. Dopo aver chiesto loro come si sentivano rispetto al tema, lo studio ha poi cercato di vedere quanto fosse probabile che essi cercassero e raccogliessero più conoscenza su di esso, ha detto l'autrice dello studio Janet Yang, una ricercatrice dell'Università di Stato di New York a Buffalo. 

...

Gran parte degli intervistati – 51% - dice anche di non pensare che il riscaldamento globale sia causato dagli esseri umani, secondo un sondaggio del Centro Ricerche Pew. In altre parole, non sanno che il biossido di carbonio prodotto dall'uomo sta aumentando le temperature in tutto il mondo, cioè la conclusione raggiunta dall'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC).

Il risultato più sorprendente per la Yang è stato quello di aver svelato una “norma” sociale per impegnarsi ad evitare le informazioni – se una persona pensa che sia più probabile che i suoi simili evitino le informazioni sul tema, allora è più probabile che questa stessa persona eviterà a sua volta le informazioni. In genere, come nel caso dei problemi ambientali, le norme sociali – quello che crediamo vogliano fare gli altri – portano le persone a cercare più informazioni, non di meno, dice la Yang. 

“Se credete che la gente pensi che dovreste fare di più, è più probabile che cerchiate più informazioni”, ha detto. 

In questo caso, se una persona passa del tempo con altre che evitano le informazioni sul cambiamento climatico, allora è molto probabile che questa faccia lo stesso, ha detto la Yang. 

La ricerca suggerisce che quando si tenta di informare la gente o di portarla ad occuparsi e fare qualcosa riguardo al riscaldamento globale, potrebbe essere utile stimolare un qualche tipo di risposta emotiva. 

“Stimolare le emozioni ed usare di più il racconto visivo, basandomi sullo studio, penso che sarebbe efficacie nel portare le persone a cercare più informazioni”, ha detto. “Dobbiamo diffondere un senso di urgenza che possa effettivamente stimolare risposte a questo problema nel pubblico”, continua l'autrice nel saggio. 

Potrebbe anche essere utile descrivere la ricerca di informazioni come responsabile e vantaggiosa. Inoltre, è importante che la gente capisca che può fare qualcosa per questo problema; coloro che pensavano che le loro azioni non avessero alcun effetto più facilmente evitavano di cercare informazioni, ha detto la Yang. 

“La comunicazione del rischio rispetto al cambiamento climatico potrebbe avere un beneficio dal far crescere un senso di curiosità e dallo sfatare false credenze circa l'attuale conoscenza, in modo che la gente non si fermi a ciò che già sa”, ha scritto l'autrice. 

La Yang ha detto che si preoccupa profondamente per il cambiamento climatico, perché avrà “un impatto enorme sulla nostra generazione e su quelle future”. Quando si confronta coi negazionisti climatici, lei cerca di convincerli che questo è un problema reale, se crede che sia il caso. Ma se si tratta di una conversazione casuale o di chiacchiere a cena, “non mi sempre mi ci imbarco, perché non voglio far sentire a disagio le persone”, ha detto. “Ma forse dovrei”.


sabato 6 luglio 2013

Jay Forrester sulla natura dei problemi che affrontiamo

Di Ugo Bardi
Da “The frog that jumped out”. Traduzione e sottotitoli video di MR.










In poche frasi, Jay Forrester, ancora perfettamente lucido a 95 anni, sottolinea le origini dei problemi che affrontiamo col cambiamento climatico e tutto il resto. Negli anni 60, Forrester aveva sviluppato un metodo di studio dei sistemi complessi chiamato “dinamica dei sistemi” e quella è stata l'origine dello studio del 1972 “I Limiti dello Sviluppo”. Quasi 50 anni dopo, la comprensione del comportamento dei sistemi complessi da parte dei leader e dei politici rimane primitiva, meglio che vada. E questo mostra:

“La gente fa le cose che crede di dover fare, ma non si rende conto che è quello che sta facendo che sta causando i problemi”

“[i nostri leader] raggiungono la maturità e giungono a posizioni di influenza con una conoscenza del tutto sbagliata dei sistemi coi quali hanno a che fare”

”... e tuttavia chiediamo ai leader far funzionare dei sistemi che sono ben al di là di ogni loro possibilità di comprenderli realmente”


venerdì 5 luglio 2013

Un sano senso di vergogna

Da “Club Orlov". Traduzione di MR

Di Dmitry Orlov


Parra, Il Senso di Colpa

Il post della settimana scorsa ha dato adito ad una fantastica sorgente di emozioni negative nelle molte persone che hanno commentato. Questa settimana, piuttosto che ignorare o reprimere le emozioni negative, faremo l'esatto opposto: le celebreremo. A volte è la cosa sana da fare.

C'è una tendenza a guardare le emozioni negative come, be', negative: pochi di noi vogliono particolarmente passare il tempo sguazzando nella colpa, nella vergogna, nell'imbarazzo, nei sentimenti di insicurezza o inadeguatezza, di confusione e incomprensione. La dissonanza cognitiva, che è causata dal dovere accettare simultaneamente due nozioni contraddittorie, è dolorosa e anche meno di noi amano il dolore (e per coloro che lo amano, non si tratta del tipo di dolore che tendiamo ad amare). Tuttavia, tutte queste emozioni negative esistono per una ragione: forniscono feedback negativi essenziali per il nostro comportamento, permettendoci di evitare, riconoscere e di espiare i nostri errori. Senza di essi giriamo senza controllo, andiamo a sbattere ovunque e bruciamo.

Gran parte delle persone passano la vita cercando di evitare le emozioni negative. Lavoriamo e ci comportiamo bene con gli altri, non agitiamo le acque o causiamo problemi, chiediamo il permesso e ci scusiamo per cose banali. Facciamo ciò che gli altri si aspettano da noi e nascondiamo le parti di noi che potrebbero incontrare disapprovazione. Evitiamo i temi che possono innescare emozioni negative e quando non possiamo, evitiamo di approfondire le cose e trarne conclusioni. Ma, più importante, ci prendiamo licenza: la società ci da licenza di pensare male di coloro che differiscono o deviano dalle norme accettate senza provare colpa o vergogna anche se sappiamo pienamente e bene di essere di gran lunga peggiori di loro. Non importa quanto possa essere negativa la visione di noi stessi, possiamo sempre ignorarla nascondendoci dietro la xenofobia. E non importa quanto infinitamente piccola sia la probabilità che qualcun altro si unisca a noi, possiamo sempre dire “Se non se con noi, sei contro di noi”. La nostra società malata ci fornisce un trucchetto malato col quale prendere la nostra colpa e la nostra vergogna e convertirle in rabbia e orgoglio.

Ecco un esempio specifico: recentemente ho raccontato ad un pubblico alcune cose sul loro paese (gli Stati Uniti). Ho sottolineato che il loro paese è il numero uno fra i paesi sviluppati in molte categorie, come l'obesità (il Messico è secondo), i tassi di divorzio, le famiglie di una sola persona, i bambini che crescono senza padre, la morte per abusi di bambini, i tassi di infezione da malattie trasmesse sessualmente, i tassi di maternità delle adolescenti, i tassi di incarcerazione, di depressione e disturbi dell'alimentazione. Ho sottolineato che un terzo dei bambini negli Stati Uniti sono senza padre, che un quarto delle adolescenti negli Stati Uniti hanno almeno una malattia trasmessa sessualmente, che a un quarto delle donne negli Stati Uniti sono stati prescritti antidepressivi prima o dopo, che un terzo di tutti gli impiegati soffre di stress debilitante cronico e che la metà prova uno stress che causa insonnia, ansia e depressione. Ho detto loro che si stanno uccidendo a forza di numeri record, essendo il suicidio la causa principale delle ferite mortali, prima degli altrettanto numerosi incidenti stradali e delle ferite da arma da fuoco. Ho detto loro che la portata della loro diseguaglianza e negligenza sociale è degna di una repubblica delle banane del terzo mondo. Ed ho detto a quel pubblico cosa pensano, secondo numerosi sondaggi di opinione, del loro governo: il loro Congresso è meno popolare di scarafaggi, pidocchi, fogne, colonscopie, ingorghi stradali, venditori di auto usate e Gengis Khan. E si sono presi tutto persino ridacchiando. Sì, è tutto vero.

 Poi ho raccontato a quel pubblico di alcuni gruppi sociali diversi che vivono in isolamento fra di loro, proprio qui negli Stati Uniti, che hanno dei risultati di gran lunga migliori. Secondo ogni misurazione concepibile: alcolismo, abusi coniugali e sui bambini, abuso di sostanze, disturbi mentali, tasso di criminalità, tasso di suicidi – aggiungete voi qualcosa – non fanno solo un po' meglio, ma enormemente meglio, massicciamente meglio. Il loro trucco è quello di mettere un muro tagliafuoco fra loro e la società intorno e di vivere con le proprie regole senza consultare coloro che gli stanno intorno anche se questo significa dover affrontare periodicamente una persecuzione. Di fatto, è questa persecuzione che che da loro la forza di perseverare. Ho spiegato che questi gruppi sono eterogenei: alcuni sono religiosi, altri atei; alcuni sono stanziali, altri nomadi; alcuni si attengono scrupolosamente alla legge, altri se ne fanno beffe; alcuni portano i loro figli a studi avanzati, altri negano loro l'alfabetizzazione di base: alcuni sposano i diritti eguali per le donne, altri no. Ho spiegato che ognuno di questi gruppi ha la propria ideologia e il proprio codice di comportamento e che le differenze sono tali che ci sono a malapena i presupposti per confrontarli. D'altra parte, essi hanno aree significative in comune che sembrano essere la base di ingredienti essenziali per le loro ricette di successo molto diverse fra loro. Alla fine, ho detto che le sole cose alle quali vale la pena guardare sono i punti in comune ed ho spiegato quali sono perché, vedete, se vogliamo raggiungere risultati migliori per noi stessi, possiamo ignorare queste caratteristiche, che sono candidate ad essere universali fra le comunità di successo, a nostro rischio e pericolo. E la gente generalmente accetta anche questo.

Ma poi c'erano alcuni nel gruppo che hanno iniziato un attacco xenofobo. Hanno cominciato ad attaccare alcuni dei gruppi che ho descritto (hanno individuato gli Amish per il trattamento delle malattie) perché come trattano le donne, o i bambini, o gli animali, non è conforme agli standard della società progressista. Quale società progressista? Quella che ho descritto sopra, la società malata, dominata da pidocchi e scarafaggi, presieduta da Gengis Khan, dove qualcosa come metà della popolazione assume sostanze psicoattive di un qualche tipo che le permette di non notare le sue condizioni miserevoli e quelle dei propri dintorni, la loro mancanza di sicurezza, di amicizia leale o di speranza per il futuro? Quella società? E' progressista, vedete, e gli Amish (che non hanno nessuno di questi problemi) apparentemente non lo sono.

Ora, perché mai al mondo qualcuno che ha appena sentito di non avere una gamba per stare in piedi dovrebbe provare a dare un calcio a chi sta fermamente in piedi su due gambe? Siamo qui, stesi a terra e senza gambe e lui è lì, in piedi a pochi passi da noi che ci sorride. Potrebbe anche considerare il fatto di avvicinarsi ed aiutarci, ma noi lo stiamo maledicendo, in più il nostro alito puzza un po' troppo perché abbiamo trattenuto le scoregge di una vita. E, santo cielo, ci siamo appena incazzati? Oh, per urlare forte!

Posso pensare una sola ragione per la quale qualcuno si comporterebbe con così poca grazia:






Ora, potreste pensare che una volta che i principi comuni che sostengono tutte le comunità di successo vengano astratti dalle loro specifiche potenzialmente offensive, questi punti in comune possano essere attuati con successo anche da gente del tutto senza vergogna. Ma io dubito seriamente che sia così. La capacità di giudicare gli altri più duramente di quanto si voglia giudicare sé stessi o, dall'altra parte, l'incapacità di limitare il tuo proprio comportamento ricordando chi sei e quale potrebbe essere il tuo posto – queste non sono minimamente utili nella formazione di gruppi affiatati, armoniosi, cooperativi, auto-organizzati ed auto-governati.

Infatti, sembra che la mancanza di vergogna sia una buona candidata per la prova del nove. Coloro che non riescono a rispettare il detto “Non giudicare, o sarai giudicato” (Matteo 7:1) dovrebbero essere giudicati fuori dal gruppo. Ma ciò che sarebbe anche meglio è se potesse essere progettato un certo numero di pasticche velenose specifiche, se volete, che non fanno nessun danno alla comunità in sé, ma sono velenose per gli estranei che giudicano. Questo li spingerebbe ad escludere sé stessi dalla comunità sotto il loro potere, risparmiando a tutti la noia di sbatterli fuori. E questo potrebbe risultare in una sana dose di persecuzione che, come ho scoperto, è uno degli ingredienti chiave per mantenere una comunità coesa e sana.

Facendo un passo indietro da questa tempesta in un bicchiere, di cosa parlava il mio discorso? Parlava delle “comunità che rispettano”: gruppi separatisti che hanno superato la prova del tempo – cinque secoli nel caso degli Anabattisti, dieci o più nel caso dei Rom (più qualche esperimento recente). Questi gruppi sono di vecchio stile nel loro ordine sociale in virtù dei criteri coi quali li ho scelti: la loro capacità di rispettare. La loro capacità di perseverare in un ambiente sociale alieno e a volte ostile e di ignorare i venti di cambiamento che soffiano in quell'ambiente sociale, sono aspetti dello stesso fenomeno. Sono conservatori e non hanno trovato una ragione sufficientemente forte per aggiornare i loro antichi costumi, che siano il matrimonio combinato o la segregazione di genere nei refettori della comunità o l'estensione del voto alle donne, così come molte altre cose di questo tipo che i progressisti trovano offensivi. Ma nessuno ha mai detto di emulare o di unirsi a questi gruppi! La discussione sì è focalizzata sui punti in comune che hanno fatto aver loro successo e non c'è niente sui punti in comune che siano offensivi per nessuno. Ma per capire questi punti in comune dobbiamo guardare le comunità che li esibiscono e per fare questo con successo dobbiamo valutarli secondo i loro standard, non i nostri. Ma fra di noi si trovano alcuni eredi dell'imperialismo culturale, economico e militare e queste persone sono apparentemente abituate a giudicare l'intero universo come se fosse stato creato per adattarsi allo loro fantasia e a soddisfare la loro sensibilità. Essi potrebbero trovare molto difficile sospendere il loro giudizio e imparare a vedere il mondo con gli occhi di coloro che sono, di proposito e senza chiedere scusa, diversi da loro e che non hanno nessun posto per loro nel loro universo. Ma questi sono i soli termini sotto i quali la loro partecipazione nella discussione che seguirà sarebbe altro che non uno spreco del tempo di tutti.

Dato che questo cavallo morto non è stato ancora sufficientemente reso tenero, lasciate che ripeta un'ultima volta: se siete una delle persone che fanno parte di una comunità affiatata, che dura a lungo e che fornisce tutto ciò di cui i suoi confratelli necessitano dalla culla alla tomba, tutti vorrebbero starvi a sentire ed imparare da voi tutto il possibile, a prescindere da quanto “inaccettabilmente” la vostra gente possa essere bigotta, vecchio stile o genericamente strana. Non abbiate paura di essere giudicati, perché il resto di noi non è nelle condizioni di farlo. Se voi, dall'altra parte, siete una delle tante, tante persone – di gran lunga troppe, di recente – che pensate ancora che forse il governo statunitense, o Wall Street, o le multinazionali di Fortune 500 o il Dipartimento per la Sicurezza Nazionale provvederanno a tutti i loro bisogni, allora siete poco più di un'invenzione della vostra immaginazione e c'è un nuovo acronimo col quale avete bisogno essere a vostro agio:  STFU (Shut the Fuck - Freak - Up). E di guadagnare punti omaggio; nascondete il volto per la vergogna.


martedì 2 luglio 2013

Consigli di sopravvivenza da parte dei Gitani

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR

Immagine: Il campo Rom incendiato da una folla inferocita a Torino il 10 dicembre 2011 - da"La Stampa".

Anni di contatto con i Roma, che chiamiamo anche “Gitani” o “Zingari”, hanno cambiato in molti modi la mia visione del mondo. Non che potessi penetrare, se non superficialmente, una cultura che ho scoperto essere la più aliena che abbia mai incontrato e della quale non parlo nemmeno uno dei tanti dialetti. Ma credo di aver assorbito abbastanza da poter provare a dare un'interpretazione personale dei modi dei Gitani: di come sono riusciti nell'impresa straordinaria di sopravvivere per più di mezzo millennio in Europa, all'interno di una società spesso ostile. Non prendete questo mio testo come un tentativo di glorificare i Roma – capisco i problemi che stanno affrontando. Ma riconosco anche che si può essere umani in molti modi e che i Roma ne hanno scelto uno specifico e, per questo, meritano rispetto. Forse, da loro possiamo imparare qualcosa di utile per i tempi duri che stanno arrivando. 


Nel Dicembre del 2011, una ragazza italiana di 16 anni di un sobborgo di Torino tornava a casa lamentandosi di essere stata violentata da due zingari provenienti da un campo vicino. Apparentemente, è stata subito creduta e in breve tempo una folla di circa 500 persone si radunava per marciare sul campo Rom portandosi dietro torce e bastoni

Quando la folla è arrivata al campo, lo hanno trovato completamente vuoto. I Rom se ne erano andati in fretta, portandosi dietro tutte le cose di valore. Così, non c'era rimasto niente da fare per gli assatanati oltre che sfogarsi spaccando vetri, facendo a pezzi i mobili e dando fuoco ad alcune delle baracche. Più tardi, i pompieri hanno spento gli incendi e la ragazza ha confessato che si era inventata tutto. Aveva paura di raccontare ai suoi genitori che aveva perso la sua verginità con il suo ragazzo. (qui, la storia completa).

Vi potete domandare come può essere che una storia che sembra arrivare dal Medio Evo sia potuta accadere in un paese (teoricamente) moderno come l'Italia nel 2011. Ma quello che mi ha fatto impressione non è tanto la stupidità dei membri della folla o l'ingenuità della ragazza. E' la reazione dei Roma.

Immaginatevi di venire a sapere che una banda di gente armata di torce e bastoni si dirige verso la vostra casa. Non so come la pensate voi, ma la mia prima reazione sarebbe di aspettarli con un fucile in mano. Sarebbe, credo, la reazione tipica di molti di noi: classe media occidentale. Tendiamo a vedere la nostra casa come il nostro castello e a difenderla anche fino all'ultimo.

Ma i Roma di questa storia non hanno ragionato in questo modo. E hanno fatto la cosa giusta: sono scappati. Immaginate, invece, che avessero tentato di difendere le loro case. Si è saputo poi che c'era gente nella folla che aveva delle pistole. Vi potete immaginare cosa sarebbe successo? Considerando come queste cose sono normalmente raccontate sulla stampa, è probabile che i Roma avrebbero finito per essere considerati come gli aggressori e non come le vittime.

Invece, quando il fumo si è disperso, è stato chiaro per tutti chi aveva ragione e chi aveva torto. Così, I Roma sono potuti tornare indietro a riparare le loro baracche, avendo evitato il peggio. Mi sembra un esempio interessante di come si può essere sorpresi da una cultura e un modo di pensare che improvvisamente si rivelano completamente differenti.

Dopo alcuni
anni di contatti con i Roma che vivono a poche centinaia di metri dal mio ufficio, credo di aver cominciato a capire qualcosa di questa cultura che si rivela come la più aliena di tutte quelle che ho incontrato fino ad oggi. E' una cultura che si basa su più di mezzo millennio di esperienza di vita in un mondo spesso ostile, dal tempo in cui i Roma cominciarono ad arrivare in Europa, emigrando lentamente dal loro paese di origine, l'India. Ci può non piacere il modo di vivere e il modo di fare dei Roma, e soprattutto la loro cocciutaggine nel resistere l'integrazione. Ma il fatto che siano sopravvissuti tanto a lungo vuol dire che qualcosa di giusto lo hanno fatto.

Così, ho provato a mettere insieme alcuni “consigli per la sopravvivenza”, mettendomi nella parte di un Rom per quanto mi è possibile, essendo io soltanto un umile Gadjo. Non so se queste note possono essere considerate come un manuale di sopravvivenza, ma di sicuro sono interessanti. (E mi scuso in anticipo con i miei amici Rom per gli errori che posso aver fatto in questa interpretazione.)

Dieci Consigli per la sopravvivenza da parte dei Roma


1.
In battaglia, la miglior strategia è la fuga (la regola d'oro). Molti secoli di sopravvivenza in un mondo ostile hanno insegnato ai Roma che combattere in condizioni di inferiorità non è una buona idea. Questo non vuol dire che i Roma siano persone miti come individui e gruppi familiari. Al contrario, possono essere aggressivi e occasionalmente impegnarsi in scontri rumorosi con i loro pari. Ma, in generale tendono a evitare tutti i conflitti con i Gadje, scappando se necessario. Non ci sono resoconti di Roma impegnati in guerre in quanto gruppi etnici e si riporta solo di pochi Roma che hanno combattuto negli eserciti dei Gadje. E' un atteggiamento che sembra essere ancora utile e valido oggi, come dimostrato dal caso dell' attacco al campo Rom di Torino nel 2011, dove la rapida fuga dei Roma ha evitato lo scontro.

2.
Non portare e non usare armi. Questa regola deriva direttamente dalla regola d'oro (la miglior strategia è la fuga). Se sei il più debole in uno scontro, renderlo più distruttivo è una pessima idea perché, molto probabilmente, le armi che metti in gioco saranno usate contro di te. I Roma sembrano aver messo in pratica questa strategia durante tutta la loro storia di vagabondi, e la mantengono ancora oggi. Anche se alcuni di loro possono essere impegnati in attività illegali, è estremamente raro leggere di Roma che portano o usano armi. Il concetto di “diritto di portare armi” sembra del tutto alieno per loro. Su questo punto, sono ben più avanzati dei Gadje occidentali.

3. Prenditi cura della tua mobilità. Questa regola è una conseguenza delle prime due. Se non hai armi e se sei il più debole, non puoi stare fermo a fare da bersaglio: devi essere mobile. Per secoli, i Roma hanno usato questa strategia. La loro vita è stata sulla strada e rimane tale anche oggi; anche se non usano più i loro carri trainati da cavalli, preferendo di gran lunga le automobili (e non sembra che esista una Mercedes che non piaccia a un Rom). Così, i Roma non sembrano essere particolarmente interessati a scambiare le loro roulotte e i loro camper per dei normali appartmenti, anche se a volte sono invitati (o forzati) a farlo dalle autorità locali. Ma le cose cambiano e sparire all'orizzonte sta diventando sempre più difficile in un mondo che sta diventand sempre più controllato e regolato. Oggi, i Roma sono spesso segregati in campi che somigliano sempre di più a delle prigioni a cielo aperto; una situazione che devono accettare a malincuore.

4.
Viaggia leggero nella tua vita. I Roma di oggi sembrano aver ereditato dai loro antenati il concetto che devono sempre essere pronti a fare le valige e correre via all'improvviso. Uno dei risultati di questa abitudine è che un alloggio Roma (che sia una baracca o una roulotte) non mostra la tipica confusione delle case dei Gadje. Questo non è soltanto perché i Roma sono più poveri, ma perché sembrano applicare un qualche tipo di regola del “Feng Shui” nel senso che buttano via spietatamente tuto quello che non è strettamente necessario. Come conseguenza, l'interno di un alloggio Roma è sempre lindo e pulito, non come succede spesso in molte case dei Gadje. E' anche vero, tuttavia, che i Roma non usano la stessa attenzione per tenere bene l'esterno dei loro alloggi. D'altra parte, se devono essere sempre pronti a scappare, che senso ha prendersi cura del prato del condominio? Così, un accampamento Roma ha spesso l'aspetto di essere stato bombardato solo qualche giorno prima. Questa è di solito l'unica cosa che i Gadje che visitano il campo vedono, il che non è molto bene per l'immagine pubblica dei Roma.

5. Coltivate l'arte dell'offuscazione creativa. Se siete sempre di fronte al rischio di una pulizia etnica nei vostri riguardi, fate bene a fare attenzione a evitare di dare troppe informazioni ai vostri vicini più potenti. I Roma sembrano aver capito questa idea in termini di uno schermo per sviluppare una cortina fumogena linguistica che rende tutto molto vago. Se vi capita di chiaccherare con dei Roma, noterete che non viene mai detto chiaramente chi fa cosa, quando, e come. Gli appuntamenti sono sempre molto elastici (per non dir di peggio) e se siete invitati a cena da una famiglia Roma potete essere sicuri che arriverete sempre troppo tardi o troppo presto. In più, i Roma sembrano positivamente gelosi del loro linguaggio e non forniscono molto aiuto per chi prova a impararlo. Tutte queste caratteristiche danno qualche vantaggio ai Roma, ancora oggi, anche se non in termini di rendersi cari ai Gadje. Ma è tutto parte dell'essere Roma.

6. La famiglia di un uomo è il suo rifugio. Un Rom diventa davvero un uomo solo è sposato ed ha dei figli e la stessa cosa vale per una Romni, una donna. Ma la famiglia per i Roma è vista più come un “clan” che include un gran numero di parenti, in un dedalo di relazioni ed obblighi. E' su questa rete o membri famigliari che i Roma fanno affidamento per i propri bisogni in tempi difficili. Il clan fornisce sostegno, difesa, divertimento ed aiuto d'emergenza. Tutto ciò è fondamentale per gente che non ha un lavoro, un fondo pensione e, in molti casi, nessuna assistenza medica. Il problema è che questa tradizione incoraggia le famiglie ad avere bambini ed i Roma ne hanno spesso anche 5 o 6 per coppia. Questa era una buona strategia nei tempi duri di una volta, quando solo una parte della prole di una famiglia sopravviveva fino a diventare adulta. Oggi, invece, avere molti figli crea una moltitudine di problemi pratici aggiuntivi ai molti problemi che i Roma già hanno. Di questi problemi, uno è che i Gadje tendono a disapprovare i Roma che adottano una strategia, le famiglie numerose, che loro stessi hanno adottato fino a non molto tempo fa. Questo potrebbe cambiare con una nuova generazione di Romnie che spesso spesso dichiarano di non avere alcuna intenzione di caricarsi del fardello di molti figli come hanno fatto le loro madri. Se la “transizione demografica” avrà luogo per i Roma è da vedere, ma una cosa è certa: i Roma amano molto i propri figli.

7. Ciò che hai imparato da solo, non te lo potranno mai portar via. I Roma sono sempre stati degli eccellenti artigiani. Hanno lavorato come vasai, fabbri, maniscalchi e jolly di tutti i mestieri. Anche oggi, un Rom può costruirsi da solo una baracca completa usando legno di scarto e lo può fare sufficientemente bene da fare in modo che il tetto non crolli sulla testa della famiglia. Non perde acqua quando piove ed è persino accogliente d'inverno, con la stufa che la riscalda così bene! Sfortunatamente, tuttavia, i moderni Roma hanno anche perso gran parte delle capacità specifiche dei loro antenati: non c'è più bisogno di riparare vecchi vasi e pentole e gran parter degli oggetti meccanici sono costruiti in modi che rendono loro impossibile ripararli. Ciononostante, i Roma conservano una notevole flessibilità ed adattabilità. Apprendono rapidamente: se dovesse esserci ancora bisogno di gente che può riparare un ombrello rotto, i Roma possono di nuovo imparare a farlo.

8. Cogli l'occasione quando ti capita. Vivendo sempre sulla strada, spesso scappando da nemici più forti, i Roma hanno imparato ad essere flessibili, pieni di risorse e sempre pronti a cogliere l'opportunità del momento. Potrebbe essere questa caratteristica che li rende dei grandi commercianti; hanno una capacità quasi incredibile di capire cosa abbia valore e cosa no e la sfruttano al massimo. Naturalmente, rimangono spesso dei dubbi legittimi sulla fonte degli oggetti che commerciano ed è vero che alcuni Roma perseguono una carriera da ladruncoli. Se ciò sia parte dei modi tradizionali Roma è discutibile, ma è sicuro che il numero di Roma che sono realmente coinvolti in attività illegali è grandemente sopravvalutato da gran parte dei Gadje. Per un verso, è sempre più difficile rubare qualsiasi cosa in un mondo di sensori, allarmi, carte elettroniche e telecamere nascoste. Ma “illegale” è anche una questione di definizione. Per esempio, una delle attività tradizionali dei Roma era quella di raccogliere metalli di scarto per il riciclo, una cosa che vedevano (e vedono ancora) come una attività del tutto legittima. Tuttavia, i governi hanno cominciato a fare leggi e regolamenti che hanno trasformato questo tipo di raccolta dei rifiuti in attività illegale. Ciò ha spinto gran parte dei Roma specializzati in questo campo nel mondo oscuro della “economia parallela”, dove riescono ancora a raccogliere metalli sfruttando la propria creatività ed adattabilità, ma in condizioni molto più difficili.

9. Sii geloso della tua identità. I Roma si rifiutano ostinatamente di essere integrati nella società dei Gadje e preservano gelosamente la loro lingua e le loro tradizioni. Questo sembra essere un atteggiamento comune ancora oggi, nonostante il fatto che molti bambini Roma vadano a scuola e nonostante la presenza di televisori e connessioni Internet nelle case Roma. A questo proposito, i Roma si comportano come gli Ebrei, anche se non vedono la propria identità in termini religiosi (di solito adottano la religione della regione nella quale si trovano). Inoltre, diversamente dalla tradizioni ebraica, quella Romani non è scritta. E' completamente orale e potrebbe esserci una ragione per il fatto che i Roma non sembrano essere particolarmente interessati ad imparare a leggere e scrivere. Ciò che i Roma hanno bisogno di sapere lo conservano nelle loro teste, a differenza di gran parte dei Gadje che sono sempre più sperduti in uno tsunami di informazioni che non sono più in grado di controllare. Enfatizzare l'identità etnica è un concetto utile a mantenere la coesione nella comunità Roma, ma potrebbe rivoltarsi contro di loro generando un obbiettivo facile per quella parte di Gadje che sono inclini al razzismo e all'odio etnico e che oggi sembrano essere in tanti, proprio quanti ce n'erano in passato. Durante la Seconda Guerra Mondiale, i Roma hanno subito un tentativo di sterminio simile a quello degli Ebrei per mano dei Nazisti. Oggi, gli attacchi in stile progrom contro i Roma sembrano essere rari, ma avvengono ancora a volte. Ad ogni modo, se i Roma sono riusciti a sopravvivere ai Nazisti, probabilmente possono sopravvivere a qualsiasi cosa.

10. Sii uno spirito libero. In tempi antichi, l'occupazione preferita dei Roma era quella di musicisti e la loro celebre capacità con gli strumenti musicali non era solo un modo per guadagnarsi da vivere, era anche un modo per celebrare la fuggevole bellezza del mondo. Oggi, solo pochi Roma hanno conservato questa capacità in un mondo dove la musica è divenuta principalmente un prodotto dell'industria dell'intrattenimento. Tuttavia, i Roma si prendono ancora cura della propria libertà e normalmente rifiutano di sottomettersi alla schiavitù di un cartellino. Ciò non rende facile per loro trovare lavoro in un mondo che enfatizza l'affidabilità, l'efficienza e il controllo – il risultato è che la maggior parte dei Roma che vivono in paesi occidentali sembrano essere condannati a una condizione di estrema povertà. Forse, nei tempi che furono, i Roma erano felici grazie alla loro vita “sulla strada” spensierata, ma oggi nei campi Romoani ci sono casi di depressione, malattia mentale e infelicità. Tuttavia, è difficile dire se in media i Roma sono più stressati dalle loro condizioni di povertà di quanto lo siano i loro vicini Gadje dalla loro lotta quotidiana coi mutui, gli affitti, gli sfratti, la disoccupazione e cose simili. Ciò che si può dire di certo è che la libertà, per chiunque, non è solo una scelta ma anche un costo.

Questi consigli possono essere utili a noi Gadje? Sicuramente, oggi lo stile di vita dei Roma sembra irrimediabilmente obsoleto. Nessuno ha più bisogno di gente capace di riparare ombrelli, di vendere cavalli, di cantare e, inoltre, nessuno sembra concepire la possibilità che qualcuno possa non voler vivere nel modo in cui vivono i Gadje moderni. Ma il mondo cambia sempre e le virtù che hanno reso l'Occidente così potente e di successo un giorno potrebbero diventare obsolete. Dmitry Orlov nota, nel suo libro “I cinque stadi del collasso”, come i Roma abbiano prosperato nel collasso dell'Unione Sovietica. Quando anche per noi arriveranno tempi difficili, scommetto che i Roma ci saranno ancora e forse ci insegneranno un paio di cosette.


lunedì 1 luglio 2013

Segni di cambiamento: siete pronti alla grande transizione?


Da “The frog that jumped out”. Traduzione di MR




I segni di cambiamento si stanno accumulando, ma gran parte della gente non ci fa ancora caso

Di Alexander Ac

L'Homo Sapiens è davvero un progetto evolutivo? E con ciò intendo sostenibile, siamo in grado di sostenere tutto quello che abbiamo fatto e costruito; costruzioni, reti e conoscenza per un lungo periodo in un (lontano) futuro? Possiamo scegliere una strada drammaticamente diversa da quella sulla quale ci troviamo attualmente? 

Ci sono molte persone che pensano costantemente e profondamente alla sostenibilità, problemi globali, sovrappopolazione, deforestazione, sovrasfruttamento della pesca, erosione del suolo, inquinamento dell'aria... e sopra a tutto il cambiamento climatico, visto che è un problema di sopravvivenza per la nostra specie. Ma la domanda vera non se un certo numero di persone pensa alla sostenibilità e prova e vivere di conseguenza. La domanda vera è se lo facciamo (faremo) collettivamente. In altre parole, non è importante cosa fanno 50.000 persone per poche ore al giorno (per esempio, protestare contro l'oleodotto Keystone), ma è importante cosa fanno 7 miliardi di persone per 365 giorni all'anno.  

Possiamo vedere come il grande cambiamento da cacciatori-raccoglitori a società agricole è stato reso possibile da un clima locale stabile e prevedibile (e quindi rendimento dei raccolti!) durante gli ultimi 12.000 anni. Alla fine dell'Era Glaciale, questo pianeta era abitato da non più di 20.000 persone. Non ci conviene  davvero lasciarci l'Olocene alle spalle. 

Guardate bene i due grafici seguenti: 


Fig. 1.: Il grafico in alto mostra che ci stiamo rapidamente lasciando alle spalle le temperature dell'Olocene. Il grafico in basso mostra che questo periodo dell'Olocene è eccezionalmente stabile nei 100.000 anni di temperature registrate dalla Groenlandia Centrale. Alcuni lo confondono con la registrazione della temperatura globale, ma non è così.

Ora, l'ultimo discorso del Presidente Obama potrebbe suonare ottimistico per alcuni scienziati ed anche se le promesse fossero mantenute, il che è molto dubitabile dato il passato, considerate anche il grafico seguente: 


Fig. 2. Non dovete essere dei matematici, o saper misurare la funzione esponenziale, per vedere che questo tasso di aumento del debito non è sostenibile. Le risorse del pianeta non permetteranno di ripagare tutti i debiti che abbiamo creato. Fonte: St Louis FED. L'effetto del Pianeta Terra è stato aggiunto solo a scopo illustrativo.

Nel grafico potete vedere il Debito di Mercato Totale Dovuto negli Stati Uniti. Lo stesso paese in cui Obama ha promesso (finalmente) di risolvere la crisi climatica. Questo non per criticare il Presidente Obama, ma per mostrare ciò che stiamo facendo collettivamente. Chiunque abbia un mutuo, o quasi ogni altro tipo di debito, fa aumentare una domanda in crescita esponenziale delle risorse planetarie. Come può essere questo compatibile con il declino dell'impronta di carbonio? 

Il debito è fondamentalmente un credito sulle risorse (energetiche) del futuro. Quindi, se vogliamo ripagare TUTTI i debiti, dobbiamo proseguire nella crescita esponenziale. Se non vogliamo ripagare tutti i debiti, la deflazione del debito ci è addosso. E l'iperinflazione subito dopo. Bene, sta già accadendo, nonostante la politica monetaria ultra liberista  e la “stampa dei soldi” (esperimenti di calcio alla lattina), che è l'esatto opposto di quanto si dovrebbe fare per risolvere il cambiamento climatico e gli altri problemi di sostenibilità. Ma non lo sentirete dire da un monetarista come Ben Bernanke o Paul Krugman.

Naturalmente, la deflazione del debito significa enormi problemi economici e disordine sociale. Ancora una volta, questo sta già avvenendo. Ma è anche una soluzione per il problema climatico. Almeno finché dura. Dobbiamo sbarazzarci del debito cattivo e usare il debito buono per allontanarci dai combustibili fossili e dal caos climatico.

Siamo pronti per questo?